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 2013  settembre 03 Martedì calendario

UNO SCISMA POLITICO-RELIGIOSO IL CONFLITTO TRA SUNNITI E SCIITI

Vorrei delucidazione sulla natura del contrasto tra musulmani sunniti e sciiti. È forse paragonabile a quello tra cattolici polacchi e ortodossi russi?
Alberto Meroni
meroquidam@gmail.com
Caro Meroni, è una domanda a cui ho già cercato di rispondere qualche tempo fa. Ma il problema è drammaticamente attuale e merita qualche ulteriore riflessione.
L’Islam non è soltanto una grande fede monoteista. È anche una comunità di fedeli che ha bisogno di regole, di leggi e soprattutto di un leader. Maometto non è soltanto l’ultimo dei profeti, secondo la concezione musulmana. È anche l’uomo che, cacciato dagli oligarchi della Mecca, si rifugia a Medina, crea uno Stato, ne allarga i confini e ne diventa il Sovrano. Alla sua morte, dieci anni dopo, occorre un successore che verrà scelto fra i suoi più vicini compagni e verrà chiamato «khalifa», una parola araba che, come ha scritto Bernard Lewis in uno dei suoi libri sul Medio Oriente, assomma in sé il doppio significato di successore e vicario.
Ma sin dalla scelta del primo califfo si forma nella grande famiglia maomettana un partito di seguaci (in arabo Shi’a) per cui il «trono» spetta di diritto ad Ali ibn Abi Talib, marito di Fatima figlia di Maometto, e padre dei suoi nipoti. Ali diventerà infine il quarto califfo, ma soltanto dopo l’assassinio del terzo, Uthman, nel corso di una guerra civile. La sua elezione verrà contestata dai seguaci della Sunna, una parola araba che significa grosso modo insegnamento tradizionale o consuetudinario e allude alla prassi politico-religiosa dei primi tre califfi. Ali verrà ucciso in battaglia nel 661 d.C. e il califfato sarà da allora, sino alla sua fine, l’appannaggio di due grandi dinastie.
Alle origine di questa grande frattura vi è quindi un problema di successione dinastica, non molto diverso da quelli che hanno afflitto alcuni Stati europei nel corso della loro storia: York contro Lancaster nell’Inghilterra medioevale, Stuart contro Orange nel Regno Unito, borbonici contro orleanisti nella Francia postnapoleonica e molti altri conflitti dinastici nella grande area del Sacro Romano Impero. Ma l’Islam è anzitutto una fede e lo scisma finisce inevitabilmente per esasperare le divergenze spirituali tra le due famiglie. Non basta. Sciiti e sunniti sono uniti dal culto di Maometto e dalla fede nel Corano, ma divisi da una rivalità che si è progressivamente nutrita di sentimenti identitari, risentimenti sociali, contrastanti ambizioni politiche. Gli sciiti sono quasi ovunque minoranza o, come nel caso del Bahrein, maggioranze governate da minoranze sunnite: una condizione che li spinge spesso a ribellarsi contro l’«oppressore». Ma hanno segnato un punto agli inizi del Cinquecento quando la dinastia sciita dei Safavidi s’impadronisce della Persia e regala alla Shi’a una potente casa madre.
Alla fine della sua lettera, caro Meroni, lei si chiede se il rapporto fra sunniti e sciiti assomigli a quello fra cattolici e ortodossi nel mondo slavo. Risponderò parafrasando ciò che Lev Tolstoj scrisse delle famiglie in Anna Karenina: «Tutte le religioni felici si assomigliano fra loro, ogni religione infelice è infelice a suo modo».
Sergio Romano