Gianni Mura, la Repubblica 1/9/2013, 1 settembre 2013
METODO TEAM BUILDING PRIMA BASTAVA PARLARSI
Team building e mental coach, con una spruzzatina di top player e un accostamento sorprendente: Platini come Pizzarotti. Ogni tanto questa rubrica sente la necessità di mettersi al passo. Avete poco tempo per leggere? Si anticipano i contenuti, così, ognuno è libero di soffermarsi o di voltare pagina. Platini ha paragonato il calcio mercato a una rapina (secondo Repubblica) e a un furto (secondo l’Unità). Tra i due reati c’è una certa differenza, ma salviamo il concetto. Prima reazione mia: ah, se n’è accorto anche lui. Seconda: mi fa venire in mente Pizzarotti. Non conosco il sindaco di Parma, ma credo fosse in buona fede sbandierando un fermo rifiuto all’inceneritore, che poi invece si realizzerà. E credo che Pizzarotti abbia fatto tutto quello che poteva, in termini legali, per ostacolare l’inceneritore. Vero che molti voti li ha presi proprio grazie al fermo rifiuto, e Platini no. Invece conosco abbastanza bene Platini e credo fosse in buona fede sbandierando le ragioni del gioco e il fairplay finanziario come argine allo strapotere dei quattrini. Poi s’è accorto che i buoi continuavano a scappare dalla stalla, oppure a rientrarci (dipende dall’allevatore più che dall’allenatore) e che il fairplay era aggirabile. “Nessuno rispetta più i contratti. Quando si firma un contratto bisogna rispettarlo”. E, ancora: “I trasferimenti sono un’opportunità per molta gente per fare molti soldi. Oggi un calciatore è un prodotto attorno al quale c’è un mucchio di gente che cerca di ottenere delle commissioni. La Fifa e noi dell’Uefa dovremmo trovare un metodo più sano”.
A fronte dell’attuale bordello ogni metodo sarebbe più sano, ma penso che sarà difficile trovare una strada. Anche perché molto spesso chi non rispetta il contratto firmato è il calciatore stesso, tanto più se top player, sua sponte o su spinte: del procuratore-padre o del padre-procuratore o di terzi, raramente disinteressati. È molto semplice: si fa circolare la voce che il top player ha un po’ di mal di pancia. Espressione gergale che riassume questo concetto: mi trasferirei anche altrove, se mi pagassero un ingaggio più alto. Poi, eventualmente, si fa sempre in tempo a ripensarci. Non so se ci ripenseranno quei tifosi del Milan che avevano appeso lo striscione con su scritto “Matri no grazie”. Perché Matri nelle giovanili del Milan ci è nato e se poi ha fatto mezzo giro d’Italia (Prato, Lumezzane, Rimini, Cagliari, Juve) l’ha fatto più per volontà del Milan che sua. Non so se ci ripenseranno per Kakà, che a Milano si sentiva infelice e pensava di trovare la felicità a Madrid. Pare non l’abbia trovata e ora dice che gli manca l’Italia. Pur di tornare al Milan è disposto a limare l’ingaggio, 10 milioni annui, ma limare di pochissimo dicono gli esperti.
Vada a finire come vuole, resterò a ciglio asciutto. Se al Milan non è bastato il bis con Shevchenko, può pure riprovarci con Kakà. Ma se nemmeno Ancelotti lo rimette in pista, qualche dubbio ce l’avrei. Mi fa comunque piacere leggere su Sw che anche un club argentino di quinta divisione, il Deportivo Riestra, può permettersi un mental coach. Nientemeno che Diego Armando Maradona. Secondo la Naciòn lo paga uno sponsor, ma sono dettagli. La realtà è che nella gara d’esordio, ben motivati da Maradona, quelli del DR hanno battuto 2-1 il San Miguel. Forse sprovvisto di mental coach, come del resto tutto lo sport mondiale per più di un secolo, e nessuno ne sentiva la mancanza. E nemmeno l’economia la mancanza dei manager o dei Ceo. Forse quelli che hanno portato l’Italia al boom economico si chiamavano in altro modo. E sullo sboom qualche ideuzza ce l’avrei.
Il team building è nato in America per favorire la nascita di gruppi a livello bambini e poi s’è allargato, rimbalzando da queste parti. E non da oggi. Ricordo tecnici come Velasco, Sacchi, Capello, Lippi chiamati da università e multinazionali per illustrare come si crea la squadra vincente. E già allora, stupidamente (così prevengo le proteste di multinazionali, università, mental coach, manager, Ceo ed esperti di team building) mi chiedevo: ma se io ho una ditta che produce cuscinetti a sfera o carta igienica, mobili o prosciutti, cosa mi può dare uno che ha vinto lo scudetto nel calcio o nella pallavolo? Ignazio Marino, sindaco di Roma, che queste esperienze le aveva vissute negli Usa, le ha riproposte radunando per due giorni a Tivoli la sua giunta. In tutto 63 persone divise in 7 squadre, con la precisazione che “ognuno paga per sé”. Neanche tanto, 170 euro a cranio. “Non banalizzate, questo è un incontro utile per rompere il ghiaccio tra di noi”, ha detto Marino. Infatti il primo esercizio si chiamava icebreaker: mantenere in equilibrio una canna di bambù. Poi, recuperare un secchio d’acqua posto in cima a un palo, ma senza rovesciarlo (questo è problem solving). E così via, caccia al tesoro, autocoscienza, gavettoni. Non so quanto conti per decidere su viabilità, trasporti, finanze. Una volta per conoscersi meglio ci si parlava. Quanto tempo è passato? Resta solo quello di dare i voti: Pizzarotti 5, Platini 5, Maradona 6 solo se si fa pagare, Kakà 5, Matri 7. E Marino mi è quasi simpatico, ma qui non si fanno sconti a fine stagione e figuriamoci all’inizio: Marino 4.