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 2013  settembre 02 Lunedì calendario

“USIAMO TITANIO E PC, COMUNQUE SAREMO SEMPRE SPAZZACAMINI”

Dimenticatevi l’iconografia classica. Quella dei bambini che, a sei anni, si infilavano nelle canne fumarie dei camini con una spazzola dai denti affilati più grande di loro. Scriccioli alti così che, facendosi forza solo con gomiti e gambe, spingevano fino ad arrivare in cima, al comignolo. Una volta lì, facevano spuntare fuori la mano. Era il segno che il lavoro era ultimato. Quello che il padrone di casa aspettava. La fuliggine che prima ricopriva le pareti della canna fumaria ormai era tolta: un bel cumolo a terra e il resto spalmato sul corpo dei bambini-spazzacamino. Era il mestiere della gente di molte vallate. Terre povere e avare. La professione a cui tanti genitori destinavano i loro figli, per toglierli dalla miseria e dalla fame. Storie raccontate nelle pagine dei libri e nei ritornelli delle canzoni popolari. Storie che non esistono più.

Oggi gli spazzacamini usano il computer. Hanno sonde e spazzole di ultima generazione. In titanio e acciaio. La tuta nera è sempre la stessa, ma loro, quasi, non si sporcano più: hanno uffici e magazzini nelle grandi città, li trovate sulle Pagine Gialle. Ma la storia di questo mestiere, le sue tradizioni, la sua memoria per intenderci, non l’hanno dimenticata.

In Val Vigezzo, gruppi di case sparse al fondo dei valloni che marcano il confine tra il Piemonte, la Lombardia e la Svizzera, proprio in questi giorni si è svolto il loro raduno annuale. Tra le vie strette e i tetti ancora in lastroni di pietra del Comune di Santa Maria Maggiore, ne sono arrivati a centinaia. Dall’Italia e dall’estero: Olanda, Francia, Scozia, Inghilterra, Stati Uniti. Qualcuno ha cognomi di chiare origini italiane. Sono i discendenti degli spazzacamini partiti da qui all’inizio del Novecento. Forse ancora prima. Bambini che viaggiavano in lungo e in largo per l’Europa. E che poi, chi da una parte, chi dall’altra, hanno fondato imprese. Aziende con decine di dipendenti che negli anni hanno portato avanti questo mestiere con passione e dedizione. Che si sono reinventate con il trascorrere del tempo, adattandosi man mano che le abitudini in fatto di riscaldamento di case e di attività produttive si trasformavano.

La Milani, ditta a conduzione famigliare giunta alla terza generazione di spazzacamini, ha sede a Casale Corte Cerro, in provincia di Verbania. Sullo sfondo spiccano lo Zuccaro e il Cerano, monti le cui pendici sono ricoperte da boschi fitti fitti, tagliati solo da qualche sentiero che porta alla cima e da cui si possono ammirare il lago d’Orta e il lago Maggiore. E’ a pochi chilometri da qui, da Falmenta, un borgo dove oggi sono rimasti meno di 200 abitanti, nel cuore della Valle Cannobina, che partì Luigi, il nonno di Livio, Bruno e Manuela Milani, i titolari attuali. Quando iniziò a fare lo spazzacamino aveva sette anni. Correva l’anno 1908. Tempi lontani. Di cui ormai si legge nei libri di storia. All’epoca in Austria c’era l’imperatore Francesco Giuseppe e dall’altra parte dell’oceano Henry Ford cominciava a produrre le prime auto in serie. Ma quelli erano altri mondi. «Qui da noi, nelle nostre valli, non c’era niente. Niente. Solo miseria. La gente era povera e le famiglie avevano un mucchio di figli che non sapevano come sfamare. Allora li mandavano a fare gli spazzacamini. Anche a mio nonno andò così», racconta Livio, che oltre a portare avanti l’azienda di famiglia è anche il presidente dell’Associazione nazionale spazzacamini.

Sembra di vederli. Eccoli lì gli uomini neri. Girano su e giù per le valli. Qualcuno a piedi, gli altri, i più fortunati, in bicicletta. Hanno il cappello calato sul volto, nero come la tuta da lavoro, nero come le mani e i capelli, nero come ogni centimetro del loro corpo. A renderli ancora esseri umani è la voce. Quella con cui gridano «Spazzacamin, spazzacamin».

«E pensare che li pagavano pochissimo. Qualche lira. A volte gli davano in cambio un piatto di minestra. Ma almeno avevano la pancia piena». Spazzacamini per necessità. E forse anche un po’ per passione. Franco, figlio di Luigi e papà di Livio, cominciò che di anni ne aveva nove. E a 71 era ancora lì a infilarsi dentro le canne fumarie di mezza Val Vigezzo. Lui, con il suo metro e 60 di altezza e un’agilità degna di un contorsionista. «Da bambino gli capitò di dover pulire il camino di un panettiere di Pavia - racconta il figlio -. Peccato che il passaggio era così stretto che era quasi impossibile farsi strada fino alla punta. Spingi da una parte, spingi dall’altra, alla fine venne giù persino la parete in muratura. Dovette scappare per evitare il padrone del forno». Episodi che a pensarci su un po’ ti viene di sorridere ma allo stesso tempo dici: «Altro che Bert, lo spazzacamino-ballerino di Mary Poppins». «Eh sì - prosegue Milani -. Questo mestiere è molto ma molto più complicato di quanto ci si possa immaginare».

E allora qual è il segreto? «Passione, passione e passione. Come in ogni lavoro. E poi voglia di imparare. Alla fine quello che conta è l’esperienza». Insomma, spazzacamini non si nasce. Si diventa.