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 2013  agosto 31 Sabato calendario

INDIA, ORO PER LA PATRIA PAGATO IN RUPIE SVALUTATE

L’oro alla patria? La ricetta, quando le cose vanno di male in peggio, può tornare di moda. Anche in India, dove le famiglie si privano più facilmente di una ciotola di riso che di una moneta d’oro. Ma la ricetta può essere meno amara se lo Stato intende pagarlo, in rupie, più di quel vale in giro per il mondo. Per poi rivenderlo agli orefici oppure darlo in garanzia al Fondo Monetario. O chissà che altro, perché nel paese dei monsoni, dove il 46% dei bambini soffre di malnutrizione, giacciono nei forzieri privati e pubblici più di 31 mila tonnellate d’oro (valore 1.400 miliardi di dollari). Ricchezza e maledizione, visto che gli enormi acquisti di metallo giallo all’estero sono una delle cause della crisi della bilancia dei pagamenti indiana (-80 miliardi di dollari), delle riserve valutarie (buone per far fronte all’import, petrolio e carbone in testa, solo per sette mesi) e del crollo della rupia, precipitata ai minimi (-40% da maggio).
Certo, non è stato solo il “vizio” dell’oro a provocare il collasso di New Delhi, l’emergente più colpito assieme a Turchia e Brasile dal cambio di rotta della Federal Reserve americana, che al solo annuncio ha provocato la fuga verso l’Occidente dei capitali già allocati in Paesi che sembravano promettere una crescita infinita. Ieri, nonostante le rassicurazioni del premier («i fondamentali sono buoni» ha detto in Parlamento dove non si presentava da mesi) , si è saputo che il Pil nel trimestre è in rapida frenata; salito solo il 4,4%,molto meno di quanto previsto (il 5,5%), la metà degli anni buoni, quando l’India, grazie ai capitali occidentali, cresceva dell’8-9%, senza però affrontare le riforme elementari, in termini di infrastrutture. Non solo strade, come ha notato lo stesso ministro della Sanità, nel criticare il piano per assicurare al 70 degli indiani (in tutto 816 milioni di persone) il grano per il pane ad un prezzo politico. Uno sforzo di 30 miliardi almeno che, parola di ministro, sarà «inutile perché la maggior parte dei bambini muore di dissenteria o di altre malattie legate all’assenza di strutture igieniche».
È questa la situazione, tutt’altro che dorata, cui l’esecutivo ed il neo governatore Raghuram Rajan (già direttore generale del Fmi), devono tentare di porre rimedio a partire dal dossier oro. Come è già capitato nel 1991 quando, nel cuore della notte tropicale un cargo dell’Air India si levò in volo da New Delhi per una missione top secret: trasportare a Londra una parte delle riserve d’oro vendute in segreto dall’India per far fronte ad una crisi ancor più drammatica di quella attuale: Paese in bolletta, casse vuote anche per far fronte ai bisogni più elementari. Ma per gli indiani l’oro, simbolo di benessere e felicità fin dai tempi più remoti. è molto di più che un bene rifugio. E così, per evitare sommosse e blocchi in aeroporto, il governo scelse la fuga nella notte.
Manmohan Sing, l’attuale premier, quella notte se la ricorda bene: fu in quei giorni che da mite professore di economia ad Oxford, si trasformò in ministro delle Finanze con la missione di liberare il Paese dalla povertà atavica. Missione realizzata a metà, grazie alle riforme ed alla “moda”dei Bric che hanno attratto i capitali occidentali. Ma il piglio riformatore si è perduto per strada. L’India resta un Paese chiuso, dominato da caste e burocrazie, dove il commercio e i servizi finanziari sono protetti da mille barriere visibili e non. Di qui la necessità di intervenire, ancora una volta sull’oro. Di qui, ricetta vecchia come il mondo, una pioggia di tasse edi autorizzazioni chedaluglio hanno fatto schizzare all’insù i prezzi e compresso gli acquisti. Ma le tasse non possono essere l’unica medicina, anche perché amaggio in India si va a votare: niente di peggio che andare a chiedere il voto a famiglie che hanno dovuto rinunciare a comprare gioie per la dote delle figliole nei giorni di Raksha Bandan, la festa indù che fa la fortuna dei 300mila orafi diNew Delhi o Mumbai.
Di qui il progetto “sperimentale” che sarà adottato nei prossimi giorni: le banche, dietro garanzia dello Stato, riacquisteranno l’oro dalle famiglie, invogliate dai prezzi indiani ( ben più alti di quelli internazionali). Il governo rivenderà l’oro agli orefici, che non dovranno più rifornirsi all’estero a danno della bilancia dei pagamenti. Ma che se ne farà il governo dell’oro in eccedenza? Proibito pronunciare la parola vendita. Semmai, è il progetto, lo si «presterà» a termine sul mercato di Londra. In attesa di tempi migliori, da celebrare a Bollywood.