Carlo Marroni, Il Sole 24 Ore 1/09/2013, 1 settembre 2013
CON L’ARRIVO DI PAROLIN LA BUSSOLA DEL VATICANO È PUNTATA SULLA CINA
Una mano salda nel governo nella Curia e un nuovo orizzonte nella politica internazionale della Chiesa. Soprattutto verso la Cina. La nomina dell’arcivescovo Pietro Parolin a Segretario di Stato è un chiaro segnale di come sarà il pontificato di Papa Francesco. Un Pontefice che si dedicherà alla pastorale e al contatto con il mondo, lasciando al suo primo collaboratore la gestione dei Sacri Palazzi, che conosce palmo a palmo. Ma l’arrivo di Parolin contiene anche un’indicazione su quali saranno le direzioni verso cui si indirizzerà la pastorale: l’Asia e l’America latina, due mondi che il nuovo “primo ministro” conosce profondamente. E già in questo ci sarà un primo forte scostamento rispetto al pontificato di Benedetto XVI, contrassegnato da un’agenda molto europea e occidentale, tra fede-ragione e lotta al relativismo.
Ieri quindi è stato il giorno dell’ufficialità: Tarcisio Bertone resterà in carica fino al 15 ottobre. Tempi normali, quindi, e rispettosi degli impegni già presi visto che il cardinale salesiano è atteso a Fatima il 12-13 ottobre per le celebrazioni annuali. Il 15 ottobre, quando Parolin prenderà possesso del suo ufficio, il Papa riceverà superiori e officiali della Segreteria di Stato per ringraziare pubblicamente Bertone «per il suo fedele e generoso servizio alla Santa Sede e per presentare il nuovo segretario di Stato».
Parolin, 58 anni, in carriera diplomatica dal 1986 ma con un’esperienza anche di “prete di base” nel profondo Veneto bianco e popolare, ha salutato la scelta papale con parole diffuse dalla sala stampa. «Mi pongo, con trepidazione, ma anche con fiducia e serenità, in questo nuovo servizio al Vangelo, alla Chiesa e al Papa Francesco, disposto, come Lui ci ha chiesto fin dall’inizio, a camminare, edificare-costruire e confessare». E definisce la nomina «una sorpresa di Dio» e di cui sente «l’intera responsabilità perché è una missione impegnativa ed esigente, di fronte alla quale le mie forze sono deboli e povere le mie capacità». Tanto che esprime al Papa «profonda e affettuosa gratitudine l’immeritata fiducia che sta dimostrando nei miei confronti e manifestargli rinnovata volontà e totale disponibilità a collaborare con lui e sotto la sua guida per la maggior gloria di Dio, il bene della Santa Chiesa e il progresso e la pace dell’umanità, affinché essa trovi ragione per vivere e sperare». Parole che – come assicura chi lo conosce e lo ha frequentato – riflettono il suo spirito di azione quotidiano, che lo ha fatto apprezzare sia dentro che fuori l’ambiente ecclesiastico, e soprattutto a Bergoglio, tanto che una sua chiamata a Roma era stata data per scontata fin da marzo.
Ieri inoltre Papa Francesco ha confermato nei rispettivi uffici Giovanni Angelo Becciu, Sostituto per gli Affari Generali – il “ministro degli Interni” -, Dominique Mamberti, Segretario per i Rapporti con gli Stati – il “ministro degli Esteri” – e i due rispettivi vice, l’americano Peter Brian Wells, Assessore per gli Affari Generali, e il maltese Antoine Camilleri, Sottosegretario per i Rapporti con gli Stati. Due prelati, questi ultimi, il cui ruolo appare in crescita: Wells sulle finanze vaticane e Camilleri sui dossier internazionali, specie ora con l’arrivo di Parolin (che in passato ha ricoperto lo stesso ruolo). Confermato anche il prefetto di Casa Pontificia, l’ufficio competente sull’attività pubblica del Papa, monsignor Georg Gaenswein, segretario particolare di Benedetto XVI, cui è rimasto accanto nel monastero dentro le mura leonine.
«Sono certo che grazie alla sua presenza al vertice della Segreteria di Stato, le nostre relazioni continueranno ad arricchirsi di nuovi contenuti e la nostra collaborazione a difesa della pace e della giustizia nei diversi scenari internazionali potrà ulteriormente consolidarsi», ha commentato il capo dello Stato, Giorgio Napolitano. Un messaggio di auguri è arrivato anche dal presidente del Consiglio, Enrico Letta, che ha espresso al nuovo "collega" i «sentimenti di stima e vicinanza».
Parolin, quindi, si insedierà alla Terza Loggia dopo il 15 ottobre, ma si sta già delineando l’agenda su cui si concentrerà il nuovo Segretario di Stato, il cui ruolo futuro sarà meno di “filtro” tra la Curia e il Papa e più di “volano” dell’attività di governo, sia interna che internazionale. Un’attività che si intreccerà con i processi di riforma messi in atto con delle specifiche commissioni, dallo Ior alle finanze vaticane, fino a quella degli otto cardinali che si occuperanno di rivedere l’intera struttura della Santa Sede e del Vaticano.
Ma è al dossier-Cina che si guarda con maggior interesse. Nei sette anni in cui Parolin è stato sottosegretario, i rapporti con Pechino erano infatti molto migliorati, e la firma di un accordo di reciproco riconoscimento diplomatico era quasi cosa fatta. Si era arrivati a un’intesa sulle procedure sulla nomina congiunta dei vescovi tra Roma e la Chiesa Patriottica (l’organizzazione dei cattolici cinesi controllata dal regime), fino a quella fondamentale del vescovo di Pechino, Giuseppe Li. Poi l’uscita di Parolin – con la sua nomina a nunzio a Caracas – ha contribuito progessivamente a riportare indietro l’orologio, fino alle crisi più recenti, dalla nomina vescovo “patriottico” di Cheng-De a quello ausiliare di Shangai. Ora il fascicolo cinese torna in cima all’agenda, e Parolin si avvarrà anche dei prelati che meglio conoscono il dossier, dall’arcivescovo Claudio Maria Celli al minutante Gianfranco Rota Graziosi. Mentre nel mondo anglosassone prevale il contenuto contrattuale, in Cina – spiega un sacerdote coinvolto nelle trattative passate – contano prima di tutto le persone. Per Pechino l’intesa ora non è prioritaria, ma per il Vaticano invece l’Asia riveste un’importanza enorme. Anche se in questo ore è la Siria la preoccupazione urgente. Ieri Francesco ha ricevuto i vertici diplomatici, tra cui il capo delle Chiese orientali cardinale Leonardo Sandri, per «discutere possibili iniziative della Santa sede» per la pace in Siria.