Lauretta Colonnelli, Corriere della Sera 28/06/2013, 28 giugno 2013
SANTA MARIA IN MONTESANTO. IL RESTAURO DEL TEMPIO DEGLI ARTISTI - A
partire dai prossimi giorni, la sagoma della basilica di Santa Maria in Montesanto a piazza del Popolo, conosciuta come Chiesa degli Artisti, apparirà stampata sulle buste dell’insalata Bonduelle, in vendita nei supermercati di tutta Italia. Una parte del ricavato andrà al restauro del tempio, che resterà chiuso dalla seconda settimana di luglio fino ai primi di ottobre per permettere i lavori. Alla riapertura, la volta e il tamburo della navata progettati da Carlo Fontana e Gian Lorenzo Bernini riappariranno con il loro colore originale, non più deturpati dalle macchie di fuliggine e di muffa causate dalle infiltrazioni d’acqua. Nella volta della sacrestia sarà finalmente consolidato e ripulito il dipinto a tempera, attribuito a Giovan Battista Gaulli, detto il Baciccio, che raffigura la «Gloria degli angeli con strumenti della passione» e oggi presenta numerose superfici distaccate dal fondo e in procinto di cadere. Il progetto (costo intorno ai trecentomila euro) è ideato da Fondaco e dagli Orti di Venezia, che dal 2005 ad oggi, con lo slogan «Orti per l’arte», ha portato avanti una quarantina di restauri, coinvolgendo nella sponsorizzazione sia grandi aziende che piccole imprese.Questo di Roma è uno dei recuperi più importanti, come ha sottolineato durante la presentaziione l’architetto Paolo Portoghesi, ricordando che la chiesa ha una valenza sia architettonica che urbanistica. Santa Maria in Montesanto si colloca infatti tra i più significativi esempi del barocco romano. Fu progettata nel Seicento, insieme alla sua gemella Santa Maria dei Miracoli, da Carlo Rainaldi, incaricato da papa Alessandro VII di dare un senso alle tre strade (via del Corso, via di Ripetta e via del Babuino) che dal centro della città confluivano su piazza del Popolo. Rainaldi morì quando gli edifici erano arrivati alle finestre della cupola e a terminare i lavori furono chiamati Carlo Fontana e Mattia Dè Rossi, con la supervisione del Bernini. «In realtà non ci sono documenti per risalire con esattezza all’attribuzione delle singole parti», precisa Portoghesi. «Solo l’analisi stilistica può aiutare gli studiosi e il restauro potrà essere un’ottima occasione per approfondire l’indagine».All’interno le due chiese sono completamene diverse: mentre la pianta di Santa Maria dei Miracoli è circolare, quella di Santa Maria in Montesanto è ellittica. E rappresenta per Portoghesi «quasi una profezia della forma ovale che nell’800 avrebbe assunto piazza del Popolo, con la risistemazione del Valadier. Lo schema ellittico era un tema che appassionò il Rainaldi, tanto che lo affrontò con successo anche nella chiesa di Santa Maria in Campitelli, il suo capolavoro». L’architetto ricorda che Rainaldi fu anche un notevole musicista, che ci sono tuttora in giro registrazioni con i suoi mottetti. «Utilizzava molto la dissonanza e chissà che non l’abbia trasposta dal linguaggio musicale a quello architettonico. Bisognerebbe indagare. Se ne potrebbe trovare traccia anche in questa stessa chiesa». Certo è che la basilica divenne famosa grazie a un compositore più celebre di Rainaldi. Nel luglio 1707 Georg Friedrich Händel scrisse, su commissione del cardinale Carlo Colonna che lo ospitava a Roma, salmi, mottetti e antifone, eseguiti qui per il Vespro della Madonna del Carmelo. Il compositore anglo-tedesco fu uno dei primi artisti a legare il suo nome alla chiesa che oggi è detta degli Artisti. La seconda denominazione si deva a monsignor Ennio Francia, che nel 1953 ne fece la sede della messa degli artisti, da lui istituita una decina di anni prima. Nasce così, ed è proseguito fino ai nostri giorni, un dialogo tra cultura e sacralità, che si manifesta non solo nella consuetudine di celebrare qui le cerimonie funebri degli artisti di ogni categoria, dai pittori ai cantanti, agli attori; ma anche attraverso concerti, sacre rappresentazioni, incontri e installazioni artistiche. Il rapporto con l’arte contemporanea è testimoniato anche dalla presenza di un crocefisso in bronzo scolpito da Pericle Fazzini e dal grande quadro con la Cena in Emmaus realizzato da Riccardo Tommasi Ferroni nel 1982, che ha gli stessi colori e il tratto degli altri dipinti barocchi, ma guardando meglio si nota che uno dei commensali è in jeans e che sul tavolo sono sparpagliati dei fogli di giornale.
Lauretta Colonnelli