Mario Ajello, Il Messaggero 1/9/2013, 1 settembre 2013
I REFERENDUM, PER SILVIO UN RAPPORTO DI ODIO E AMORE
Silvio Berlusconi è un po’ come era il Pci, anche se il paragone può apparire acrobatico, nei confronti dei referendum. Li scruta da lontano e poi, nel caso, li cavalca. Ma assai più dei vecchi esponenti del vecchio Pci, e di quelli che sono venuti dopo, i democrat, il Cavaliere ha una sintonia quasi naturale con Marco Pannella, che a volte appare e a volte scompare, emerge e si inabissa, sembra rompersi ma si interrompe solamente, pare esaurirsi e invece risulta più o meno carsicamente resistente a tutto.
Disse una volta il Cavaliere a Pannella: «Io sono un radicale come voi. Liberale, liberista, libertario, garantista, referendario». A volte Berlusconi è stato tutto questo, e a volte no. Ma adesso è andato al banchetto dei quesiti sulla giustizia, ha sposato questa ennesima battaglia che lo riguarda anche personalmente, cerca di rilanciarsi - nel momento per lui più difficile - come simbolo della rivoluzione liberale, e questo gli chiede Pannella, attraverso la via dei referendum anche se lui non vuole mettere troppo il cappello personale sulla nuova crociata e i Radicali non temono che lo metta. Perché i referendum, e Berlusconi lo sa bene, vanno maneggiati con cautela. Possono riservare anche brutte sorprese, come nel caso della consultazione su acqua e nucleare, del 12 e 13 giugno 2011, che l’allora premier snobbò («Inutili e dannosi, io non vado a votare») e il cui successo fu un altro dei fattori che indebolirono il suo governo. Ma in quel caso, i Radicali non c’entravano.
I GAZEBO
E comunque, a Berlusconi piacciono i gazebo e i gazebo, prima di essere adottati dagli altri, sono il simbolo delle battaglie radicali e referendarie. E soprattutto, deve a un referendum («Una delle battaglie più entusiasmanti della mia vita», avrebbe detto poi, ricordando quell’epopea del ’95) buona parte del suo mito di imprenditore politico. Nella consultazione sulle televisioni, la maggioranza disse no alla riduzione delle reti Fininvest. Sua Emittenza si godette il trionfo. «È stato un trionfo politico», commentò, in quel ’95, Pannella. E per quella battaglia referendaria di vita o di morte, Silvio mandò in campo tutte le sue star, nell’indimenticabile show elettorale trasmesso il 9 giugno a reti unificate su Canale 5, Rete 4, Italia 1. In scena sfilarono, dicendo No alla «fine della libertà», Sandra e Raimondo Vianello, Mike, Fiorello, Iva Zanicchi, Paolo Bonolis, Jerry Scotti, Iva Zanicchi.
I referendum sulla legge elettorale, come quello Segni del ’93, non lo hanno mai appassionato granchè. Nel ’99, i quesiti sostenuti da Segni e Fini in versione Elefantino trovarono Silvio dall’altra parte della barricata. Idem con il referendum del 2007. «Creare il bipartitismo per via referendaria - dichiarò il Cavaliere - è una forzatura inaccettabile». Mentre il flop del quorum nel ’99 era stato proprio a Berlusconi imputato da Segni: «È colpa sua questo sabotaggio».
Nei referendum anti-Porcellum del 2009, Berlusconi si schiera a favore. Nessuno però raggiunse il quorum e il Pd protestò: «Il Cavaliere li ha appoggiati soltanto perchè i suoi sondaggi gli avevano detto che nessuno sarebbe andato a votare. Così ha salvato la faccia e ha salvato il Porcellum». No quorum, quasi dieci anni prima, neppure nei referendum radicali del 2000 sulla giustizia. E Pannella ancora oggi rimprovera:"Caro Silvio, facesti mancare tu il quorum di cui oggi stai pagando il fio. Dicendo di andare al mare perchè appena saresti tornato al governo avresti fatto la riforma della giustizia". Il duo Marco-Silvio aveva funzionato invece nel ’93. Berlusconi appoggiò i quesiti radicali sulla depenalizzazione della droga leggera. «Bastò parlare con lui una mattinata e si convinse a stare con noi». Anche adesso, non c’è voluto tanto, per ricostituire il tandem.