Jean-Michel Verne, La Stampa 30/8/2013, 30 agosto 2013
MARSIGLIA, CAPITALE EUROPEA DELLA PAURA
A ottobre il primo ministro Jean-Marc Ayraut tornerà a Marsiglia, due mesi dopo una visita di emergenza. Tredici i regolamenti di conti dall’inizio dell’anno, senza contare gli omicidi quotidiani per un nonnulla o quasi, come la morte di Jérémie, uno studente sgozzato vicino alla stazione Saint-Charles.
Oppure del giovane delle Comore agonizzante al pronto soccorso dopo una coltellata all’uscita da una discoteca, a poche centinaia di metri dal Porto Vecchio.
Negli ultimi mesi Marsiglia è terra di contrasti. Capitale europea della cultura, invasa da decine di migliaia di turisti, la città che i greci chiamavano Focea è diventata anche «capitale europea della paura». E non è ancora finita, a prestar fede a chi conduce la guerra alla delinquenza. Una voce s’era levata un anno fa, quella della senatrice socialista Samia Ghali, una figlia dei quartieri Nord che ha passato la giovinezza nei sudici cortili della cité di Bassens. Chiedeva che si mandasse l’esercito per mettere fine a questa Gomorra che, quando scende la notte, vede cadere come mosche giovani trafficanti, spazzati via da raffiche di kalashnikov. Qualche giorno fa Malek, 21 anni, è stato crivellato di pallottole nella sua Audi su una strada dell’Estaque. I paesaggi di Cézanne sono ormai coperti di sangue.
La vigilia del suo assassinio questo figlio di una famiglia che ha un’attività nel quartiere di Castellane, crocevia del traffico di cannabis, aveva rumorosamente celebrato il matrimonio del fratello: una sfilata di berline di lusso in una città dove il 30% della popolazione vive al di sotto della soglia della povertà. Sembrava una provocazione. Perché a Marsiglia la droga è una vera e propria economia che fa prosperare parecchie famiglie nelle cité che circondano la città. Queste cité al 90% sono occupate da immigrati dal Maghreb o dall’Africa sub-sahariana che non hanno futuro o quasi: qui il tasso di disoccupazione raggiunge il 40%, a volte di più. E Samia Ghail torna a suonare il campanello d’allarme: «Sono preoccupata, siamo vicini al punto di rottura, dopo sarà troppo tardi. Occorre intervenire in fretta».
Per il momento Jean-Marc Ayrault, sbarcato qui con i «ministri nemici» Manuel Valls agli Interni e Christine Taubira alla Giustizia, si è limitato a dire che «prendeva di petto il problema». Nei fatti, sono 24 poliziotti in più alla polizia e una compagnia di poliziotti antisommossa... Gli agenti non si lasciano però esaltare da questi annunci a effetto, soprattutto gli uomini della Brigata anti-criminalità, che ogni notte percorrono le strade dei quartieri Nord. Il 6 luglio un giovane viene fermato mentre passeggia con un caricatore di kalashnikov per le viuzze del Plan d’Aou, una delle peggiori cité di Marsiglia. Due giorni dopo un altro viene bloccato con una pistola 9mm alla cintura. «Fermare il traffico di droga a Marsiglia è come cercare di prendere al lazo il mistral», deplora uno di quei poliziotti che batte i corridoi delle cité e sfonda le porte di sordidi appartamenti per recuperare chili di «shit» e a volte anche armi.
Perché la cannabis è una vera e propria economia, come dimostra la rete smantellata di recente nella cité La Castellane, patria di un certo Zinedine Zidane. È stata portata via tutta la contabilità, insieme all’elenco delle somme sborsate per assicurare il funzionamento del traffico. Dai 100 euro ai più piccoli per sorvegliare l’accesso alla cité ai 9 mila euro al mese al «gestore», ai 4500 per le «balie» incaricate di nasconder in casa la droga e i soldi della droga, tutto era meticolosamente registrato. Le balie di solito sono dei locali, scelti per la fedina penale pulita. Il traffico, solo in questo quartiere, rendeva 60 mila euro al giorno. Si capisce allora la guerra dei clan che prende alla sprovvista la polizia. Altro enigma: vengono pizzicate sempre solo le seconde file, mai le teste. E generalmente il traffico riprende come niente fosse. Senza contare gli spazi sempre più grandi conquistati dalle droghe come la cocaina.
Contrariamente all’idea preconcetta che la questione non riguardi il tradizionale ambiente corso-marsigliese, proprio questo sarebbe a capo di alcune reti maghrebine e gestirebbe veri e propri elenchi di condanne a morte. Il boss è allora un pacifico proprietario di bar d’origine corsa, installato in un quartiere più residenziale, che ordina gli omicidi... In altri quartieri come Castellane, invece, gli affari sono gestiti solo da «famiglie» del Maghreb. Esiste un vero rapporto di forze. Zohra ha paura, non dirà mai il suo vero nome, ma accetta di parlarci: «I trafficanti sono i re del quartiere, non esitano ad attaccare tutti quelli che si ribellano a loro, anche gli imam. Uno ha cercato di dire tutto il male che pensava di queste attività: una notte la sua auto ha preso fuoco. Aveva appena finito di pagare le ultime rate». Messaggio ricevuto.
Lasciate agli appetiti delle reti mafiose, le cité del Nord sono dunque in una situazione disperata, come testimonia Zoubida Megheli , una giovane del XVI arrondissement, eletta in una lista della società civile: «Quando si mette la miseria nella miseria, si crea una terra di nessuno». Chiusura della piscina, delle palestre, assenza di posti dove incontrarsi: la politica cittadina ha escluso i quartieri Nord dalla «nuova Marsiglia». Certo, alcune cité rientrano nel piano di rinnovamento «Euromed 3», ma Samia Ghali non ha tempo di aspettare.
Si prepara ad affrontare, a ottobre, primarie difficili con i compagni del Ps, per definire le candidature alle municipali del prossimo marzo. Marsiglia è diventata un laboratorio esplosivo della guerra destra-sinistra sul piano nazionale, con arbitro l’estrema destra, quel Front National che si frega le mani. Se, come previsto, il risultato dovesse impennarsi, finirebbero le speranze di un quarto mandato dell’ormai settantenne sindaco uscente dell’Ump, Jean-Claude Gaudin, che ha escluso qualunque accordo con il Front. Quando al Ps, navigando su un fronte repubblicano, prenderebbe in mano una città gravemente malata.