Antonello Guerrera, la Repubblica 30/8/2013, 30 agosto 2013
BEST SEQUEL
«I sequel? In genere fanno schifo». La stroncatura senza appello di una tradizione sterminata, certo controversa, ma nobilissima- basti pensare all’ Iliadee all’ Odissea-è di un totem della letteratura come Stephen King. Che però ha voluto comunque correre il rischio. Perché, da un po’ di tempo, King sta incensando il ritorno di una sua opera cult, e cioè Shining, il romanzo del 1977 e poi pietra miliare del cinema grazie a Stanley Kubrick e Jack "Torrance" Nicholson. Come ha dichiarato l’autore americano a Entertainment Weekly, il sequel si chiamerà Doctor Sleep, negli Usa uscirà tra poche settimane (da noi a inizio 2014 per Sperling & Kupfer) e avrà come protagonista un ormai maturo Danny Torrance, il figlio di Jack, solitario ultra 30enne e infermiere di un ospizio. Tra i romanzi "riciclati", King salva «solo Huckleberry Finn di Mark Twain e il Padrino-Parte II. Ma ho voluto scrivere un sequel per tornare a far paura, come a inizio carriera».
Del resto, «finire è cominciare, la fine è dove iniziamo», decantava T. S. Eliot nei Quattro Quartetti. C’è chi non si lascia pregare, vedi Irvine Welsh che su Trainspotting ha impilato un sequel ( Porno) e persino un prequel ( Skagboys ). Ma in questi giorni, in una sorta di revival collettivo, altri quattro grandi sequel sono stati annunciati o presentati al mondo. Uno è già uscito nel Regno Unito. Si chiama The Guts ("le budella" o anche, in senso metaforico, "il fegato", in Italia arriverà per Guanda l’anno prossimo) ed è il seguito, udite udite, de I Commitments. Già, il vecchio e fortunato romanzo dello scrittore irlandese Roddy Doyle - correva l’anno 1987 - , poi traslato sul grande schermo da Alan Parker. Un bestseller tra l’altro già parte di una trilog i a ( q u e l l a d i B a r r y t o w n ) c h e però Doyle ha pensato di riesumare. Motivo? L’ultima crisi economico-finanziaria dell’Irlanda, l’ex "Tigre celtica" improvvisamente diventata gattino spaurito: «Ho pensato a quel libro», ha detto Doyle, «scritto quando l’Irlanda era un Paese "in salute". Poi ho riletto il libro e mi son chiesto: che cosa farebbe oggi la famiglia Rabbite in questi tempi di crisi?». Detto, scritto, pubblicato.
Frattanto, l’americano Chuck Palahniuk sta pubblicando Doomed, seguito dell’apprezzato Dannazione (uscirà per Mondadori nel 2014). Ma soprattutto, come spiega l’autore nell’intervista in queste pagine, Palahniuk ha annunciato di voler fare lo stesso con l’acclamato romanzo Fight Club, poi diventato il leggendario film di David Fincher con Brad Pitt ed Edward Norton. Un altro romanzo quindi? Non proprio. Il secondo capitolo di Fight Club sarà una graphic novel. Illustrata e a puntate. Insomma, torna la serializzazione cara a Charles Dickens & Co.: flessibile, renumerativa, benefica per il brand oggi nell’era del copyright e per i diritti d’autore secoli fa, quando gli scrittori volevano ribadire la paternità delle loro opere contro sequel non autorizzati (si pensi al Don Chisciotte o alla diatriba che coinvolse Pamela di Samuel Richardson e il pungente Shamela di Henry Fielding).
Ma non è finita. In questi giorni si è parlato molto del seguito del Giovane Holden di Jerome D. Salinger (non quello "pirata" dello svedese Fredrik Colting, ricordate?), che potrebbe essere pubblicato dopo il 2015. Mentre è sicuro che entro il 2013, oltre 24 anni dopo, arriverà Sycamore Row, prosecuzione de Il momento di uccidere, il romanzo d’esordio John Grisham (Mondadori). Perché "il momento di uccidere" i propri personaggi, a maggior ragione in tempi di crisi di fondi e forse di ispirazione, è oramai sempre più raro. Come diceva un "esperto" quale J. J. Abrams, «non c’è nulla di male nei sequel. Semplicemente, è più facile venderli». E a Hollywood lo sanno bene.