Jean-Pierre Duthion, la Repubblica 30/8/2013, 30 agosto 2013
È TERRIBILE CI SIAMO ABITUATI ALL’ORRORE
MENTRE l’Occidente si interroga su come colpire la Siria, qui continuiamo a fare quello che facciamo da più di due anni. Cerchiamo semplicemente di sopravvivere al caos. Un giornalista mi ha chiesto se la popolazione fa riserve di cibo: in realtà bisognerebbe poterlo comprare, il cibo: tutto è disponibile ma nulla è accessibile. Un chilo di riso costava 65 lire siriane prima della crisi, oggi ce ne vogliono 400 in un Paese in cui il salario medio è di 12mila lire siriane. La disoccupazione cresce e con uno stipendio adesso vivono diverse famiglie. La maggior parte dei siriani erano proprietari di case, ora con i bombardamenti e i combattimenti hanno perso tutto, anche la casa, costretti ad affittare abitazione minuscole e troppo costose. La gente non ha più paura perché non ha più niente da perdere, ha perso persino la speranza di vivere di nuovo insieme. Mi guardo intorno e li vedo camminare per strada, mi chiedo quanti di loro moriranno nell’operazione militare che dovrebbe proteggerli. I più ricchi sono già andati a Beirut. Ci vogliono cinque ore per attraversare il confine: i libanesi che erano stati accolti a braccia aperte dai siriani quando il loro Paese era stato lacerato dalla guerra, ora stracciano le carte d’identità dei più poveri.
La Siria ora è una nazione di rifugiati, un popolo in esilio perpetuo, quelli che vedo intorno a me non cercano nemmeno più di fuggire, rimangono lì fatalisti e rassegnati, senz’altra scelta che affrontare la nuova prova che li aspetta. Intorno alla città si levano colonne di fumo nero, sento il rimbombo delle esplosioni, seguito dagli spari. La gente abituata, insensibile, continua ad avanzare, niente li fa più reagire. Come automi ormai “abituati” alla guerra. Giorno dopo giorno, drammi dopo drammi, si abituano a ciò che è inaccettabile. Più morti, più sangue, più sofferenza: ecco, questo è il loro destino.