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 2013  agosto 30 Venerdì calendario

LA TERRA NON HA PIU’ LA FEBBRE

Il global warming si è preso una pausa. Da anni le temperature hanno rallentato e non salgono al ritmo previsto dai modelli di tanti climatologi. Cosa è successo? Gli scettici, quelli che sostengono che il riscaldamento terrestre non dipenda dalle azioni dell’uomo e dal suo inquinamento, hanno cominciato a esultare, sostenendo che quello di cui si parla da così tanto tempo, e che ha spaventato le più grandi economie del pianeta, è stato solo uno scherzo. Perché le emissioni di gas nocivi nell’atmosfera aumentano eppure le temperature, negli ultimi 10-15 anni, hanno subito un rallentatamento.
Possibile che sia stato solo il frutto di grossolani errori di valutazione? Gli scienziati non ci credono. E infatti adesso arriva la prova. Uno studio dell’Istituto di oceanografia di San Diego, pubblicato su Nature, ha dimostrato cosa faccia rallentare la colonnina di mercurio: le correnti dell’oceano Pacifico tropicale, in grado di assorbire una bella fetta di calore che altrimenti andrebbe a rendere bollente la nostra atmosfera.
LE CIFRE
Uno sguardo ai dati. Dal 1970 al 1998 la temperatura atmosferica è aumentata di 0,17 gradi per decade, mentre dal 1998 al 2012 solo di 0,04 gradi. Finora si erano affastellate diverse teorie. Le più accreditate suggerivano come causa della decelerazione le eruzioni vulcaniche e il pronunciato assopimento dell’attività solare tra il 2008 e il 2009. Ma i ricercatori di San Diego si sono chiesti se le acque del Pacifico equatoriale orientale potessero esserne responsabili. È qui, infatti, che si registrano cicli di 5-10 anni di cambiamenti nelle temperature e nelle precipitazioni. Si tratta di un fenomeno noto con il nome di El Niño, spesso finito sotto accusa per provocare inondazioni, siccità e perturbazioni varie.
I climatologi Yu Kosaka e Shang-Ping Xie hanno quindi osservato le temperature di questa porzione di oceano Pacifico affidandosi a un modello computerizzato già esistente. In particolare hanno eseguito tre misurazioni, combinando in modo diverso le due variabili: emissioni di gas nell’atmosfera e temperature della superficie acquatica. Quando i due climatologi hanno paragonato i risultati del loro modello con il vero trend delle temperature, comprese dal 2002 al 2012, hanno visto che combaciavano solo i dati ottenuti considerando entrambe le variabili. In poche parole significa che l’acqua in questo punto del Pacifico è in grado di catturare e inglobare nelle sue profondità il calore, che così non si accumula sulla superficie della terra. L’effetto rinfrescante è stato misurato dallo studio e adesso si sa che l’oceano è in grado di abbassare la temperatura dell’aria di 0,15 gradi.
«La nostra ricerca ci dice che il global warming è solo in pausa. Non sappiamo prevedere quando le temperature torneranno ad accelerare, ma è certo che tra qualche decennio riprenderanno la loro corsa, causata dalle emissioni di gas inquinanti», ha dichiarato Kosaka all’Independent di Londra.
«Questa è un’ulteriore prova che il global warming è stato frenato da fluttuazioni naturali dell’oceano. E spiega anche alcuni fenomeni, come l’estrema siccità nella zona meridionale degli Stati Uniti. Purtroppo si tratta solo di uno stop temporaneo», ha confermato il meteorologo Richard Allan dell’università di Reading, in Gran Bretagna.
Dopotutto, questo ultimo decennio è stato il più caldo di sempre e si sono registrati 12 dei 14 anni più torridi della storia del pianeta. Gli scettici dovranno dunque ricredersi e smettere di esultare.
SEGNALI DA SUD
Un altro segnale inequivocabile che il riscaldamento terrestre non sia svanito, arriva dai ghiacci del Polo Sud. La costa orientale dell’Antartide in certi punti ha uno spessore ghiacciato di quattro chilometri. Se si sciogliesse potrebbe far aumentare il livello dei mari di 50 metri. Alcune immagini scattate 50 anni fa da satelliti spia, e finora secretate, mostrano come i ghiacciai della costa siano molto più instabili di quanto si credesse. Sembrano essere più suscettibili del previsto alla temperatura sia dell’aria che dell’acqua. «Se il riscaldamento terrestre aumenterà il passo in futuro, la costa orientale dell’Antartide sarà vulnerabile, come oggi lo sono la costa occidentale e la Groenlandia - prevede il dottor Chris Stokes dell’università di Durham, che ha studiato le immagini - Tutto ciò è molto preoccupante. Dovremo monitorare il comportamento di questi ghiacci più da vicino».
Deborah Ameri