Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  agosto 30 Venerdì calendario

DAL NOSTRO INVIATO

SALUZZO (Cuneo) — «Ho combinato un casino. Una cosa bruttissima, molto grave». Era il 15 di agosto e Valter Giordano, il professore dello scandalo di Saluzzo, aveva capito che presto su di lui si sarebbe abbattuta una tempesta carica di guai. I carabinieri avevano perquisito casa sua, gli avevano sequestrato il telefonino. Presto avrebbero scoperto tutto. Così ha telefonato alla donna con la quale aveva una relazione da due anni. «Sono in ospedale, vieni a trovarmi?».
Era ricoverato in psichiatria dopo aver tentato il suicidio. L’avevano fermato mentre provava a buttarsi giù da un ponte e quel giorno era lì «triste e abbattuto» come ricorda lei che è andata di corsa da lui. Una donna adulta, vedova, pronta a sentirsi dire qualunque cosa anche perché il tono del prof, al telefono, annunciava qualcosa di grave. Quasi sente ancora la sua voce: «Mi ha detto "ho fatto un grandissimo casino, ho avuto due storie con due mie allieve. Però mi hanno provocato. Ho sempre resistito ma alla fine ho perso la testa e ho ceduto». Io ho pensato che fosse stato due volte soltanto, due momenti di debolezza. E invece adesso scopro tutto questo... stava con me e con altre tre, due delle quali studentesse e all’inizio minorenni... non ci volevo credere. Al maresciallo che ha messo le mie parole a verbale ho detto "io non ci credo". E lui: "dicono tutti così"».
Adesso i dubbi sono spariti. È tutto incredibilmente vero. E lei ripete che «è stato un colpo» durissimo, che «lui mi faceva stare bene, veniva a casa mia, conosce i miei figli... Ora non so più chi sia. Il tempo bello passato assieme è annullato». Quella volta, in ospedale, lei gli chiese «ma come ti è venuto in mente di fare una cosa del genere?». E lui sembrava un cane bastonato. «Ho fatto uno sbaglio enorme, ne sono consapevole. Pagherò per quel che ho fatto». Lei provò a capire e ad andare oltre: «Ti starò vicino» promise nonostante tutto. «Adesso non ho più voglia di aiutarlo. Andrei anche a trovarlo. Per dirgli che mi fa pena e dargli una ginocchiata proprio lì». L’amarezza prevale su tutto, certo. Eppure anche lei, come tutti, in qualche modo ne difende la memoria professionale: «È un docente straordinario. Perfino io che quasi non sapevo chi fosse Dante ho imparato ad amarlo grazie a lui... Mi ha raccontato un mare di bugie. E sì che è stato anche in seminario...».
Il prof di Saluzzo che incanta tutti con l’uso sapiente delle parole e della letteratura ha studiato in seminario per dieci anni a Cuneo. Una classe di 25 ragazzi e alla fine soltanto uno di loro è diventato sacerdote. Proprio il prete amico che l’altro giorno gli ha offerto una sistemazione in comunità per gli arresti domiciliari. Quando lui ricorda quei tempi dice sempre che «in seminario succede di tutto di più» senza aggiungere altro. E in qualche frase della difesa, in qualche passaggio dei discorsi di suo figlio Erich si vedono sullo sfondo cose forse finora non dette che riguardano la sfera intima del professore e i suoi repentini cambi di umore (un vecchio trauma?).
Le due allieve (ora maggiorenni) che per l’accusa lui ha irretito e manipolato fino a ottenere rapporti sessuali, ora non vogliono né commentare né ricordare. Hanno raccontato tutto alla psichiatra incaricata dalla procura e alcuni passaggi dell’ordinanza parlano per loro. «In un certo senso mi sentivo un po’ costretta perché mi sentivo in dovere di farlo per non perdere il rapporto col prof. Lo facevo per non deluderlo, per non offenderlo» dice in sostanza una di loro. E l’altra: «Mi sono fatta prendere dal panico, dalla pazzia, dalla stupidità di una ragazza di 17 anni, dall’immaturità. Mi mancava una figura paterna, mi sentivo sola». Due personalità diverse, le liceali. Una più consapevole e determinata ad accusarlo, l’altra non vuole nemmeno costituirsi parte civile e lo difende.
Lui le conosceva fin troppo bene, conosceva le loro debolezze. E anche il suo potere.
Giusi Fasano