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 2013  agosto 29 Giovedì calendario

AMSTERDAM, LUCCIOLE E GUAI

La ragazza con i capelli platinati e il tanga fluorescente si trova appena dietro al bar gonfio di turisti intenti a scolarsi boccali di birra schiumante. Quando la tenda che cela i pochi metri quadrati affittati per prostituirsi si riapre e la giovane riappare, dalla porta esce un ragazzotto sudato che, con la maglietta appiccicata ai pettorali flaccidi, corre trionfante ad abbracciare due amici tra urla e pacche sulle spalle.
Benvenuti nel deWallen, il quartiere a luci rosse di Amsterdam, un quadrilatero di poche vie appena sotto la stazione centrale dove lo squallore si mescola alla curiosità dei turisti.
Nella zona più antica della città si esercita il mestiere più vecchio del mondo. Qui i neon rossi che indicano le vetrine dei lavoratori del sesso si alternano a rosticcerie cinesi e a negozi di bambole gonfiabili, tra pub e bugigattoli colmi di chincaglierie ricoperte dalla foglia di marijuana.
Dalle vetrine ammiccano anziane con il trucco sfatto e grasse africane; i trans strizzano gli occhi titillando con le dita le mutande di pelle, mentre le prostitute più giovani abbassano lo sguardo non appena incrociano quello delle ragazze della loro età.
Tra gli occupanti delle circa 200 vetrine a luci rosse, tutti pagano regolarmente le tasse. E alcuni sindaci italiani vorrebbero importare la ricetta: legalizzare la prostituzione, riaprire le case chiuse e soprattutto tassarle come succede in molti Paesi del Nord Europa.
Il rischio, tuttavia, è rincorrere il fruscio del denaro, sottovalutando la complessità del problema. Ad Amsterdam, per esempio, il sistema scricchiola. E sulle pareti delle vetrine del sesso si rincorrono i cartelli di «vendesi» e «affittasi».
Il quartiere a luci rosse è ancora un’attrazione per turisti, ma è anche un ricettacolo di attività criminali. Per combatterle, il Comune ha messo in piedi un ampio sistema di assistenza e controlli. Eppure da tempo sta cercando di dimezzare le vetrine delle prostitute, con l’idea di sostituirle con negozi di lusso e di design.
I bordelli, intesi come attività imprenditoriale, sono stati legalizzati nel 2000 (la prostituzione, praticata come attività autonoma, è invece legale dal 1800, nonché tassata dal 1996).
Negli anni le vetrine si sono riempite di ragazze straniere, soprattutto dell’Est, in cerca di soldi facili. Tanto che già nel 2004 l’amministrazione aveva dovuto elaborare un primo piano di riqualificazione della zona.
Poi la crisi economica ha peggiorato la situazione attirando nuova criminalità. Oggi fare un bilancio non è facile. La prostituzione illegale è a livelli minimi: solo il 5% del totale. La legalizzazione ha squarciato il velo di ipocrisia, ma per ora non ha risolto il problema dello sfruttamento e della tratta delle giovani.
Dal 2008 il Comune ha aperto nel deWallen un centro di assistenza sanitaria. E ha dispiegato squadre di operatori sociali che cercano di capire se le prostitute si vendono per scelta o per costrizione.
Le stesse lavoratrici del sesso hanno un sindacato. Ma individuare le situazioni a rischio non è facile.
I proprietari delle vetrine hanno in mano il business immobiliare, affittano le stanze e incassano il denaro. Una prostituta paga da 75 a 150 euro al giorno per avere in locazione una vetrina. E gli affittuari finora non erano tenuti a particolari controlli.
«Il sistema era nato per rendere le donne più indipendenti, ma ha peggiorato la situazione», raccontano a Lettera43.it Martine e Louise Fokkens, prostitute in pensione, passate dalla vetrina alla proprietà di un bordello, e con alle spalle 50 anni di carriera che hanno raccontato soddisfatte nel libro Due vite in vetrina (edizioni Vallardi).
«Recentemente siamo andate nel Red light district: sono tutte straniere e troppo giovani», spiegano concitate. «Non sanno cosa fanno, non sanno imporsi ai clienti. Noi dicevano chiaramente: questo possiamo farlo, questo no».
Manca, secondo le due gemelle nostalgiche, un’etica della professione: «I poliziotti controllano i documenti. Dicono: andate all’ospedale. Ma quando lavoravamo noi, all’ospedale ci andavamo da sole e non c’era necessariamente alcol o droga».
La politica olandese sta cercando di affrontare il problema dello squallore crescente nel distretto e della criminalità in molti modi. A volte contraddittori.
Il parlamento olandese dal 2012 dibatte su una nuova legge che istituisca un registro per tutti gli operatori dell’industria del sesso (i proprietari degli immobili, i lavoratori delle vetrine, quelli che lavorano in casa o nelle cooperative). Ma intanto il Comune di Amsterdam si è portato avanti in modo indipendente, offrendo programmi di assistenza e imponendo nuovi limiti e controlli agli esercizi. Ma anche chiudendo le vetrine e, nei fatti, cacciando le prostitute.
Le autorità locali hanno cercato di ridurre gli orari dell’attività, chiudendo le vetrine dalle 4 durante la settimana e dalle 5 durante i weekend. Ma si sono trovate di fronte a una petizione firmata da 220 meretrici in rivolta, costrette a tornare a casa nella notte quando i mezzi pubblici non circolano, e da qualche residente preoccupato di ritrovarsi clienti e madamigelle mentre consumano in strada.
Alla fine si è giunti all’accordo: chiusura dalle 6 di mattina. E l’amministrazione comunale ha dovuto anche assicurare un servizio di vigilanza supplementare.
21 ANNI PER PROSTITUIRSI. Dal 1 settembre, inoltre, è destinato a scattare anche per le prostitute l’obbligo di registrarsi alla camera di commercio con nome e cognome. Una misura finora facoltativa che molte lavoratrici considerano rischiosa, perché potrebbe facilitare minacce e ricatti nei loro confronti.
Per combattere la tratta, il Comune si è anche concentrato sull’età delle prostitute e sulla responsabilità dei proprietari di bordello.
«Abbiamo innalzato l’età per prostituirsi da 18 a 21 anni e imposto alle donne un test di lingua», puntualizza Marjolein Moorman, consigliere comunale del Labour party, il partito di centrosinistra. «La nostra è una battaglia per la legalità: le ragazze devono dimostrare di saper parlare una lingua tra olandese, inglese, tedesco e spagnolo. Cioè di essere in grado di autogestirsi».
La nuova normativa chiede maggiori impegni anche agli affittuari delle stanze.
I proprietari devono infatti redigere un business plan. E, soprattutto, devono intervistare tutte le ragazze per certificare che non siano vittime di tratta, pena la perdita della licenza.
Nel caso abbiano dei dubbi, poi, possono chiedere una consulenza agli operatori del Comune che così possono effettuare un controllo diretto sulle imprese del sesso.
Accanto alle nuove misure, però, il Comune prosegue a tambur battente con il progetto 1012: un grande piano di riqualificazione del quartiere che prevede semplicemente la chiusura delle vetrine.
Nel 2008, quando il piano fu approvato per la prima volta, l’obiettivo era ridurre i neon rossi del 17%, portandoli a circa 240.
Ma il 31 luglio il Consiglio comunale ha varato una nuova stretta: «Vogliamo ridurre le finestre del 40%», riassume, Carlien Roodink del Democratic party, il partito progressista locale. «Arriveremo a poco più di un centinaio, così sarà più facile controllarle».
Un piano che fa discutere e su cui la città si è spaccata.
«Non lo fanno per il bene delle prostitute come dicono, lo fanno perché hanno altri piani per la città», racconta Mariska Majoor, ex prostituta che nel 1994 ha aperto il Prostitution information center, uno sportello informativo per far comprendere ai turisti il mondo della prostituzione.
Lei ha iniziato a 16 anni e ha sempre pagato regolarmente le tasse. «È un lavoro che non puoi fare a lungo», spiega adesso. «Ma negli Anni 90 si guadagnava bene: nei giorni fortunati anche 1.000 euro al giorno. Oggi con la crisi a volte non si arriva a 50». Si incassa meno e i problemi aumentano.
Mariska è pessimista sull’efficacia delle nuove regole e anche sul futuro del quartiere a luci rosse: «Le ragazze sono costrette a prostituirsi dai loro uomini, non dai proprietari delle case: è per questo che la tratta è così difficile da combattere. E mentre una volta il Comune era interessato soprattutto a lottare contro gli abusi, oggi anche sotto la pressione delle nuove minoranze asiatiche arrivate in città, il clima è cambiato».
Anche i più liberali sembrano essersi arresi. «Dovrebbe essere una lotta contro la criminalità», conclude con amarezza Mariska, «ma la verità è che sta diventando lotta contro la prostituzione».