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 2013  agosto 29 Giovedì calendario

IL FLAGELLO DELLO STATO? «TRE MILIONI DI BUROCRATI VECCHI E DEMOTIVATI»


[Gianpiero D’Alia]

Sul suo profilo Twitter, Gianpiero D’Alia si descrive così: «Messinese, sposato con un figlio. Avvocato. Deputato e ministro della Pubblica amministrazione e semplificazione. Hobby: musica, chitarra elettrica». Si potrebbe aggiungere che ha 47 anni e che è un ex democristiano, figlio di un altro ex potente parlamentare democristiano, Salvatore. Poi le note biografiche sono finite. È un uomo politico scaltro senza essere spregiudicato, distante dalle cronache mondane, esperto e premuroso. «Senta», chiederà a metà intervista, «riesco a essere chiaro, o no? Se parlo in politichese, mi avverta. Perché una cosa detesto: i politici che non si fanno capire dalla gente».
Ministro D’Alia, cominciamo dal grande capitolo delle «semplificazioni».
Abbiamo varato un pacchetto di norme dentro il cosiddetto decreto del Fare, e poi è stato anche presentato un disegno di legge in Parlamento. Obiettivo: ridurre i costi che le imprese sostengono per affrontare la foresta della burocrazia. Il dipartimento della funzione pubblica ha stimato con l’Istat che i costi sostenuti ogni anno dalle aziende per gli oneri amministrativi ammontano a 31 miliardi di euro. Ora, detto che questi oneri non sono tutti ingiusti, è però chiaro che se riuscissimo a ridurre questa spesa, le imprese si ritroverebbero nelle casse più soldi da investire.
Entriamo un po’ nel dettaglio.
Il decreto del Fare interviene su settori della pubblica amministrazione che, per le aziende, comportano carichi di spesa pari a otto miliardi di euro: le misure di semplificazione, se approvate dal Parlamento, prevedono un risparmio reale di circa 500 milioni di euro.
Non è tanto, ma almeno è qualcosa.
Aspetti, abbiamo introdotto anche due norme di carattere generale: una riguarda l’indennizzo da ritardo e l’altra le date uniche. Cominciamo a spiegare la prima: quando l’amministrazione pubblica deve adottare un provvedimento verso un’impresa, e deve farlo evidentemente entro una certa data, per ogni giorno di ritardo paga, automaticamente, un indennizzo: da 30 euro al giorno fino a un tetto massimo di due mila euro.
Un eccellente deterrente per le amministrazioni più lente e pigre.
Assolutamente sì. Ma passiamo alla seconda norma, che dice: gli atti normativi del governo e dei singoli ministeri entrano in vigore solo due volte l’anno, a seconda che siano stati approvati nel primo o nel secondo semestre; e perciò o il primo gennaio, o il primo luglio. E questo sa cosa significa? Che obblighiamo ministeri e governi locali a mettersi dalla parte dei cittadini: cessa insomma l’incertezza dell’interpretazione su quando e come entrano in vigore.
Cambiamo argomento: settore pubblico.
Serve una premessa, chiariamo la scena. La situazione italiana è la seguente; abbiamo tre milioni e 200 mila dipendenti pubblici e, diciamo, siamo nella media europea. Di questi, però, solo il dieci per cento ha un’età inferiore ai 35 anni. Ciò vuol dire che l’amministrazione pubblica non è giovane, dunque è anche poco duttile non soltanto nel recepire le novità tecnologiche, ma anche nell’accettare certi meccanismi di riorganizzazione del lavoro che oggi, inevitabilmente, hanno un timbro manageriale. Infine c’è un ultimo punto, il più importante: abbiamo una cattiva distribuzione dei dipendenti, che sono molto più numerosi al Sud che al Nord.
Prosegua.
Quest’ultimo è il punto più significativo perché, dopo la riforma costituzionale del 2001, noi non parliamo più di una pubblica amministrazione ma di tante pubbliche amministrazioni, trasferite dallo Stato alle Regioni e alle varie autonomie locali.
Perciò, quando poi il governo interviene per semplificare la burocrazia...
Nella migliore delle ipotesi incide sul 30 per cento delle situazioni. Per tutto il resto occorre aprire tavoli di confronto. E così, detto che il confronto è sacrosanto, per quanti sforzi possiamo fare è chiaro che, spesso, restiamo a lungo con le mani legate.
Poi, ministro, c’è il grande, tragico capitolo dei precari.
La situazione è difficilissima ma chiara: a seguito di tutte le manovre finanziarie che abbiamo avuto negli ultimi anni, ci ritroviamo con un esercito di 250 mila precari: 130 mila nel solo settore della scuola, 120 mila tra ministeri, regioni ed enti locali. L’unico provvedimento d’emergenza possibile è stato adottato e quindi abbiamo prorogato tutti i contratti fino al prossimo 31 dicembre. Ora però... Beh. sì, insomma, dobbiamo capire chi tenere e chi no. Non possiamo continuare a lasciarli tutti appesi al cappio dei contratti a termine.
Per chi invece un contratto a tempo indeterminato ce l’ha, c’è il problema che dal 2009 non ha ricevuto un centesimo di aumento.
Altro problemone, lo so. Anche perché questo incide negativamente sull’entusiasmo, sulla motivazione.
Capitolo auto blu.
Guardi, le norme ci sono... Devo riconoscere che i miei predecessori, compreso Renato Brunetta, hanno fatto un lavoro egregio, e le auto blu, quelle di rappresentanza, sono, effettivamente, già un po’ diminuite. Certo, i dati che abbiamo restano inquietanti: al Sud, infatti, il numero delle auto resta il doppio che al Nord. E sa perché? In parecchie amministrazioni l’auto blu è ancora sinonimo di potere, è purissima ostentazione.
Lei ha gestito anche l’operazione «trasparenza» di Palazzo Chigi, con le dichiarazioni dei redditi dei ministri che sono state rese pubbliche. Però, mentre alcuni sono scesi nei dettagli, altri si sono limitati a numeri essenziali.
Guardi, io ho messo tutto online: dichiarazioni dei redditi e patrimoniale mie e di mia moglie, dei miei fratelli, di mia madre, anche di mio padre deceduto da qualche mese e di mio figlio Totò, che quest’anno ha fatto gli esami di terza media. Non mi sono fatto mancare nulla insomma. È giusto così.
Senta, una domanda sgradevole: ma quando sarà possibile punire chi lavora male?
Non è una domanda sgradevole, è una domanda moderna. Ma le rispondo dicendo che le norme ci sono. Basta attuarle, sapendo distinguere i fannulloni da chi lavora bene.
Lei è entrato in questo governo in quota Scelta Civica e ora…
No, scusi: io ho cominciato a fare politica nel movimento giovanile della Dc, poi sono passato all’Udc. Lo scorso inverno sono stato eletto nell’Udc, e perciò, beh, no, lei capisce.
Con quali ministri ha una maggiore intesa a Palazzo Chigi?
Con Emma Bonino c’è grande amicizia dai tempi del Senato. Poi c’è intesa con Gaetano Quagliariello, Maurizio Lupi e Dario Franceschini.
Il ministro che l’ha sorpresa di più?
Direi il ministro della Salute Beatrice Lorenzin. Competente, grande sensibilità.
Quanto dura questo governo?
Questa domanda deve rivolgerla a Matteo Renzi, non a me.