Louise Carpenter, Panorama 29/8/2013, 29 agosto 2013
PAPÀ HA CAMBIATO SESSO E MAMMA SE L’È TENUTO
Quando al mattino Jim Boylan si radeva, il figlio di 2 anni Zach gli si affiancava arrampicandosi su uno sgabello e ne imitava ogni singolo gesto. Jim ricopriva le gote del figlio di schiuma da barba e, con una lametta ancora sigillata, il bambino replicava le medesime espressioni del padre e si rasava seguendo lo stesso ordine (guance, collo, mento, i baffi sempre per ultimi).
Dodici anni dopo Zach ha iniziato a radersi sul serio. Nel frattempo era intervenuto un cambiamento enorme, i cui effetti avevano minacciato l’integrità della famiglia: Jim non era più Jim, ma era diventato Jenny. Nel 2002, dopo anni di turbamento e profonda infelicità, Jim, 43 anni, aveva cambiato sesso ed era diventato la donna che aveva sempre sentito di essere, con l’appoggio della moglie Deedie. La famiglia, però, non si è arresa ed è riuscita a rimanere unita. Per Zach e per il fratello minore Sean, Jim non è più il «papà», ma nemmeno la «mamma», termine riservato a Deedie (ancora oggi Deedie parla di Jenny non come di sua «moglie», ma come dell’«amore della sua vita», «la persona con cui sono sposata da 25 anni, solo che è una donna»).
È quasi impossibile credere che la famiglia abbia superato indenne la prova. Come può un nucleo familiare sopravvivere a un cambiamento di sesso, non solo da un punto di vista emotivo, ma anche a livello pratico e quotidiano? Come viene affrontato l’argomento sesso? Come gestire la situazione con gli amici dei figli e i loro insegnanti? Che ruolo assume la nuova «mamma»? Come ha potuto un marito fedele (e Jim lo era realmente, così come Jenny è una moglie devota) affrontare una trasformazione così drammatica sapendo che avrebbe potuto esporre l’amore della sua vita e i suoi adorati figli a tanta sofferenza?
Per quasi 2 anni, mentre assumeva ormoni e viveva come una donna in attesa dell’intervento, pur essendo ancora in grado di fare pipì contro gli alberi e fare l’amore come sempre, Jim si è sentito bloccato a metà strada tra essere madre e padre, un po’ come «una versione genitoriale di un cane nato dall’incrocio di due razze» spiega ora Jenny. Nel tempo, Zach e Sean hanno scelto di chiamare il padre «maddy», un ibrido linguistico tra mummy (mamma) e daddy (papà).
Con tutto quello che la famiglia ha passato, non stupisce che Jenny abbia vissuto la prima vera rasatura di Zach come un grande momento. Ma alla sua offerta di aiuto il ragazzo ha risposto: «Maddy, so già come si fa». Mentre in bagno il rasoio ronzava, Jenny ha ripensato a quel bambino così impaziente di imitare il suo modello, cercando di non sentirsi ferita.
Quegli attimi condivisi davanti allo specchio sono tra le prime memorie che Zach ha del padre. Farebbe un bell’effetto affermare che il ricordo dell’uomo ormai perso era troppo doloroso, perché il ragazzo potesse includervi lo stesso genitore alto 1,95 ma ora con i capelli lunghi e chiari, gli orecchini e il seno. In realtà per Zach il cambiamento di sesso del padre non è un grosso problema.
Da oltre 10 anni Jenny Finney Boylan, ora scrittrice (il suo primo libro, The Planets, pubblicato nel 1991, è stato definito dal Daily Telegraph «libro dell’anno») e professoressa di inglese presso il Colby college nel Maine, cerca di capire se il suo cambiamento di sesso può aver causato danni ai figli, senza averne ancora individuati. Inoltre si è incessantemente posta alcune domande: cosa significa avere un padre che diventa donna? Cosa significa insegnare a qualcuno come diventare uomo? Come essere un genitore quando si è stati sia padre che madre? A 54 anni, con un figlio, Zach, all’università e l’altro avviato sulla stessa strada, Jenny ha finalmente trovato le risposte ai grandi interrogativi che l’hanno tormentata così a lungo e che sono al centro del suo nuovo libro, Stuck in the Middle With You: A Memoir of Parenting in Three Genders (Bloccata nel mezzo con voi: un percorso genitoriale in tre generi). Il libro fa seguito al best-seller She’s Not There (Lei non c’è), in cui raccontava per la prima volta i dettagli dello sconvolgimento causato dalla trasformazione subita, una pubblicazione che ha cambiato il panorama per i transessuali degli Stati Uniti.
Il messaggio del nuovo libro è chiaro: i bambini hanno bisogno di sicurezza e amore incondizionato, non di genitori appartenenti a generi diversi o di modelli familiari tradizionali. Di solito, in America, Jenny Finney Boylan viene criticata per due motivi: i conservatori ritengono che vicende come la sua siano così strane e marginali che sia preferibile rimangano nell’ombra. Dall’altra parte i transessuali pensano che la storia della sua vita familiare sia così ottimistica da non rispecchiare la realtà effettiva. Sembra quasi una favola, quasi come se cambiare sesso fosse facile perché l’amore vince su tutto. Invece, la maggior parte delle volte il nucleo si dissolve, il matrimonio finisce e spesso il genitore transessuale viene cacciato con vergogna e non può più vedere i figli. Alcuni ragazzi non riescono a gestire la situazione e se ne vanno di casa. Il risultato che Jenny, Deedie, Zach e Sean Finney Boylan hanno ottenuto ha quasi dell’incredibile. Naturalmente la domanda fondamentale è: come ci sono riusciti?
La vita delle famiglie con membri transessuali suscita un fascino velatamente lascivo anche tra le persone più liberali e illuminate: la domanda più diffusa tra la gente è: «Se sono felicemente sposati, fanno ancora l’amore?». Jenny non ha segreti: no, lei e Deedie non fanno più sesso. Tutto è finito durante i preparativi per l’intervento nel 2002. Ora dormono nello stesso letto (ma non è sempre stato così nel periodo in cui cercavano di superare le difficoltà). Jenny sostiene di essere una lesbica sposata a una donna eterosessuale. La monogamia assoluta ha il prezzo della castità per entrambe. Jenny non ha mai dormito con un uomo, nonostante la sua sporadica curiosità. A Deedie chiede solo intimità.
Per quanto riguarda altre domande più ridicole sulla condivisione di indumenti intimi o prodotti per il trucco, la risposta è sempre no.
I Finney Boylan vivono a Belgrade Lakes, nella parte più interna del Maine, con paesaggi caratterizzati da foreste e acqua a perdita d’occhio. Abitano in un villino di campagna su un viale deserto. Deedie, assistente sociale e psicoterapeuta specializzata in studenti della scuola secondaria, ha portato fuori il cane e ora, in tuta e T-shirt, si occupa di alcuni lavoretti in cucina. Jenny, in blue jeans, camicia e gilet bianco, è al pianoforte e canta un blues ad alta voce.
La storia del cambiamento di sesso di Jenny comincia nell’infanzia, quando Jim indossava abiti femminili in segreto. All’università andò per qualche tempo in terapia scoprendo di essere transessuale, diagnosi che non riuscì ad accettare. Quando infine conobbe Deedie, se ne innamorò perdutamente e si sposarono nel 1988. Sperava che «l’amore l’avrebbe guarito». L’ultima cosa che voleva era cambiare sesso. Mise tutti i suoi abiti femminili in una borsa e li gettò via. Deedie non sapeva nulla di tutto questo. Nel 1994 e nel 1996 nacquero i ragazzi. Jim si ripromise di proteggere la sua famiglia. Erano felici, il sesso andava bene, ma Jim provava un’infinita tristezza e, con il peso del suo segreto, sentiva crescere il panico e il profondo timore di ricadere in quella percezione di sé come donna.
Nel marzo 1998 Jim sentì di dover raccontare tutto a Deedie e cominciò a vestirsi da donna in sua presenza, anche se la moglie non ne era entusiasta. Nel 2000 iniziò la terapia. Il percorso era chiaro: Jim era un transessuale. Dopo almeno 6 mesi di terapia intraprese una cura di ormoni che durò un anno, durante il quale visse come una donna.
«Il messaggio che abbiamo trasmesso ai nostri ragazzi è stato: la vostra famiglia è unica, ma affettuosa, e il nostro amore per voi non cambierà. Sono rimasta praticamente quella di sempre». «Stiamo cercando di aiutare papà a far combaciare quello che sente dentro con il suo aspetto esterno» è stata invece la spiegazione di Deedie.
Nonostante il fronte compatto, la sopravvivenza del matrimonio non è sempre stata una certezza. «Mi sentivo ingannata» racconta Deedie. «Durante quel percorso non ero sicura di voler essere sposata a una donna.». «Durante la fase di transizione» ricorda Jenny «le cose si fecero sempre più delicate». In quel periodo Deedie perse la sorella per un tumore alle ovaie. Nelle settimane precedenti la sua morte, ricorda la donna, il pensiero della gestione dei figli le impediva di prendere anche solo in considerazione l’idea di separarsi da Jim-Jenny. «Siamo stati molto attenti con i ragazzi» ricorda Deedie. «Abbiamo agito in modo che non notassero la nostra sofferenza, perché penso che non sia positivo per un bambino accorgersi che un genitore perde il controllo sulle proprie emozioni. Ero pronta a mandare i ragazzi in terapia, ma non è stato necessario». Anche Jenny è stata molto attenta a gestire nel modo gusto i segni esterni della propria femminilità. «Ovviamente non mi sono mostrata a loro rivestita di lustrini da un giorno all’altro. La gente commentava: “Guardate, quei ragazzi non hanno più un padre”. È vero, ma hanno me. Per loro è stato un processo molto graduale».
Quando iniziò a indossare le gonne (e diventò, come la definisce Deedie, una «Jenny completa») i ragazzi non batterono ciglio. Zach ha raccontato di quella volta in cui una compagna di classe gli aveva riferito di avere visto suo padre. «Sembra una ragazza» aveva commentato. «Posso confidarti un segreto?» aveva risposto Zach. «Il mio papà sta diventando una donna». La bambina replicò: «È la cosa più triste che abbia mai sentito». «Va tutto bene» fu il commento di Zach. «È ancora la stessa persona».
Un simile realismo dimostrato dai figli è la nota che caratterizza il viaggio intrapreso dalla famiglia. La routine quotidiana non subì alcuna alterazione. Ogni sera entrambi i genitori si sedevano con i figli e Deedie leggeva loro un libro per un’ora e mezzo: era il loro momento di connessione. Quando i ragazzi cominciarono a crescere, Deedie si rese conto che poteva rimanere con Jenny perché, sesso a parte, era la stessa persona di cui si era innamorata. Periodicamente cercavano di parlare ai figli di sesso o almeno di prepararli a qualsiasi domanda imbarazzante. «In quei momenti ti rendi conto che non sono poi così interessati alla vita dei loro genitori» spiega Deedie. «E certamente non vogliono parlare di sesso con loro».
Jenny era alla costante ricerca di indizi di eventuali danni. «Ricordo che chiedevo loro se fossero mai stati vittima di bullismo a scuola» racconta Deedie. «Ma non è mai successo. Sono stati molto fortunati». Entrambi i ragazzi hanno atteggiamenti maschili: Sean è un campione di calcio e pratica bungee jumping; tutti e due fanno scherma, escursioni e suonano. Jenny è soddisfatta della loro mascolinità.
Fin dall’inizio non ci sono stati segreti. Racconta Deedie: «Ne abbiamo parlato con i loro migliori amici in presenza dei genitori, facendo presente ai ragazzi che potevano discuterne in famiglia. Solo la madre di un compagno di scuola ha tagliato i ponti. Un’altra mamma ha commentato: “Jenny, abbiamo sempre insegnato a nostro figlio l’importanza di essere fedeli ai propri principi. Sei un modello fantastico”». Le rispettive famiglie, salvo un membro dalla parte di Jenny, hanno dato tutto il loro appoggio.
Zach ha letto il primo libro di Jenny a 14 anni circa. Il suo unico commento è stato: «Non sapevo fosse stato così difficile per la mamma». Un discorso tenuto da Jenny presso la scuola di Sean ha ottenuto un’ovazione. «Scherzando, ci chiediamo quale sia il segreto del nostro talento come genitori» racconta Jenny. «È la grande fortuna di aver avuto due ragazzi che sembrano risolvere da soli molti dei loro problemi. Non penso che siamo stati genitori particolarmente brillanti, ma i nostri figli ci hanno reso le cose semplici».
Jenny ammette di essere stata «un padre piuttosto femminile», mentre ora è «una madre mascolina». È ancora quella che «rimprovera se qualcosa non va». Anche Deedie comunque fa la sua parte. Si occupa della lavanderia e della spesa; Jenny pensa alle pulizie e lava i piatti. Ma la divisione dei compiti era piuttosto equanime anche prima del cambiamento. Forse l’unica differenza nel suo modo di essere genitore, ammette, è che adesso è più prudente.
Mentre siedono parlando e scherzando tra loro, è possibile comprendere perché Deedie ha deciso di restare. Non ne può più di essere considerata una vittima, «come se mi fossi in qualche modo annullata per Jenny e i bambini» e ora non le interessa nulla se la gente pensa a lei come a una lesbica. «Sono amica di gay e lesbiche da una vita e posso affermare che loro conoscono la differenza». E l’assenza di intimità? Jenny sostiene che Deedie vive l’astinenza con minore difficoltà rispetto a lei. «Forse perché non mi soffermo sugli svantaggi della situazione» spiega Deedie. Poi scoppia a ridere. «In ogni caso, molta gente della nostra età non fa più sesso».
The Times Magazine