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 2013  agosto 29 Giovedì calendario

PIOVACCARI, IL PIFFERAIO MAGICO DI BUCAREST

Il calcio, come la vita, leva e dà. Questione di tempismo, di fortuna, di carattere. La Champions League, poi, è il teatro dei sogni impossibili, perfino un turno preliminare può tramutare i desideri in realtà. L’altra sera, ad esempio, la Champions ha compiuto l’ennesima magia, chiamando un illustre sconosciuto come Federico Piovaccari alla ribalta europea. Del resto Piovaccari, classe 1984, professione calciatore, attaccante dello Steaua Bucarest per la precisione, non ha mai calcato un campo della serie A durante la carriera. Nulla. Eppure ora disputerà la fase a gironi della Champions. Una fiaba, si capirà. D’altronde Federico ha letteralmente trainato la squadra romena lungo la strada delle qualificazioni, firmando tre reti nelle sei partite giocate. Un gol contro il Vardar Skopje nel secondo turno del 23 luglio, un altro la scorsa settimana durante la sfida di andata degli spareggi contro il Legia Varsavia (1-1), il terzo e ultimo l’altro ieri, appunto, ancora al cospetto del Legia (2-2). E non basta. Piovaccari ha lasciato il segno pure all’interno dei confini romeni: ha trafitto il portiere del Cluj in campionato, e ha sollevato la Supercoppa il 10 luglio. Un trionfo, certo: estivo, d’accordo, ma pur sempre un trionfo.
DALLA C ALL’EUROPA
Piovaccari non è comunque un fenomeno, ovvio. Ha una media realizzativa dello 0,31, frutto di 94 centri distribuiti in 306 partite, e cerca di abbinare la freschezza atletica ad un corredo tecnico minimo. È cresciuto nel vivaio dell’Inter, quindi ha girato l’Italia alla ricerca di una sistemazione. Ha vestito un’infinità di maglie e di colori (solo negli ultimi quattro anni Cittadella, Sampdoria, Brescia, Novara e Grosseto) approdando infine allo Steaua il 5 luglio, primo giocatore italiano tesserato dalla squadra romena. Il cartellino, per chi interessasse, appartiene alla Sampdoria. Intanto Piovaccari ha scelto di decorare il proprio corpo con un tatuaggio maori che pare rievochi gli anni trascorsi a Cittadella. È sposato con Elena, ha due bimbi, Andreas e Alex, e festeggia i gol mimando di suonare un piffero. Un gesto inventato dal figlio Andreas, bravo e insistente, sembra, nell’imitare la movenza di un personaggio del cartone animato Spongebob. Il pifferaio Piovaccari ama poco la mondanità, visto che ieri si è opportunamente negato alle curiosità dei cronisti. Evidentemente conosce bene la fiaba del pifferaio, appunto, che andò per suonare e tornò suonato.
Benedetto Saccà

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FAVOLA PIOVACCARI -
Forse vale la pena ripetere l’esperimento con altri attaccanti: fargli vedere prima della partita decisiva per entrare in Champions, in inglese coi sottotitoli in romeno, «Gatto nero, gatto bianco» di Kusturica (135 minuti). Poi non c’è da stupirsi se uno si sfoga contro l’avversario come ha fatto Federico Piovaccari, centravanti dalle spalle larghe che a quasi 29 anni non ha ancora debuttato in A ma adesso giocherà contro le grandi d’Europa, dopo aver trascinato la Steaua Bucarest con 3 gol nelle 6 partite giocate per entrare in Coppa, prima contro i macedoni del Vardar e poi, sia all’andata che al ritorno, contro il Legia Varsavia.
«È un sogno a occhi aperti, un’emozione grandissima — ammette Piovaccari — . Fino a qualche mese ero retrocesso dalla B con il Grosseto. Oggi saprò chi sfiderò in Champions: vanno bene tutte — sorride — dal Real Madrid al Barcellona, dal Manchester United al Bayern Monaco. Squadre che vedevo solo in tv e che adesso affronterò, ma non da turista, perché la S teaua ha voglia di giocarsela. È il sogno che hanno tutti i bambini. Magari lo realizzo un po’ tardi, ma non ho rimpianti».
Piovaccari è di Cassano Magnago (Varese), abita a pochi passi dal ciclista Ivan Basso e a suo modo si è fatto anche lui un bel giro d’Italia, vestendo la maglia di tredici squadre, dalla Primavera dell’Inter al Vittoria, dal Cittadella (capocannoniere della B nel 2011 con 23 gol) al Grosseto, passando per la Sampdoria, proprietaria del suo cartellino: «La Steaua cercava un attaccante con le mie caratteristiche, una prima punta fisica. Io ho accettato subito e alla prima conferenza stampa ho detto che per me è come essere andato all’Inter o al Milan: gioco davanti a 50 mila persone che vivono di calcio, in una società dalla storia gloriosa. Il massimo».
Federico non è in cerca di rivincite, ma è chiaro che vorrebbe dimostrare qualcosa anche in Italia: «Sì, in A mi piacerebbe giocare e un giorno tornerei volentieri. Ma qui sto bene e sono contento della scelta che ho fatto. Mia moglie Elena, che è spagnola, mi ha subito seguito con i miei figli, Andrea di 5 anni e Alex che ne ha quasi 4. Si trovano bene anche loro e io sono sereno. In Italia forse si ha poca fiducia negli italiani, che alle prime difficoltà vengono scartati. Io ho avuto la mia occasione alla Samp, nei primi sei mesi non sono andato bene e sono stato accantonato. Credo che le soddisfazioni che mi sto prendendo adesso siano un bel segnale di speranza per tanti miei colleghi».
Grande esperto di cartoni animati grazie ai suoi bambini, Piovaccari festeggia i gol suonando il piffero, come un personaggio di «Sponge Bob»: «Qui giochiamo con il 4-3-3 o con il 4-2-3-1 e io sono la prima punta. Non è un calcio tecnicamente paragonabile alla serie A, ma c’è molto pressing e fisicamente è molto esigente. Mi sono subito adattato bene, del resto il mio lavoro è giocare in 11 contro 11 su un rettangolo verde. L’allenatore Reghecampf ha 38 anni, è pieno di idee e non molla un attimo. La vera differenza è nel modo di vivere il calcio. Qui si va al cinema tutti assieme prima della partita, per fare gruppo e rilassarsi. Cose che in Italia sono impensabili. Certo, non è che io capisca ancora tutto... Ma con l’inglese me la cavo e quel che conta è vivere le tensioni nel modo giusto». Per scaricarle poi nella porta avversaria.
Paolo Tomaselli