Silvano Fuso, la Repubblica 29/8/2013, 29 agosto 2013
COSÌ UCCIDONO IN POCHI MINUTI
Le armi chimiche sfruttano la tossicità di alcune sostanze per uccidere, ferire o comunque danneggiare il nemico. Le Nazioni Unite classificano quelle chimiche come armi di distruzione di massa e una convenzione internazionale del 1993 ne ha messo al bando sia la produzione che lo stoccaggio.
Armi tossiche molto rudimentali sono in uso da sempre, come l’espediente di avvelenare le frecce per la caccia e la guerra. Molto antico è anche l’uso di fumi irritanti e tossici. L’impiego delle vere e proprie armi chimiche si sviluppò però soprattutto in occasione della Prima guerra mondiale. In essa vennero adoperate sostanze esistenti per uso industriale (quali il cloro e il fosgene), rilasciate con metodi convenzionali (bombole) e affidando al vento il loro trasporto. Dopo la grande guerra l’industria bellica sviluppò prodotti specifici sempre più letali e metodi di dispersione più efficaci.
Oggi esistono circa 70 tipi diversi di aggressivi chimici che possono essere gassosi, liquidi o solidi. Una prima classificazione può essere fatta distinguendo gli aggressivi chimici in letali e incapacitanti. I primi provocano la morte, mentre gli incapacitanti producono effetti fisici o mentali che impediscono alle vittime di controllare il proprio comportamento. Gli aggressivi chimici possono essere classificati anche in base alla loro persistenza, ovvero il tempo durante il quale essi mantengono la loro efficacia dopo la dispersione. Un tempo che può variare da pochi minuti ad alcune ore. Infine gli aggressivi chimici possono essere distinti in base agli effetti che producono (irritanti, vescicanti, asfissianti, ecc.).
Volendo, si possono considerare armi chimiche anche quelle utilizzabili non sul nemico, ma sulle proprie truppe per vincere la paura prima dell’attacco. Tra queste vi sono gli eccitanti psichici disinibitori, quali l’alcol, la cocaina, le anfetamine, l’ecstasy e diverse altre droghe.
Tra gli agenti asfissianti, i più micidiali sono i cosiddetti gas nervini, quelli probabilmente usati in Siria. Dal punto di vista chimico si tratta di composti organofosforati che devono la loro tossicità all’azione che esercitano sul sistema nervoso. Tra i principali gas nervini, ricordiamo il Ciclosarin, il Sarin, il Soman, il Tabun, il VX e il Novichok. Essi sono detti aggressivi sinaptici perché inibiscono un particolare enzima, fondamentale per la trasmissione degli impulsi all’interno del sistema nervoso e da questo verso i muscoli. La sua inibizione determina, già a bassissime dosi di gas nervini, una paralisi di tipo spastico dei muscoli dell’iride, del corpo ciliare, dei bronchi, del tratto gastrointestinale, della vescica, dei vasi sanguigni, delle ghiandole interne e sudorifere, e del muscolo cardiaco. A dosi maggiori, si determina perdita di coscienza, accompagnata da convulsioni, arresto circolatorio e respiratorio, paralisi e morte: il tutto avviene nell’arco di alcuni minuti. I sintomi tipici dell’intossicazione da gas nervini possono essere epistassi, fitte al torace, indebolimento della vista, restringimento delle pupille, eccessiva sudorazione, defecazione e minzione involontarie, contrazioni, convulsioni, barcollamento, mal di testa, sonnolenza e difficoltà respiratorie.
Non esistono purtroppo antidoti specifici contro i gas nervini. Solamente la somministrazione di atropina può limitarne gli effetti e talvolta può salvare la vita: ma solo se l’intossicazione blanda e se l’intervento è immediato.