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 2013  agosto 29 Giovedì calendario

NIENTE IMU SU PRIMA CASA E FABBRICATI AGRICOLI

L’Imu non c’è più. La tassa più controversa degli ultimi anni è andata in soffitta. Il Pdl, che ne aveva fatto una battaglia di bandiera, ha subito cantato vittoria, ma il presidente del consiglio Enrico letta, illustrando la misura in conferenza stampa, ha ricordato come il superamento di questa imposta fosse nel programma di tutti i partiti di governo.

Sta di fatto che nel consiglio die ministri di ieri, il prelievo è stato abolito, almeno nella formulazione attuale: si pagava in due rate annuali, una a giugno e una a dicembre e mentre quella di giugno era stata prima rinviata a settembre e poi soppressa, simile destino seguirà quella di dicembre. L’abolizione del prelievo verrà formalizzata con la legge di stabilità che il governo dovrà presentare entro il 15 ottobre.

Chi è esente e chi no L’abolizione dell’Imu riguarda, come previsto, la prima casa a meno che non si tratti di un immobile di particolare pregio (castelli, ville gentilizie, dimore storiche). Similmente non si pagherà sui terreni agricoli e sui manufatti ad uso agricolo. Si continuerà, invece, a pagare sulle seconde (e terze) case. Inoltre saranno esenti da imposta le case invendute. Un trattamento analogo avranno: le abitazioni di edilizia popolare, gli immobili di edilizia sociale e quelli adibiti a società no profit. Una soluzione si è trovata per i capannoni industriali i quali, data la metratura, erano gravati da imposte di decine di migliaia di euro. Letta ha parlato di un «meccanismo di deducibilità». Si tratterebbe di una deducibilità del 50%.

Le coperture L’Imu sulla prima casa produceva un gettito di circa 4 miliardi il quale, per l’anno in corso, sarà ripianato agendo su tre fattori: la continuazione della spending review, una tassazione sui giochi e - soprattutto - su un incremento di gettito Iva determinato dal pagamento dei debiti dello Stato che, nel 2013, arriveranno a 30 miliardi. In compenso tornerà (parzialmente) l’Irpef sulle case sfitte e sui redditi dominicali dei terreni non affittati. Il ministro Saccomanni ha comunque spiegato che l’intera operazione si fa a saldi invariati, senza nuove tasse e senza intaccare il rapporto deficit/Pil che deve restare sotto il 3% (e nel nostro caso è ancora più vantaggioso).

Arriva la service tax Dal primo gennaio 2014 entrerà in vigore la «service tax», una imposta affidata ai singoli comuni, che consterà di due elementi, la gestione dei rifiuti urbani e la copertura dei servizi indivisibili, secondo la spiegazione fornita da Palazzo Chigi. La prima componente (Tari) sarà dovuta da chi occupa a qualunque titolo, locali o aree suscettibili di produrre rifiuti urbani. Le aliquote commisurate alla superficie, saranno parametrate dal comune con ampia flessibilità ma comunque nel rispetto del principio comunitario del «chi inquina paga» e in misura tale da garantire la copertura integrale del servizio. La seconda componente (Tasi) sarà a carico di chi occupa fabbricati. Il comune potrà scegliere come base imponibile o la superficie o la rendita catastale, e sarà a carico sia del proprietario che dell’occupante.

Il comune avrà adeguati margini di manovra, insomma, pur dovendosi muovere - com’è ovvio - nell’ambito dei limiti fissati dalla legge statale. L’autonomia nella fissazione delle aliquote sarà però comunque limitata verso l’alto per evitare di accrescere la capacità fiscale e quindi il carico sui contribuenti applicando aliquote massime complessive troppo onerose.

«Una partita di giro» Il leader della Cisl Raffaele Bonanni ha detto di temere che la nuova tassa sia una partita di giro attraverso al quale si fa rientrare alla finestra ciò che è uscito dalla porta. Letta ha chiarito questo concetto: «L’Imu non sarà reintrodotta attraverso la service tax, che non sarà un’Imu mascherata ma una forma di imposizione che i comuni possono usare secondo i meccanismi di responsabilità». Il gettito complessivo di Imu (prima casa) e Tares era di 5 miliardi circa, mentre quello della nuova tassa non dovrebbe superare i 3,5 miliardi. Aliquote permettendo, si capisce.