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 2013  agosto 27 Martedì calendario

SIRIA ED EGITTO COME LA LIBIA: ISLAMISTI CAMPIONI DI INGANNI

La fiducia è una cosa seria. Riservata alle persone serie. Il rischio in Siria è, invece, di schierarci con chi si fa beffe della nostra fiducia, della no­stra buona fede e della nostra disponibilità alla compassio­ne. Tutti temi in cui la Fratel­lanza musulmana, artefice della ribellione, ha una conso­lidata tradizione. Dalla Fratel­lanza musulmana nasce Ha­mas, l’organizzazione mae­stra nell’innescare le rappresa­glie israeliane e moltiplicarne poi il numero delle vittime. Al­la Fratellanza erano legati i mi­litanti di Bengasi trasformati in protetti della Nato grazie al­le «bufale» di Al Jazeera.
 Alla Fratellanza appartengo­no i militanti egiziani pronti a piangere centinaia di «fratel­li» caduti, ma anche a ospitare nei propri cortei - come docu­mentano le foto esclusive de Il Giornale - gli armati chiamati a sparare sui militari e a inne­scarne la reazione.
E Fratelli musulmani sono quei rivoltosi siriani puntua­lissimi nel denunciare un at­tacco con i gas perfettamente «sincronizzato» con l’arrivo a Damasco degli ispettori Onu chiamati ad indagare sulle ar­mi chimiche. 
Hamas e le resurrezioni di Jenin e Gaza 
Nell’aprile 2002 quattro mili­tanti di Hamas portano a spal­la una barella con un cadave­re coperto da una bandiera dell’organizzazione nata da una costola della Fratellanza Musulmana. Siamo a Jenin, la città dove per dieci giorni Israele ha stretto d’assedio i militanti palestinesi. D’im­provviso i quattro inciampa­no e barella e «defunto» frana­no a terra. A rialzarsi però non sono, come documenta­no le riprese di un drone israe­liano, solo i quattro barellie­ri, ma anche il «cadavere» prontissimo a risaltare nella lettiga. La mesta processione precipita nuovamente nel grottesco quando i quattro tornano ad inciampare e il «morto» torna a «rialzarsi» ter­rorizzando un gruppo di civili convinti di aver davanti uno zombie. La farsa inscenata da Hamas per moltiplicare i 54 caduti palestinesi dell’asse­dio di Jenin si ripete negli an­ni a venire. L’ultima rappresentazione va in scena a Gaza nel novembre 2012. Anche lì una presunta vittima delle bombe israeliane, un uomo in giacca beige e maglietta ne­ra trascinato dai soccorritori, riprende vita al termine delle immagini destinate alla Bbc. Poi si rialza, si guarda attorno e soddisfatto s’allontana. 
Le finte fossi comuni di Al Jazeera in Libia 
In Libia nel 2011 i video e le immagini fornite dai ribelli ad Al Jazeera e Al Arabya spingono le opinioni pubbliche occiden­tali ad appoggiare la richiesta di una «no fly zone» santificata dal voto dell’Onu e realizzata dalla Nato. I falsi storici con cui l’emittente del Qatar pre­para il terreno a un intervento militare «indispensabile» per fermare i «massacri» di Ghed­dafi sono due. Il primo nel feb­braio 2011 documenta un pre­sunto intervento dei Mig del Colonnello scesi in picchiata nelle strade della capitale per mitragliare i dimostranti. La notizia è palesemente falsa, ma l’Occidente se la beve co­me un caffelatte a colazione. Così, subito dopo, si ritrova servite le immagini di un cimi­ter­o spacciato per fossa comu­ne in cui verrebbero sepolti gli oppositori uccisi dalle milizie governative. Non è vero nien­te, ma intanto il Colonnello di­venta un mostro sanguinario. Un mostro da eliminare con l’aiuto di un Occidente obbli­gato a difendere i più deboli e chiamato ad instaurare liber­tà e democrazia. 
Egitto, i cortei armati dei Fratelli Musulmani 
Queste foto, parte di un dossier esclusivo fornito a Il Giornale , dimostrano come la reazione dell’esercito sia stata innescata dai militanti di Hamas armati di pistole e kalashnikov. I mili­tanti mascherati vengono man­dati a sparare contro le posta­zioni dei militari dopo essersi mescolati ai cortei di protesta della Fratellanza Musulmana. Gli uomini armati utilizzano i dimostranti come scudo inne­scando la reazione dei militari che causerà centinaia di vitti­me. La presenza dei militanti ar­mati cambia la dinamica di un massacro attribuito al cinismo di una cricca di generali pronta a tutto pur di costringere alla re­sa i sostenitori del deposto pre­sidente Morsi. 
Siria, il gas stermina i bimbi e risparmia i soccorritori 
Le immagini di Ghouta, la loca­lità dove il governo avrebbe usato i gas sono devastanti dal punto di vista emozionale, ma assai ambigue dal punto di vista documentale. La contraddi­zione più evidente è la mancan­za di protezioni da parte dei presunti sanitari arrivati a soc­correre le vittime. L’altra è la si­stematica plateale teatralità con cui i bambini deceduti ven­gono allineati davanti agli ob­biettivi. Ad Halabja nel marzo 1988 i gas di Saddam non fece­ro distinzione tra vittime e soc­corritori e sterminarono chiun­que non si fosse allontanato. A Ghouta nessuno fugge, non c’è un clima di panico e gli ospeda­li continuano a funzionare. L’impressione è di un attacco circostanziato e molto limita­to. E questo fa sorgere due gros­si interrogativi. Perché Assad avrebbe atteso due anni e mez­zo prima di usare i gas salvo poi impiegarli sotto gli occhi degli osservatori dell’Onu? E soprat­tutto perché incominciare da una zona dove il regime non è militarmente in difficoltà e do­ve non­viene sfruttato il vantag­gio tattico offerto dall’arma chi­mica per riconquistare il terri­torio e nascondere le prove?