Valerio Cattano, il Fatto Quotidiano 27/8/2013, 27 agosto 2013
SOCIAL, IL "MI PIACE" E’ UN AFFARE -
Volete aprire una pagina su Facebook sulla depressione che colpisce gli ortaggi ma avete timore di non ricevere alcun “mi piace”?. Non è un problema. Se avete a disposizione 30 dollari - circa 22 euro - tutto è risolto. Dato ormai per scontato che i social sono diventati unità di misura per segnare la popolarità di personaggi o argomenti – se sul tuo profilo hai migliaia di followers automaticamente diventi “uno che conta” – avere a disposizione un mercato di “mi piace” assume un significato. Un problema che i colossi dei social network si pongono al pari di come alzare le barriere contro i virus più insidiosi: la posizione di pagine e contenuti sul web dipendono proprio dal gradimento; sino a poco tempo fa i “mi piace” erano considerati genuini e spontanei (o quasi), scoprire di colpo che c’è una strada per forzare la mano può mettere in crisi il sistema.
Ad occuparsi del fenomeno di recente è stata una inchiesta di Channel 4 nella trasmissione Dispatches; i giornalisti inglesi si sono spinti sino in Bangladesh, trovando riscontri sul fatto che in quel Paese il “mi piace” è diventata una vera e propria industria nella quale sono coinvolte circa 20 mila persone. Per una paga di 12 dollari al mese il “personale” ha il compito non solo di creare falsi profili, ma tramite questi iniziare l’opera di gradimento on line, visitando i social più diffusi, ma anche Youtube, Google Plus, e tutte quelle piattaforme dove un pollice alzato segna la possibilità di aumentare il numero di coloro che diventano sostenitori. Per dimostrare la bontà della propria ricerca i giornalisti di Dispatches hanno creato una pagina Facebook sulle zucchine “trascurate”, e grazie a un pacchetto di 600 “mi piace” hanno avuto un riscontro immediato e pubblico sul fatto che le zucchine erano oggetto di interesse per il pubblico del social network. Il mercato nero delle preferenze esiste, e non è affatto sottobanco ma alla luce del sole: per citare una piattaforma ecco SocialKik : offerta, (almeno sino a ieri pomeriggio ) 1000 sostenitori per Twitter, 29 dollari.
PER AVERE una idea più precisa di quanto siano ricercati i pacchetti di voti favorevoli, la RSA, piattaforma che studia come proteggere sistemi informatici, ha diffuso dei dati secondo i quali mille follower su Instagram – il social dedicato alla fotografia diventato parte della famiglia di Facebook grazie ad un esborso di un miliardo di dollari - possono essere comprati per 15 dollari e mille “mi piace” per 30 dollari. Di contro, mille numeri di carte di credito costano nemmeno 6 dollari. Eppure, con quelle stringhe in teoria si potrebbero fare acquisti pazzi, mentre i “mi piace” soldi non ne portano; siamo sicuri che sia proprio così? Pensate a quanto i personaggi in vista o i responsabili di aziende siano disposti a pagare per dimostrare che quel tal profilo o una determinata campagna a favore di un prodotto o di una tematica sociale sia d’interesse, misurando l’attenzione de pubblico con il numero di “mi piace”. Una questione aperta; un portavoce di Facebook ha detto alla Reuters che la piattaforma è al lavoro per migliorare la sicurezza su Instagram; un social che vanta 130 milioni di utenti attivi non può far finta di nulla dinanzi alla fabbrica del “mi piace” a pagamento. La sfida è complessa poiché, secondo gli esperti, gruppi di hacker hanno di recente modificato il virus Zeus – un tempo utilizzato per rubare i dati delle carte di credito – per creare pacchetti sostanziosi di falsi sostenitori, pacchetti che valgono mille “mi piace”. La modifica di Zeus consiste proprio nella sua capacità, una volta che si è infiltrato, di pubblicare voti di gradimento fasulli sui social; insomma, il virus fa in modo che vengano tributati “mi piace” verso determinati account. Già un anno fa Facebook dal suo blog dedicato alla sicurezza aveva dichiarato tolleranza zero contro i falsi “mi piace” annunciando un software in grado di riconoscerli ed eliminarli. La guerra, evidentemente, non finirà tanto presto.