Stefano Semeraro, la Stampa 28/8/2013, 28 agosto 2013
LA “BATTAGLIA DEI SESSI” DECISA DA COSA NOSTRA
Per 40 anni l’hanno chiamata «battaglia», ma fu solo una stangata. Una farsa da baraccone, una combine, un sotterfugio. Il 20 settembre del 1973 all’Astrodrome di Houston, nel Texas, la suffragetta del tennis Billie Jean King battè 6-4, 6-3, 6-3 il 55enne Bobby Riggs nella «Battaglia dei sessi», il match più visto della storia del tennis: quasi 30 mila spettatori nello stadio, 30 milioni abbondanti di americani davanti alla tv. Un evento, il primo mattone di una lunga lotta per la parità.
Se Maria Sharapova oggi può contare sugli stessi montepremi di Roger Federer lo deve anche a quel risultato. Peccato che fosse truccato, come in molti hanno sempre sospettato e come oggi Hal Shaw, ex istruttore al Palma Ceia Golf di Tampa Bay, in Florida, ha finalmente spiattellato alla Espn. «Ero là la sera che Frank Ragano, Santo Trafficante jr e Carlos Marcello (avvocati di Cosa Nostra, ndr) incontrarono Riggs. Lui promise che avrebbe perso volontariamente il match, se la mafia gli avesse condonato 100 mila dollari di debiti di gioco». Perché parlare solo ora, a 40 anni di distanza, gli hanno chiesto. «Perché avevo paura», ha ammesso Shaw. «Ma ora la paura non c’è più».
Billie Jean aveva 30 anni, due mesi prima aveva fondato il sindacato delle giocatrici che ancora oggi regge il circuito mondiale. Era già una delle più grandi personalità nella storia del tennis, vincitrice di 12 tornei dello Slam, lesbica e paladina delle lotte contro ogni tipo di discriminazione, soprattutto del maschilismo nello sport. Bobby, invece, era un ex campione di 55 anni, famoso per la sua passione per le scommesse. Di ogni tipo. «Ricordo di quando ero piccolo – scrisse nella sua autobiografia genialmente intitolata “Tennis is my Racket” - e non facevo che pregare i miei fratelli di portarmi con loro alla partita di baseball a Los Angeles. Loro se ne vennero fuori con l’idea di farmi correre contro il ragazzino che viveva accanto a noi. Se avessi vinto, sarei andato con loro. Se avessi perso, mi avrebbero spedito a casa. Io corsi più forte che potevo».
La prima vera racchetta se la guadagnò strappandola, per scommessa, al cane di un pensionato, e quando negli Anni 30 iniziò a vincere davvero, all’ombra del suo grande rivale Donald Budge, la federazione americana fece di tutto per squalificarlo. Allora i dilettanti potevano incassare solo rimborsi spese, attorno a Riggs, invece, circolava un tipo losco: Jack Del Valle, che arrivava al Los Angeles Tennis Club su una Cadillac cromata e si piazzava in tribuna, sussurrando quote. Bobby vinceva e incassava. Riggs divenne amico di milionari come Edmund C. Lynch – sì, quello della Merrill-Lynch che lo ammiravano e gli procuravano lavori ben retribuiti ma vietati a un dilettante. Nel ’39 giocò per la prima e ultima volta a Wimbledon. Alla vigilia del torneo scommise 500 dollari un’enormità - su se stesso vincitore in singolare, doppio e doppio misto, un’impresa mai riuscita a nessuno. Lo davano sei a uno, ma ce la fece. Poi strinse la mano alla Regina Mary, ritirò dai bookmaker 108 mila dollari, un milione e mezzo di oggi, e li depositò in una banca della City per evitare guai con fisco e con la federazione yankee.
«Durante la battaglia d’Inghilterra sudai freddo: nessuno sperò come me che la Raf impedisse l’invasione tedesca». Dopo la guerra passò a ritirare il malloppo, con gli interessi. Una volta appesa la racchetta al chiodo si trasformò in (cinico) organizzatore. Alle tenniste che ingaggiava tagliava di nascosto le mutandine con un rasoio: «Quando sei davanti ai fotografi – disse una volta alla procace Gussie Moran - chinati un po’». Giocava anche ad handicap, contro tennisti della domenica di 30 anni più giovani di lui. Il suo repertorio era esilarante: poteva vincere un match vestito da donna e con quattro sedie sulla sua metà campo, con una valigia nella sinistra, indossando impermeabile e galosce, o anche trascinandosi un cane al guinzaglio. «Il difficile – spiegava - è quando il cane non è addomesticato».
Nel 1973 montò benissimo il suo colpo migliore, la «Battaglia dei Sessi». Prima convinse l’australiana Margaret Court a sfidarlo, liquidandola facilmente, poi nel match clou di Houston, con i bookmaker che lo davano favorito 5 a 2, si fece umiliare dalla King, di cui poi diventò a sorpresa amicissimo. «La storia della combine è falsa», ha commentato Billie Jean, oggi leggenda vivente del tennis americano, che le ha anche intitolato l’impianto dove si giocano gli Us Open. «Bobby non avrebbe mai perso di proposito quel match». Sarà. A New York Serena Williams, interrogata sulla possibilità di far rivivere la battaglia sfidando il campione di Wimbledon Andy Murray, ha tagliato corto: «Perderei 6-0 6-0 in 10 minuti». Chissà su chi scommetterebbe Riggs.