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 2013  agosto 27 Martedì calendario

APPUNTI PER GAZZETTA - SI PREPARA L’ATTACCO ALLA SIRIA


DAMASCO - Si attende la risposta unanime della Comunità internazionale sull’attacco in Siria. La Gran Bretagna di David Cameron è pronta e sta preparando i piani per l’intervento militare. L’uso delle armi chimiche "è completamente e assolutamente aberrante ma qualsiasi decisione deve essere presa rigorosamente in un ambito internazionale", ha detto il premier britannico che ha convocato il Parlamento per giovedì. Anche la Francia si dichiara "pronta a punire chi ha preso la decisione infame di usare il gas contro degli innocenti". Lo annuncia il presidente francese François Hollande, sottolineando che il "massacro chimico" in Siria "non può restare senza risposta".
Barack Obama però ha iniziato a muoversi. Le forze armate americane sono "pronte ad andare" se il presidente lo ordinasse, ha detto il segretario alla Difesa, Chuck Hagel. Una serie di attacchi limitati potrebbero essere lanciati "a partire da giovedì", ha detto alla Nbc una fonte dell’amministrazione Usa. "Tre giorni di raid" sarebbero limitati nell’obiettivo e mirati a mandare un messaggio al regime di Damasco. Obama non avrebbe ancora deciso, ma il portavoce della Casa Bianca, Jay Carney, ha annunciato che in settimana sarà diffusa una versione pubblica del rapporto di intelligence sull’uso delle armi chimiche in Siria.
E l’opposizione siriana ha già consegnato alle potenze occidentali una lista di possibili obiettivi per l’attacco. Se passasse troppo tempo Assad potrebbe attaccare di nuovo, ha spiegato il generale maggiore dell’Esercito libero dei ribelli Salim Idris, "e sterminare dalle 20 alle 30 mila persone".
"E’ già pronto un piano per un intervento militare in Siria", scrive oggi il Washington Post: "Dovrebbe avere portata e durata ben limitate". Per il Post si tratterebbe di "un attacco lampo, da condurre per non più di due giorni al massimo".
I bersagli. Nell’azione militare "sarebbero impiegati missili lanciati dalle navi americane già presenti nel mediterraneo". Circoscritti i bersagli da colpire, di "natura militare" ma "non necessariamente correlati agli arsenali chimici". Tre i fattori indispensabili per passare all’azione: "Completamento delle indagini degli ispettori dell’Onu sull’effettiva responsabilità di Assad nella strage del 21 agosto scorso a Damasco (VIDEO). Luce verde dagli alleati e dallo stesso congresso e infine determinazione di una ’valida giustificazione’ del blitz sulla base del diritto internazionale".
La Nato discuterà giovedì prossimo della situazione. La riunione si terrà a Bruxelles, nel quartiere generale dell’Alleanza atlantica. Mentre è stata rinviata a domani la seconda visita degli ispettori Onu al sito del presunto attacco con armi chimiche nei sobborghi orientali di Damasco.
Intanto, il rinvio del bilaterale Usa-Russia è stato commentato dalla diplomazia di Mosca come un "incoraggiamento all’intrasigenza armata dell’opposizione siriana, in previsione di un’interferenza militare esterna". Lo ha reso noto il portavoce del ministro degli esteri russo, Alexander Lukashevich. "Occorre attendere la relazione finale degli ispettori dell’Onu" ha detto. In ogni caso la Siria non sarà all’ordine del giorno del prossimo vertice G20 di San Pietroburgo - dove si incontreranno anche Putin e Obama - ma la situazione relativa a Damasco, potrebbe essere affrontata in riunioni bilaterali "a margine", ha detto lo sherpa del presidente russo, Xenia Yudaesva.
La Comunità internazionale. "L’attacco chimico su Damasco non può restare senza risposta" e la Francia è "pronta a punire chi ha preso la decisione di colpire col gas degli innocenti" ha affermato il presidente François Hollande, parlando in apertura della conferenza degli ambasciatori. Il titolare dell’Eliseo ha ribadito che ci sarà una risposta al "massacro" causato dall’attacco "chimico". La guerra in Siria, ha avvertito Hollande, "minaccia la pace nel mondo".
"Regno Unito e Italia convengono sul fatto che con l’uso massiccio di armi chimiche in Siria si è oltrepassato il punto di non ritorno" rende noto Palazzo Chigi riferendo di una telefonata tra i premier dei due Paesi. "Enrico Letta ha ribadito a David Cameron la ferma condanna" da parte dell’Italia dell’attacco con uso di armi chimiche "contro la popolazione civile siriana: crimine inaccettabile che non può essere tollerato dalla comunità internazionale".
In mattinata il ministro degli Esteri, Emma Bonino, parlando alle Commissioni Estere congiunte ha escluso che l’Italia possa "prendere parte a soluzioni militari al di fuori di un mandato del Consiglio di sicurezza dell’Onu". Inoltre, apprende l’Ansa da fonti governative, senza l’egida delle Nazioni Unite l’Italia non concederebbe l’uso delle basi per un’eventuale azione militare di altri Paesi in Siria anche se, precisano le fonti, non c’è stata richiesta, almeno finora. Secondo Bonino "si rafforza l’ipotesi che siano state le forze armate siriane a far uso di armi chimiche, sulla base di informazioni di intelligence condivise dai partner e di testimonianze di operatori sanitari". Per il ministro però "non c’è una soluzione militare al conflitto in Siria, si deve continuare ad operare con grande determinazione per una soluzione politica, che si chiami Ginevra 2, un negoziato per avviare una soluzione di lungo periodo in Siria e nell’intera regione". "Ribadisco - ha aggiunto - che l’Italia non intende fornire armi all’opposizione siriana".
La Germania è in stretto contatto con gli alleati per arrivare a un’azione internazionale contro la Siria. Lo ha detto oggi il ministro degli Esteri Guido Westerwelle. L’uso di armi chimiche è un "crimine contro la civiltà", se "dovesse essere confermato la Comunità internazionale deve agire", ha detto e la Germania "starà con coloro che ritengono giusto trarne le conseguenze". "Siamo in stretto contatto con i nostri partner e con l’Onu", ma non ha precisato se Berlino parteciperebbe a un intervento militare.
Il "crimine contro l’umanità" commesso in Siria non può restare senza una risposta. Questo è un test per la Comunità internazionale, ha detto il Ministro degli Esteri della Turchia.
Iran e Cina contro l’intervento militare. L’attacco alla siria, che Bashar al-Assad ha già detto sarà un nuovo Vietnam, spaventa anche Iran e Cina. Teheran ha avvertito le nazioni unite che un intervento militare contro Damasco avrà "pesanti conseguenze" non solo per la Siria e per l’intera regione. Il portavoce del ministero iraniano degli Affari Esteri, Abbas Araghchi ha messo in guardia direttamente il vice-segretario generale dell’Onu, Jeffrey Feltman. Il portavoce ha ribadito che esistono "delle prove" della responsabilità dei ribelli siriani nell’attacco e che sono state "presentate dalla russia al consiglio di sicurezza" dell’Onu. Ricordando la "situazione molto delicata" della regione, Araghchi ha detto di "sperare che i leader americani e di alcuni paesi europei si dimostrino sufficientemente saggi, in particolare senza l’autorizzazione del consiglio di sicurezza".
Per la Cina l’atteggiamento americano sulla Siria, in particolare l’apertura di Damasco agli ispettori e le conclusioni di Washington sulla responsabilità di Assad per gli attacchi chimici ancora non provata, è "retorica". E’ scritto in un lungo editoriale pubblicato dall’agenzia di stampa Nuova Cina, che non concepisce i "tamburi per il possibile intervento armato" da parte degli Usa e di quelli che definisce "suoi alleati".
Nuovi bombardamenti a Damasco. Sono ripresi subito dopo la partenza degli ispettori delle Nazioni Unite i bombardamenti lealisti sul sito alla periferia di Damasco, teatro mercoledì scorso del presunto attacco governativo con missili al gas nervino. A denunciarlo sono fonti dell’amministrazione Usa, secondo cui in questo modo il regime tenterebbe di distruggere ulteriormente ogni elemento residuo di prova del ricorso ad armi chimiche. Oggi gli esperti Onu dovrebbero eseguire un secondo sopralluogo.
Appello pacifisti italiani. Intanto, in Italia, è pronto un appello per la pace. Una dichiarazione contro l’intervento militare firmata, tra gli altri, da Stefano Rodotà, Maurizio Landini e Maso Notarianni.

RAMPINI SU REPUBBLICA
NEW YORK - Barack Obama è ormai pronto a lanciare l’attacco alla Siria. Il presidente manda avanti il suo segretario di Stato, John Kerry, con un discorso inequivocabile: nel tono e nei contenuti. Il tono è quello delle occasioni solenni, drammatiche.
Kerry ha il compito di preparare l’opinione pubblica americana, fin qui molto distratta (la prova sta nel 60% di contrari all’intervento militare, sondaggio Reuters/Ip sos del weekend). La durezza del linguaggio serve ad allertare l’America: siamo di fronte a una "oscenità morale", un crimine contro l’umanità, ma anche una violazione di tutte le norme internazionali che da decenni vietano l’uso di armi chimiche.
Per questo l’interesse vitale degli Stati Uniti è in gioco. Oltre che la credibilità di un presidente che parlò di "linea rossa da non varcare" (le armi chimiche) ormai un anno fa. La reazione di Mosca non si fa attendere, e anche dalla durezza dei toni russi ("dall’intervento ci saranno conseguenze gravissime") si capisce che Vladimir Putin non si fa più illusioni.
Rischia di saltare tutta l’agenda del vertice G20, inprogramma tra una settimana a San Pietroburgo. Nel febbrile conto alla rovescia, molti a Washington si chiedono se Obama vorrà aspettare il G20 e fare un ultimo tentativo - senza illudersi affatto - di ottenere una neutralità russa. Oppure se i tempi stanno precipitando e il G20 si aprirà con l’intervento militare in corso. Sarebbe un summit di fuoco, a casa del più potente alleato della Siria.
Sui contenuti la svolta di Kerry è questa: l’America non aspetta più i risultati dell’ispezione Onu. Assad ha avuto tutto il tempo di far sparire le prove, in quei 5 lunghissimi giorni durante i quali ha negato l’accesso agli ispettori Onu e al tempo stesso la sua artiglieria ha continuato a bombardare le stesse zone già martoriate dall’attacco chimico.
"C’è una ragione molto chiara - spiega Kerry - per cui Obama avvisò Assad che una violazione delle leggi sulle armi chimiche avrebbe avuto conseguenze. È la stessa ragione per cui quelle armi furono messe al bando dal mondo civile molto tempo fa, con l’accordo di nazioni che su poche altre cose sono d’accordo " (allusione alla Russia).
Dunque il presidente "prenderà una decisione informata" dopo avere concluso le consultazioni di molti leader internazionali. Ma "nessuno si illuda, ci saranno conseguenze". Obama esamina nei dettagli la lista dei possibili bersagli perun attacco missilistico. Sul tavolo del presidente dallo scorso weekend ci sono i principali arsenali di armi chimiche di Assad, e altri obiettivi militari da colpire.
Per quanto riguarda la legittimazione internazionale, scontando che fallirà il tentativo di ottenere una risoluzione Onu (sicuramente bloccata dal veto di Putin) Obama può cercarla con due altri organismi internazionali: da una parte la Nato, dall’altra la Lega araba.
Per quanto riguarda la Nato come "seconda opzione" in mancanza di una risoluzione Onu, il precedente è il Ksovo nel 1999 (primo test del "dovere d’ingerenza umanitaria"). Nel mondo arabo, decisivo è il ruolo del principe saudita Bandar, eminenza grigia di una potente coalizione anti-Assad che ha la sua cabina di regìa a Ryad.
Ma non chiamatela "guerra". Bensì "colpo". La distinzione la traccia il presidente del Council of Foreign Relations, Richard Haass, e prepara il terreno alla giustificazione che Obama potrebbe dare: non si tratta di iniziare un intervento militare per deporre Assad ma di "castigarlo" con un colpo mirato.
Una serie di lanci missilistici, con missili di crociera Tomahawk in dotazione ai quattro incrociatori della Sesta Flotta che la U. S. Navy ha dispiegato nel Mediterraneo al largo delle coste siriane. Più eventuali lanci da cacciabombardieri pronti a decollare da varie basi "in Europa e in Medio Oriente".
Un’azione che infligga danni seri ad Assad, ma non l’inizio di un conflitto vero e proprio. Qui il precedente è del 1986: il bombardamento aereo ordinato da Ronald Reagan sulla Libia, per punire Gheddafi di alcuni attentati terroristici (in particolare la bomba esplosa in una discoteca a Berlino), nonché delle sue intenzioni di costruirsi armi nucleari. L’attacco aereo, in codice Operazione El Dorado Canyon, fece 40 morti in Libia ma fallì nell’obiettivo di uccidere lo stesso Gheddafi.
Haass sottolinea che "è importante distinguere tra una risposta all’uso di armi chimiche, e un intervento vero e proprio nel conflitto siriano". Sempre il presidente del Council of Foreign Affairs sottolinea che Obama non può più sottrarsi ad un colpo, sia pure limitato: "Un presidente degli Stati Uniti non può annunciare la linea rossa, e poi non fare nulla contro chi l’ha varcata. La sua credibilità è in gioco anche verso altri attori, come l’Iran".
(27 agosto 2013)

BORSA
MILANO - La situazione in Siria si fa sempre più tesa dopo l’annuncio degli Stati Uniti: "Assad pagherà". L’amministrazione di Barack Obama - per bocca del segretario di Stato John Kerry - ha fatto sapere che il "mondo è sconvolto", ormai sono pochi i dubbi sul fatto che il regime di Damasco abbia utilizzato armi chimiche e gli stessi ispettori dell’Onu sono stati vittima di un agguato. Per Londra ci sono piani d’intervento pronti a scattare in dieci giorni.
L’instabilità mediorientale spaventa gli investitori, esasperando il clima di volatilità già dettato dal timore per il "tapering", lo stop alla politica monetaria ultraespansiva della Fed, con immediate ripercussioni da Tokyo a Wall Street. Anche in Europa i mercati chiudono una giornata negativa, con i prezzi delle materie prime sotto pressione. Non è servita a invertire la rotta la buona notizia proveniente dalla Germania, dove l’indice Ifo che traccia la fiducia delle imprese è salito ad agosto oltre le attese - per il quarto mese - a 107,5 punti. Nonostante la ripresa della locomotiva Ue sia alle porte, Francoforte chiude in rosso del 2,28%, Parigi del 2,42%. Londra - ieri chiusa - termina gli scambi con un calo dello 0,79%. Pagano caro anche i mercati del Golfo, con Dubai che ha ceduto il 7% e il Kuwait il 6,05%. Il più grande mercato azionario del mondo arabo, l’Arabia Saudita, ha perso più del 4%.
Il Ftse Mib - reduce da un calo di oltre due punti - ha limato un ulteriore 2,34%, appesantito dal comparto bancario con Intesa Sanpaolo e Unicredit tra le peggiori. Passa in terreno negativo dopo un buon avvio anche Mediaset, reduce dal tracollo di ieri che è costato al Cavaliere 150 milioni. A Piazza Affari si guarda alle semestrali, in particolare a quelle delle Popolari. Ubi Banca ha girato in rosso dopo un buon avvio e l’annuncio di un calo del 67% dell’utile a quota 52,9 milioni, comunque sopra le attese; poi tocca a Bpm e Banco Popolare. Mps resiste all’ondata di vendite, ma dalla Fondazione si leva una nuova fumata nera sul rinnovo dei vertici.
In Italia resta alta anche la preoccupazione per i destini del governo dopo l’approvazione del pacchetto sulla Pa, ma in vista della battaglia sull’Imu e soprattutto sul destino politico/giudiziario di Silvio Berlusconi. Lo spread tra Btp e Bund sfiora 260 punti, per un rendimento del decennale italiano del 4,44%. Ormai il gap con i Bonos spagnoli è quasi colmato, visto che il loro spread verso la Germania è a 261 punti. In questo clima il Tesoro è tornato alle emissioni con Ctz e Btpei, prime prove del fuoco sui mercati in vista dell’asta di Btp a cinque e dieci anni di giovedì. Nel caso dei Ctz, ne sono stati assegnati 2,98 miliardi (poco meno dei 3 indicati come massimo) con un rendimento in leggera risalita all’1,87% (dall’1,85%), al top da giugno. La domanda è stata di 4,3 miliardi, per un rapporto di copertura in diminuzione all’1,46. In calo invece il rendimento sul miliardo di Btpei piazzati, sia sui 5 che sui 15 anni di scadenza. La Spagna ha intanto venduto un miliardo di euro di titoli trimestrali e 3,06 miliardi di titoli a nove mesi. I tassi sono risultati più bassi, rispettivamente a 0,155% (da 0,442% di luglio) e a 1,089% da 1,152%.
Le parole di Kerry sulla Siria già ieri avevano depresso Wall Street e la seduta odierna è su quella falsariga: alla chiusura dei mercati europei il Dow Jones si muove in ribasso dello 0,65%, lo S&P 500 cede l’1% e il Nasdaq l’1,2%. Ritraccia Facebook, reduce dal suo massimo storico che l’ha proiettata oltre 100 miliardi di valore. Intanto - non ancora esaurito e definito il caso del "tapering" - si profila già il nuovo tormentone americano: il Tesoro ha fatto sapere che il tetto al debito Usa verrà raggiunto a metà ottobre e la politica deve darsi una mossa per trovare soluzioni. Sul fronte macro, invece, l’indice Case-Shiller sui valori immobiliari nelle 20 maggiori città è cresciuto al 12,1 per cento a giugno, in linea con le attese ma sotto il dato di maggio. E’ salita, seppur di poco, la fiducia dei consumatori americani: ad agosto l’indice si è attestato a quota 81,5 contro 81 di luglio.
L’euro chiude in lieve rialzo poco sotto quota 1,34 dollari. La moneta unica passa di mano a 1,3390 dollari dopo aver toccato un massimo di 1,3397. Le voci di guerra in Siria spingono invece in rialzo il petrolio: nei primi scambi a New York, il Wti viaggia in rialzo di circa 2 punti percentuali rispetto alla chiusura precedente e tratta a 108,10 dollari al barile. Risale, dopo il calo in Asia, la quotazione dell’oro: il metallo spot passa di mano in area 1.420 dollari l’oncia, anch’esso in rialzo del 2%.
La Borsa di Tokyo ha chiuso in rosso: il Nikkei ha perso lo 0,69% a 13.542 punti, mentre il piu’ ampio indice Topix è arretrato dello 0,52% a 1.134 punti. L’attività è stata, comunque, ancora debole con 1,71 miliardi di azioni scambiate.

CORRIERE.IT
La crisi siriana sta spingendo le varie diplomazie internazionali a schierarsi, spronate dalle dure parole del segretario di Stato John Kerry nei confronti del regime di Assad. Da Londra e Stati Uniti, ma anche da Francia, arrivano segnali di un imminente attacco occidentale alla Siria.
PRONTI ALLA GUERRA - Una indiscrezione della Nbc ha accelerato le diplomazie: «Da giovedì tre giorni di attacco alla Siria», rivela l’emittente. Una informazione non confermata però dal presidente Obama che sta prendendo del tempo per vagliare le varie opzioni, «non soltanto quelle che includono l’uso della forza». Sempre la Casa Bianca conferma quello che era stato anticipato da varie agenzie di stampa secondo cui entro una settimana gli 007 statunitensi sarebbe pronti a diffondere un dossier che proverebbe l’utilizzo di armi chimiche nell’attacco del 21 agosto nella periferia di Damasco. L’America è in prima linea, ma solo per riportare l’ordine: «Le opzioni che stiamo considerando non riguardando un cambiamento di regime», ha spiegato il portavoce della Casa Bianca Jay Carney. Gli Stati Uniti e altri 188 altri Paesi, ha aggiunto, sono firmatari di una convenzione sull’uso di armi chimiche che si oppone a questo tipo di dispositivi e questi Paesi hanno interesse a garantire che le norme internazionali vengano rispettate. Alla violazione di queste norme, ha proseguito il portavoce, ci deve essere una risposta. Secondo Carney, il cambiamento di leadership in Siria deve avvenire attraverso una negoziazione politica. Quasi tutti i paesi sarebbero ormai convinti della colpevolezza del regime siriano per il massacro compiuto soprattutto ai danni di bambini. Un’ultima verifica, però, la chiede l’Onu: «Se qualche stato membro ha informazioni al riguardo deve condividerle con la missione Onu che in Siria» sta cercando di verificare proprio l’eventuale utilizzo di armi chimiche da ambo le parti.
SCACCHIERE INTERNAZIONALE - Dall’Europa le prime risposte agli Stati Uniti. «Le forze armate britanniche stanno mettendo a punto un piano di emergenza nell’eventualità di una risposta militare al presunto attacco chimico in Siria», ha spiegato da Downing Street il presidente Cameron condannando la strage operata con le armi chimiche, «un attacco che non implica però l’essere coinvolti in un conflitto in Medio Oriente». La stessa condanna arriva anche dall’Italia dopo un confronto telefonico tra Letta e Cameron. La Farnesina prova a tenere la situazione a debita distanza per il momento, assicurando un aiuto italiano, ma solo accanto all’Onu: «L’Italia non prenderà parte a soluzioni militari al di fuori di un mandato del Consiglio di sicurezza dell’Onu», ha precisato il titolare del ministero Emma Bonino. E conferma: «Si rafforza l’ipotesi che siano state le forze armate siriane a far uso di armi chimiche: non c’è soluzione militare al conflitto siriano, bisogna andare nella direzione di una soluzione politica».
APPOGGIO A CATENA - Anche fonti diplomatiche, da Parigi, fanno sapere che la Francia non ha nessun dubbio sul fatto che un attacco chimico sia avvenuto in Siria e che sia stato sferrato dalle forze di Assad, aggiungendo che «è inaccettabile» e «la Francia non verrà meno alle sue responsabilità per rispondere». «Ho deciso - ha detto il presidente francese François Hollande - di accrescere il sostegno militare alla coalizione di opposizione siriana: il massacro di civili con gas non può restare senza risposta». Pare delinearsi, inoltre, la posizione della Casa Bianca: in una intervista alla Bbc, il segretario alla difesa statunitense, Chuck Hagel, ha dichiarato che le forze armate americane sono «pronte ad andare» se il presidente Barack Obama ordinasse un’azione in Siria. Iniziativa avallata da una indiscrezione della Nbc secondo cui gli Stati Uniti si starebbero preparando a diffondere un rapporto proprio su un attacco imminente, «tre giorni di raid a partire da giovedì». Logisticamente, poi, gli Usa avrebbero già chiesto alla Grecia, alleata della Nato, di concedere alle unità della marina e agli aerei dell’Air Force di transitare sul territorio ellenico e l’utilizzo di alcune basi militari. Ma il quadro non si chiude ancora senza il via libera del presidente Obama.
TURCHIA E LEGA ARABA - Tra i favorevoli ad un intervento militare (Usa, Gran Bretagna, Francia, Arabia Saudita) si aggiunge anche la Turchia che per bocca del ministro degli Esteri, Ahmet Davutoglu, ha definito un «crimine contro l’umanità» a cui va data «risposta» il presunto attacco lealista con armi chimiche del 21 agosto alla periferia est di Damasco, e ha ammonito che per la comunità internazionale si tratta di un «test» vero e proprio. Lunedì lo stesso ministro aveva affermato che la Turchia sarebbe pronta a unirsi a qualunque coalizione si formasse per intervenire militarmente in Siria contro il regime di Bashar al-Assad, anche qualora non fosse possibile raggiungere un ampio consenso al riguardo in sede di Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, e dunque persino in assenza di uno specifico mandato Onu.
ISRAELE - Sullo scacchiere internazionale arriva anche il monito del primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu. Israele avverte la Siria: nel caso di rappresaglie del regime di Damasco contro lo stato ebraico a seguito di un eventuale attacco missilistico a guida Usa, i militari risponderanno «con forza». Lo stato di Israele «è pronto per ogni scenario. Non siamo parte della guerra civile in Siria - ha concluso Netanyahu - ma se identifichiamo un qualunque tentativo di nuocerci, risponderemo con la forza».
LA NATO - La situazione in Siria, in Egitto e, più in generale, in tutto il Medio Oriente sarà mercoledì al centro della riunione settimanale della Nato. Gli ambasciatori dei 28 Paesi membri, a quanto si è appreso, faranno il punto della situazione alla luce degli ultimi sviluppi. Particolare attenzione sarà dedicata agli ultimi eventi in Siria, paese confinante con la Turchia che, in quanto membro Nato, ha ricevuto nei mesi scorsi alcune batterie di missili Patriot per difendersi da eventuali attacchi aerei.
GLI ITALIANI RAPITI - Il ministro degli esteri Emma Bonino, parlando della Siria, ha anche ricordato la situazione del giornalista Domenico Quirico e padre Paolo Dall’Oglio (entrambi rapiti in Siria) «non ho novità sostanziali, non ne ho neanche di cattive». Il capo della diplomazia italiana ha precisato che «i contatti continuano, alcuni più consistenti, altri più fragili», aggiungendo che «in questa situazione alcuni canali sono più aperti e altri meno».

ANTONIO FERRARI: ASSAD È INTELLIGENTE. PERCHÈ SAREBBE SENZA SENSO CALAMITARE REAZIONE MODNO MENTRE OPPOSIZIONE PARALIZZATO E REGIME RECUPERA TERRITORIO CON AIUTO HESB. PERCHE HA TARDATO? RISPOSTA: PERCHE PRIMA NON CONDIZIONI DI SICUREZZA. VIDEO IMPRESSIONAMNTI, MA INNATUALE POSIZIONE DI CADAVERI E NON SI VEDONO DONNE MA SOLO UOMINI E BAMBINI. PROBLEMA SIRIA DA DOVE E DA CHI SIA PARTITO BOMBARDAMENTO. INSENSIBILI VERSO PROFUGHI UN MILIONI DI BAMBI FUGGITYI IN GIORDANIA LIBANO TURCHIA E IRAQ.