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 2013  marzo 18 Lunedì calendario

Anno X – Quattrocentosessantasettesima settimanaDall’11 al 18 marzo 2013Parlamento Deputati e senatori si sono scelti i loro presidenti, Laura Boldrini alla Camera e Pietro Grasso al Senato

Anno X – Quattrocentosessantasettesima settimana
Dall’11 al 18 marzo 2013

Parlamento Deputati e senatori si sono scelti i loro presidenti, Laura Boldrini alla Camera e Pietro Grasso al Senato. La Boldrini è una bella signora marchigiana di quasi 52 anni, separata, una figlia grande di nome Anastasia. Ha passato la vita girando il mondo, prima in Venezuela, poi Yemen, Madagascar, Tagikistan, Perù, Pakistan, Afghanistan eccetera, quando Vendola l’ha chiamata per candidarla in Parlamento, dove è entrata per la prima volta, stava in Grecia. In questi giri, s’è sempre occupata, con un certo cipiglio e persino un filo di arroganza, di poveri, migranti, disperati, comunque finendo portavoce dell’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati, da dove ha avversato le politiche di respingimento di Maroni e dei leghisti con tutte le sue forze, ma senza risultati pratici perché quel posto forse non conta effettivamente niente (così Ignazio La Russa), tuttavia le ha dato notorietà, visibilità e alla fine la Camera e la sua presidenza. Pietro Grasso, presidente del Senato, è stato procuratore antimafia e capo della procura di Palermo, fortemente avversato da Caselli e Ingroia, col quale ha bisticciato a colpi di dichiarazioni anche in occasione dell’infelice candidatura di costui. Lo si definisce erede di Falcone e ha comunque ben meritato nella lotta alla criminalità organizzata, dunque anche il suo è, in un certo senso, un nome che non si può discutere. Originario di Agrigento, ma figlio adottivo di Palermo, 68 anni compiuti lo scorso 1° gennaio, buon calciatore, da giovane ha giocato centrocampista nel Bacigalupo e ha avuto come allenatore Marcello Dell’Utri.

Bersani Bersani ha tirato fuori dal cilindro questi due nomi nella notte tra venerdì e sabato. Risultando impossibile qualunque intesa preventiva con chiunque, il segretario del Pd ha deciso di scartare le figure d’apparato (Franceschini alla Camera e la Finocchiaro al Senato) e di puntare su facce del tutto nuove e, soprattutto, non assegnabili a questa o quella corrente del centro-sinistra. Obiettivo: mettere in crisi quelli di Cinquestelle e costringerli a una scelta. I cinquestelle sono effettivamente andati in crisi al Senato perché qui, essendo da regolamento la scelta finale assegnata al ballotaggio dei due più votati al terzo scrutinio (Grasso contro Schifani), si trattava di seguire a occhi chiusi le indicazioni di Grillo, secondo il quale tutti i partiti sono uguali e l’unico voto possibile è la scheda bianca. Ma che accadrà – s’è chiesto il gruppo dei senatori 5S siciliani – se con la nostra scheda bianca permetteremo la vittoria di Schifani, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa, su Grasso, campione della magistratura che combatte la mafia? Dopo una tempestosissima riunione a porte sbarrate nell’aula della commissione Agricoltura, è accaduto così che una decina almeno di grillini abbiano disobbedito al grande capo di Genova e invece di votare scheda bianca abbiano scritto sulla scheda “Grasso”. Un tradimento, sanzionato da Grillo con la richiesta di dimissioni, che potrebbe preannunciare spostamenti importanti.

Governo Le manovre per la formazione del governo sono infatti ancora avvolte da una nebbia piuttosto fitta, dentro alla quale si intravedono al momento due sole possibilità: o Bersani riesce a mettere insieme una qualche maggioranza che gli dà la fiducia oppure si va alle elezioni nelle giornate del 30 giugno e del 1° luglio. Fermiamoci un momento su quest’ultima ipotesi. Ci puntano allo stesso modo sia Berlusconi che Bersani. L’idea di Berlusconi, al momento del tutto ininfluente nelle partite che contano, è che far passare troppo tempo prima delle prossime elezioni significa perdere lo slancio della campagna elettorale appena conclusa. Più tardi si vota e più difficile risulta vincere, oltre tutto la magistratura incalza, Cosentino, De Gregorio e Nespoli sono finiti in carcere la settimana scorsa (con il democratico Tedesco), le sentenze stanno arrivando, il bersaniano Migliavacca e importanti esponenti grillini hanno dichiarato che se la magistratura chiedesse al Parlamento il permesso di arrestare il Cav, loro voterebbero a favore e lo manderebbero in cella (quelli del Pdl hanno anche manifestato in Procura a Milano, poi, ricevuti da Napolitano, hanno strappato al presidente una dichiarazione in cui mentre si dice che nulla può il Quirinale sui processi in corso, si afferma anche che non si deve impedire a Berlusconi di far politica. Il presidente persegue un suo sogno di grande intesa generale e ha carezzato il centrodestra per questo. Sempre per questo, quando Bersani gli ha telefonato, ha manifestato con una pausa troppo lunga un minimo di perplessità sul duo Boldrini-Grasso). Per Bersani, la convenienza di elezioni il 30 giugno-1 luglio si chiama “no-primarie”. Un voto tanto ravvicinato renderebbe impossibile per mancanza di tempo la presa d’atto della non-vittoria, la consultazione della base e la relativa promozione di Renzi. Al nuovo giro, Bersani si ripresenterebbe candidato premier con qualche speranza in più, secondo la sua analisi, di prender voti: il centro-destra di Monti è in pezzi, la tattica di Grillo che non porta da nessuna parte potrebbe dissuadere qualche supporter della prima ora, inoltre i grillini, come hanno ammesso loro stessi, pencolano vistosamente a sinistra, quindi una sia pur minima emorragia del loro serbatoio dovrebbe andare a vantaggio del Pd. C’è poi anche qualche speranza di formarlo, il governo. Certo Bersani, portando la Boldrini alla testa di Montecitorio, ha perso ogni speranza di appoggio della Lega (Maroni non vuole le elezioni e aveva fatto qualche promessa a Bersani pigliandosi da Bossi del «culo largo pronto a tutte le poltrone»). Ma potrebbe ancora imbarcare Monti, disperato di non poter mirare a nessuno scranno che conta (voleva dimettersi da presidente del Consiglio per prendersi almeno la presidenza del Senato, Napolitano lo ha dissuaso con affanno), e c’è infine l’incognita grillini. Alcuni di loro hanno disobbedito una prima volta su Grasso, come si comporterebbero davanti a un governo fatto di persone indiscutibili, scelte magari tra quelle che a loro piacciono di più? Genova, in definitiva, è tanto lontana da Roma…

Marò Lo scorso 23 febbraio, i due marò italiani detenuti in India erano venuti in Italia in licenza, concessa dalle autorità di quel paese in cambio dell’impegno a farli rientrare il 22 marzo. Lunedì 11 marzo il governo italiano ha invece deciso di non farli tornare e di sollevare sul punto «una controversia internazionale tra i due Stati» (così il nostro ministero degli Esteri). Gli indiani hanno reagito con una certa durezza: al nostro ambasciatore laggiù, Daniele Mancini, è stato vietato di lasciare il Paese, la rappresentanza indiana a Roma verrà ridotta, sono possibili ritorsioni economiche, oltre tutto l’India è stata tirata in mezzo dai nostri magistrati per la questione delle tangenti Finmeccanica.

Bulgari Grazie a società fittizie create ad arte in Olanda e Irlanda, il gruppo Bulgari è riuscito – secondo il nostro fisco - a sfuggire alla tassazione italiana. Secondo la polizia tributaria ha omesso di dichiarare (tra il 2006 e il 2011) tre miliardi di ricavi ed evaso così imposte per 46 milioni. Giovedì 14 marzo è scattato un provvedimento di sequestro preventivo di beni immobili e conti correnti: cinque immobili a Roma, tra cui due appartamenti nella storica sede in via Condotti, e un immobile ai Parioli, per un valore catastale complessivo di 6,7 milioni, più conti correnti, obbligazioni e contratti assicurativi per altri 40 milioni circa. Gli inquirenti hanno trovato un documento, redatto dai vertici della società, intitolato “Escape Strategy” che spiega la strategia per mettere in atto l’evasione.