Lettera43 27/8/2013, 27 agosto 2013
QUANDO LA GUERRA È CHIMICA
Nella Prima Guerra Mondiale i tedeschi utilizzarono il gas di cloro per neutralizzare le truppe francesi, canadesi e algerine. L’Italia fascista si servì, un decennio più tardi, di fosgene e iprite per reprimere i ribelli libici. Nel secondo conflitto mondiale furono i giapponesi a usare iprite e lewisite contro i cinesi, mentre i nazisti impiegarono gli agenti nervini tabun, sarin e soman.
Nuove sostanze tossiche furono sviluppate dall’Unione Sovietica e dagli Stati Uniti negli anni della Guerra Fredda. Mentre tracce di iprite, tabun e sarin furono rinvenute nei villaggi distrutti dalla guerra tra Iran e Iraq negli Anni ’80.
Nonostante gli sforzi compiuti in sede diplomatica sin dal 1874, quando la Dichiarazione di Bruxelles proibì «l’uso di veleni» in guerra, le armi chimiche hanno fatto capolino in tutti i più sanguinosi conflitti dell’ultimo secolo. E ora rischiano di essere alla base di un nuovo scontro globale con epicentro in Siria.
Le armi chimiche vengono classificate in base agli effetti che la singola sostanza può avere sull’individuo esposto. Le più pericolose sono quelle che agiscono sul sistema nervoso, i cosiddetti gas nervini. Provocando un blocco del sistema nervoso e di conseguenza la paralisi di tutti i muscoli, portano generalmente a una morte per soffocamento. Il gas nervino più diffuso è il sarin (del suo utilizzo è sospettato proprio il regime di Bashar al Assad): inodore e incolore, evapora a basse temperature e può quindi essere disperso facilmente nell’ambiente.
Letali sono anche gli agenti asfissianti come il gas di cloro e il fosgene (che alterano il funzionamento dell’apparato respiratorio) e quelli vescicanti come l’iprite e la lewisite (che provocano ferite e piaghe sulla pelle).
Altamente rischiosi sono gli agenti del sangue (come l’acido cianitrico) che, sostituendosi all’ossigeno trasportato nel sangue dall’emoglobina, impediscono l’ossigenazione dell’organismo. Mentre generalmente non letali sono quelli incapacitanti, che causano allucinazioni e confusione mentale.
Utilizzate fin dall’antichità, le armi chimiche vennero impiegate in maniera strategica (e non nell’ambito di iniziative individuali) solo a partire dalla Prima Guerra Mondiale. A servirsene per decimare le truppe nemiche furono in principio gli eserciti di Francia e Germania, soliti ad armare le granate con cloro e fosgene. Una pratica che causò la morte di quasi 100 mila persone e la menomazione di un altro milione.
Nella Seconda Guerra Mondiale, le armi chimiche furono utilizzate, oltre che in battaglia (da Giappone e Germania in primis), anche nei campi di concentramento, con i nazisti che misero a punto un insetticida a base di cianuro, lo Zyklon B, per sterminare ebrei, gitani e omosessuali nelle camere a gas.
Vent’anni più tardi fu la volta degli Stati Uniti, in Vietnam: un erbicida denominato Agente Arancio, ufficialmente utilizzato per rimuovere le foglie degli alberi e stanare i Vietcong, causò bruciature e modifiche genetiche ereditarie ai civili.
Poi venne l’Iraq di Saddam Hussein e lo sterminio di Halabja, dove nel 1988 - a causa del gas al cianuro - morirono circa 5 mila civili curdi. Un altro gas (il sarin) e un altro dittatore (Assad) stanno ora scrivendo la storia di un nuovo sterminio. E di una nuova, possibile guerra.