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 2013  agosto 27 Martedì calendario

CAIROLI: «DAL CAMPER AI MONDIALI. ORA VOGLIO BATTERE ROSSI»

Il settimo titolo mondiale è arrivato nel fango del Wessex, umida campagna inglese a due passi da quella cattedrale di Winchester dove incoronavano i primi reali inglesi e forse non è un caso. Perché Tony Cairoli è il sovrano assoluto della MX1, l’università del motocross. Da cinque anni domina la categoria, trionfando su qualsiasi pista: pietrisco portoghese o deserto messicano, tundra scandinava o pantani lettoni per lui fa lo stesso. Sempre le ruote davanti agli altri, roba che nemmeno Valentino, oppure Agostini. Infatti ora li insegue nella classifica delle corone dei motori: nove per Rossi e Carlo Ubbiali, quindici “Ago”. Ma Tony ha 27 anni e un appetito formidabile. A Matterley Basin gli bastava arrivare undicesimo per chiudere con una tappa d’anticipo: lui prima ha vinto gara 1 e poi s’è arrabbiato di brutto perché in gara 2 un problema elettrico alla sua Ktm lo ha costretto a lasciar perdere. «Però voglio rifarmi nell’ultimo appuntamento del calendario, in Olanda».
È cominciato tutto a Patti, provincia di Messina.
«Mio padre sfidava gli amici in Lambretta, volevo imitarlo. Così sono salito in sella ad una moto. Avevo quattro anni, non sono più sceso. Quella moto aveva un numero di telaio, il 222. Il mio numero».
Primo titolo mondiale nel 2005. Con la MX2 e un polso rotto.
«Ma all’inizio della carriera è stata durissima. In Sicilia non ci sono piste, strutture, soldi. Con la famiglia giravamo l’Italia su di un camper mangiando panini. Che sacrifici. Ma è grazie a quelli, se oggi sono qui. La passione non basta. Questo è uno sport dove devi lavorare ogni giorno. E restare umile».
Ora Cairoli è per metà un romano di Campo de’ Fiori, si sente anche dall’accento. Però il resto dell’anno lo passa nella bruma di Lommel, Belgio.
«Laggiù ci sono le piste sabbiose, le migliori per allenarsi. Ma c’è anche la pioggia, quel grigio che non ti lascia mai. Il freddo che ti entra dentro. Che tristezza, a volte. Il segreto è non mollare. Mai. Perché poi i risultati arrivano: anche quest’anno c’erano mille avversari che mi davano la caccia, ma poi tutti – compreso il belga Desalle, l’ultimo ad arrendersi - hanno cominciato a commettere degli errori. Io no. Io non mi accontento, ecco il segreto».
Il campione del mondo di motocross guadagna bene?
«Abbastanza. Ma io corro solo perché mi piace, perché voglio vincere. La MX1 è un campionato seguito in tutto il mondo, sono battaglie su piste e in posti incredibili, con una media di trentamila spettatori. Gente vera. Questo è quello che mi interessa. I migliori piloti sono professionisti, però la maggior parte di loro per entrare in un team deve portare uno sponsor. Insomma, i soldi sono un’eventualità».
Dicono che per essere un campione completo, bisogna sfidare gli americani della Supercross.
«Sono due discipline completamente diverse. In Italia non ci sono piste come quelle Usa, quando mi sono formato come pilota era troppo tardi per andare in America. In Francia hanno percorsi del genere, e infatti molti ragazzini poi emigrano. Però c’è sempre tempo, per sfidare gli americani».
Ad esempio al Cross delle Nazioni di fine settembre, in Germania.
«Bella gara a squadre. Spero almeno questa volta di arrivare sul podio. Siamo messi abbastanza bene, io di sicuro darò tutto. Poi finalmente un po’ di riposo. A Roma, con Jill (la fidanzata, una bellissima modella
olandese, ndr)».
Domenica Valentino a Brno ha detto: «Cairoli fa onore agli italiani. È come me, quando vincevo tutto».
«Valentino è un amico, una bellissima persona. Lo ringrazio. A proposito, quanti titoli ha vinto? Nove? Agostini un po’ di più, mi sa che sarà dura superarlo. Ma posso provarci con Vale. Non vedo l’ora».

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CAIROLI NELLA LEGGENDA -
Missione compiuta per Antonio Cairoli che pur non avendo vinto il Gran Premio della Gran Bretagna, si è aggiudicato il titolo MX1 con una prova di anticipo. Il primo posto della manche iniziale gli è stato sufficiente per fregiarsi del suo settimo titolo Mondiale, diventando il pilota più titolato di sempre dietro al belga Stefan Everts (10 Mondiali vinti). Il 27enne messinese è andato vicino alla vittoria: nella prima manche invece di accontentarsi del secondo posto che gli avrebbe garantito il titolo, ha forzato il ritmo a tal punto da arrivare alle spalle dell’avversario di questo campionato Clement Desalle. Inventandosi una nuova traiettoria lo ha scavalcato rifilandogli oltre dieci secondi arrivando primo al traguardo, dove lo attendeva la tabella di campione del mondo. Nella seconda manche si è ritirato, perdendo quindi la possibilità di centrare la sesta doppietta stagionale.

Incontentabile
«Sono dispiaciuto di come è finita la giornata — ha commentato Tony — perché non avevo problemi di tenuta fisica e il mio passo era molto veloce. Purtroppo dopo il taglio del traguardo nella foga dei festeggiamenti ho aperto troppo a lungo l’acceleratore della mia moto e ho mandato in crisi il motore. Al via della seconda manche ho sentito che non rispondeva perfettamente. Dopo essere partito in testa a metà giro ho avuto i primi segni che qualcosa non andava, la moto aveva continuamente dei vuoti e ad un certo punto sono anche caduto. Ho ripreso portandomi da nono a quarto, ma poi i cali di potenza si sono fatti più ripetuti ed era diventato troppo rischioso specie nei salti, per cui ho preferito rientrare ai box».

Celebrazione
Come è stato l’arrivo al traguardo della prima manche? «Fantastico: il mio team, i miei parenti e la Ktm hanno organizzato tutto al meglio con le maglie celebrative e degli elmetti da centurione romano in ricordo dei sette Re di Roma». È stato un epilogo perfetto per una stagione alla grande. «È stata una delle mie migliori stagioni: sono quasi sempre andato sul podio nonostante i miei avversari fossero molto veloci. Ora sono pronto per pensare al prossimo titolo». C’è qualche differenza tra questa vittoria e le precedenti? «Ogni anno è una storia diversa. Trovo nuove motivazioni nel ricordo di mia madre Paola scomparsa nel settembre 2011, che mi ha sempre sostenuto». La ricetta di questo successo? «Tanti sacrifici, tanto allenamento sulla moto, l’attenzione ai particolari, una squadra che non mi ha mai fatto mancare niente».

La gara
La tappa inglese del Mondiale è andata a Desalle, che dopo il secondo posto in apertura ha vinto la seconda frazione precedendo il compagno di scuderia Kevin Strijbos e Evgeny Bobryshev (Honda). Settimo nella prima manche, David Philippaerts (Honda) si è ritirato nella successiva per una caduta. Nella MX2 prima vittoria in carriera per l’olandese Glenn Coldenhoff (KTM). Ottavo in apertura, Alex Lupino (Kawasaki) ha abbandonato la 2a manche per problemi meccanici.

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«Da quando ho iniziato a 4 anni fino ai 12-13 non c’è stato giorno che non sia salito in moto». Alla radice dei sette Mondiali vinti da Tony Cairoli (3 Yamaha, 4 Ktm) c’è una lunga storia d’amore con il motocross. Una relazione che si è concretizzata con un magnifico primo bacio, nel 2004, sulla pista di Namur (Belgio), l’università delle ruote tassellate: l’allora diciottenne salì sul gradino più alto del podio con un 2o e un 4o posto di manche. Era il primo segno della cura di Claudio De Carli che ha sgrezzato il talento del siciliano fino a farlo diventare uno dei piloti più forti di sempre.
Il primo Mondiale Il primo incontro con titolo Mondiale arriva il 4 settembre 2005 a Lierop (Olanda), dopo un lungo corteggiamento sotto forma di inseguimento al compianto australiano Andrew McFarlane: e pensare che il giorno prima di aggiudicarsi il titolo della MX2 Tony si era rotto lo scafoide. Beffato nel 2006 da Christophe Pourcel, il messinese ha concesso il bis iridato l’anno dopo, sempre in MX2: merito di un inizio fenomenale (vinti i primi cinque GP) che gli ha garantito il titolo in anticipo. Un trionfo festeggiato disputando sette giorni dopo il GP di Gran Bretagna in classe regina: che fosse forte lo si sapeva ma pochi credevano che si sarebbe aggiudicato il GP d’esordio in MX1, come invece ha fatto.
Infortunio e rinascita Fermato da un infortunio al ginocchio l’anno dopo, nel 2009 Cairoli è approdato nella classe regina dove non ha più sbagliato un colpo: campione subito nonostante qualche errore. Bis nel 2010, malgrado la scelta di utilizzare una moto con cilindrata ridotta (350) rispetto al limite consentito (le 450 dei rivali). Tris consecutivo nel 2011, un’annata iniziata e finita male: rottura del menisco al 10 GP e prematura scomparsa di mamma Paola a settembre. I festeggiamenti sono così slittati di un anno, al 60 Mondiale conquistato nonostante un doppio zero in Svezia: la certezza arrivò a Faenza in un tripudio di bandiere tricolori. Ieri il settimo sigillo, altro che crisi del settimo anno.
Giovanni Cortinovis