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 2013  agosto 27 Martedì calendario

ISRAELE E L’OMBRA DELL’IRAN

Anni fa, l’ex primo ministro israeliano Ehud Barak descrisse Israele — in un linguaggio politicamente scorretto — come una «villa» circondata dalla «giungla» (araba). Gli ultimi due anni non hanno fatto altro che confermare l’accuratezza di tale definizione, in un mondo arabo dove non si scorge neppure l’ombra di democrazia, tolleranza e liberalizzazione, ma appare, anzi, sempre più lacerato da sanguinose rivolte, guerre civili, controrivoluzioni e repressione.
Due anni dopo l’avvio della cosiddetta Primavera araba, la posizione di Israele nella regione è diventata, paradossalmente, molto più forte e molto più precaria. In qualche modo la Siria — precipitata in una spaventosa guerra civile — funge al contempo da protagonista e da cartina di tornasole e tutto dipenderà, nelle prossime settimane, se i Paesi confinanti, Libano, Israele e Giordania in primis, verranno risucchiati nel vortice delle sue turbolenze interne.
La Primavera araba ha cancellato completamente la minaccia strategica convenzionale contro Israele rappresentata dagli eserciti di Siria, Egitto e Iraq. Questi eserciti, i più grandi del mondo arabo, sono stati a tutti gli effetti neutralizzati. L’esercito siriano, con le sue sterminate schiere di carri armati, artiglieria, missili e armi chimiche, è impegnato nella guerra civile contro la maggioranza sunnita della popolazione e le sue milizie, in un conflitto di cui non si prevede né la fine né il vincitore. L’esercito iracheno, rimesso in piedi alla meglio dagli americani durante il decennio di occupazione del Paese, è alle prese con la mini guerra civile che oppone sunniti a sciiti e non è in grado di partecipare a breve termine a un’aggressione contro Israele (gli strateghi israeliani non dimenticano che l’Iraq inviò grossi contingenti di soldati per combattere nelle guerre arabo-israeliane del 1948, 1967 e 1973). E infine l’esercito egiziano oggi deve tenere a bada le turbolenze della rivoluzione, con una mini ribellione di jihadisti nella penisola del Sinai, sul confine con Israele, e la minaccia di una ben più grave insurrezione di tipo guerriglia/terrorismo all’interno stesso del Paese da parte dei Fratelli musulmani.
Al quadro si può aggiungere che il Libano, con la propria spaccatura tra sciiti e sunniti, si avvia anch’esso a una guerra civile, come conseguenza degli scontri settari in atto in Siria. I crescenti sollevamenti in Libano — ricordiamo le autobombe a sud di Beirut (zona sciita) e a Tripoli (zona sunnita) nelle ultime due settimane — sono alimentati dalla partecipazione attiva del governo nel conflitto siriano da parte sia delle forze armate che di Hezbollah, il principale partito sciita che opera come uno stato indipendente entro i confini del Libano. Per di più, l’intervento di Hezbollah — alcuni analisti affermano che quasi la metà delle sue truppe sono oggi operative in Siria — ha indebolito tremendamente la posizione del Libano nei confronti di Israele.
Nel frattempo, l’altro Paese confinante, la Giordania, è allo stremo per l’afflusso incessante di centinaia di migliaia di profughi che fuggono dai combattimenti in Siria, mentre il suo partito dei Fratelli musulmani ha perso gran parte della sua bellicosità anti israeliana per la repressione di cui è stata oggetto la sua organizzazione parallela in Egitto. Lo stesso dicasi, fino a un certo punto, per la filiale palestinese dei Fratelli musulmani, ovvero Hamas, che controlla la Striscia di Gaza.
Tuttavia, lo scompaginamento di Stati e governi e l’indebolimento degli eserciti attorno a Israele hanno creato non pochi vuoti di potere, e portato a un travaso di violenze lungo il confine con Libano, Siria ed Egitto. La scorsa settimana alcuni terroristi — o forse jihadisti sunniti che miravano a provocare ostilità tra Israele ed Hezbollah come mezzo per scalzare il governo di Assad in Siria — hanno scagliato una salva di missili Katyusha nel nord di Israele. L’assenza di truppe di Hezbollah, impegnate in Siria, ha probabilmente facilitato il compito ai jihadisti sunniti di allestire l’operazione dal sud del Libano, normalmente sotto il controllo di Hezbollah. Allo stesso tempo, come è spesso capitato nell’ultimo anno, colpi di mortaio lanciati dalla Siria hanno colpito le Alture del Golan, in territorio israeliano, mentre decine di civili e militari feriti nella guerra civile siriana sono arrivati in Israele per essere curati (gratuitamente) negli ospedali israeliani. Israele teme che la guerra civile possa causare ben più gravi ripercussioni, come un attacco diretto siriano contro Israele per sviare l’attenzione dalle operazioni del governo contro la sua stessa popolazione, oppure l’invio di armi sofisticate dalla Siria verso Hezbollah in Libano (postazioni antiaeree oppure sistemi missilistici terra-navi). Durante l’ultimo anno l’aviazione israeliana ha colpito ripetutamente convogli militari in territorio siriano che trasportavano questi missili, che si presumeva fossero destinati a Hezbollah. I siriani, fino ad oggi, hanno rinunciato a rappresaglie contro Israele, temendo un attacco aereo a tutto campo sulle proprie basi aeree e altri siti strategici, che potrebbe indebolire il regime di Assad e spianare la strada a una vittoria delle opposizioni nella guerra civile. La recente minaccia americana di attaccare la Siria per l’uso di armi chimiche o per colpire le basi missilistiche terra-terra – in reazione al presunto impiego di gas nervino — rischia anch’essa di trascinare Israele nel conflitto. I siriani, incapaci o non disposti a reagire al fuoco degli Stati Uniti, potrebbero scegliere di contrattaccare prendendo di mira bersagli israeliani.
Come se i problemi a nord di Israele non fossero sufficienti, il confine sud del Paese – il più tranquillo dopo la firma del trattato di pace tra Egitto e Israele nel 1979 – di recente si è ritrovato coinvolto nel conflitto come risultato della Primavera araba. La caduta di Mubarak e la successiva ascesa al Cairo del presidente Morsi, a capo del governo dei Fratelli musulmani, ha portato al rafforzamento del controllo islamista di grosse aree della penisola del Sinai e all’avvio delle operazioni dei jihadisti sia contro le forze egiziane nel Sinai che contro Israele. Un paio di settimane fa, alcuni missili lanciati dal Sinai hanno colpito il porto e centro balneare di Eilat, provocando un attacco israeliano all’interno del Sinai (in violazione della sovranità egiziana), per colpire un contingente missilistico jihadista. Se l’esercito egiziano — già pesantemente impegnato a controllare le strade delle città — si dimostra incapace di ostacolare le operazioni islamiste nel Sinai, Israele potrebbe sentirsi autorizzato a intervenire. Le aggressioni islamiste oltre confine rischiano perciò di invischiare Egitto e Israele in ostilità imbarazzanti.
Ma la preoccupazione principale di Israele resta il Nord, a motivo dell’alleanza tra Hezbollah, il regime di Assad sotto assedio e l’Iran islamista. Gli iraniani sciiti stanno facendo il possibile per puntellare Assad e vincere la guerra civile contro i ribelli sunniti, inviando persino contingenti delle guardie rivoluzionarie iraniane, che combattono a fianco dell’esercito di Assad. Quello che l’Iran (e pertanto anche Hezbollah, armato e finanziato dall’Iran) farà in reazione a un attacco americano contro Assad, o a future operazioni israeliane in Siria, è solo ipotizzabile.
Sullo sfondo di questa drammatica situazione si profila per di più la minaccia nucleare dell’Iran, che sarà in grado di disporre di armi atomiche nel 2014, secondo le stime dei servizi di intelligence occidentali, se il loro programma nucleare non verrà fermato per tempo. Il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, è convinto che le armi nucleari nelle mani degli ayatollah rappresentano una minaccia esistenziale allo Stato di Israele e ha giurato di inviare l’aviazione israeliana a bombardare i siti nucleari iraniani se le sanzioni internazionali o l’intervento americano non avranno effetto. La Primavera araba sembra aver distolto l’attenzione occidentale dalla minaccia iraniana — che cresce di giorno in giorno con il progressivo accumulo di uranio arricchito. Lo scontro tra Israele e Hezbollah, oppure tra Israele e la Siria, rischia di trasformarsi nel semplice anticipo — o nella causa scatenante indiretta — di un ben più vasto conflitto tra Israele e l’Iran.
Benny Morris
(Traduzione di Rita Baldassare )