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 2013  agosto 27 Martedì calendario

IL PRINCIPE FIGLIO DI UNA CONCUBINA UOMO CHIAVE DI RIAD CONTRO ASSAD

-Per molti saudi-watcher , gli analisti politici che tentano di penetrare i segreti del Regno più opaco del mondo, ora è lui l’uomo chiave a Riad. Soprattutto per la nuova strategia dell’Arabia che mira ad imporsi come prima potenza regionale in una fase di grandi sconvolgimenti dalla Siria all’Egitto e di aperta competizione con il vicino Qatar. Al principe Bandar bin Sultan Al Saud, 64 anni di cui un terzo trascorsi a Washington come ambasciatore, la famiglia reale guidata dall’anziano re Abdullah ha infatti affidato la missione più vitale: la lotta, diplomatica e non solo, contro il raìs di Damasco sostenuto dagli Ayatollah sciiti di Teheran, gli arcinemici di Riad. Come capo da un anno dell’Agenzia di intelligence saudita, versione locale della Cia con cui ha da sempre rapporti ottimi e ai massimi livelli, il principe Bandar negli scorsi mesi è stato segnalato più volte nelle basi segrete dell’opposizione anti Assad in Turchia al confine siriano, nei centri di addestramento dei ribelli in Giordania: intento a coordinare strategie e consegne di armi e di fondi, a convincere alleati riluttanti. Risalto pubblico hanno avuto invece le visite all’Eliseo e al Cremlino, gli incontri con Hollande e Putin per spingere il primo ad agire contro Damasco, il secondo almeno a togliere l’appoggio. E fonti americane concordano sul fatto che l’attuale ambasciatore in Usa, Adel Al Jubair, sia solo il braccio operativo: la mente è Bandar, conosciuto da tutti a Washington e ancora potentissimo. Ambasciatore sotto quattro presidenti Usa,è amico soprattutto dei Bush che lo considerano uno di famiglia. «Bandar Bush», lo chiama George senior.
«Nella famiglia reale è l’unico che capisce davvero gli Stati Uniti, parla un inglese perfetto, sa come muoversi tra lobby e poteri, compresi quelli più occulti», dice Andrew Hammond, autore di The Islamic Utopia — The Illusion of Reform in Saudi Arabia. «Il ministro degli Esteri Saud Al Faisal ha ormai un ruolo di facciata, la vera politica internazionale è Bandar a dirigerla, è lui che si occupa per conto del re dei due dossier principali, ovvero la lotta a Iran e Siria, e quella ai Fratelli musulmani, odiati dai sauditi che infatti hanno avuto un ruolo cruciale negli ultimi eventi in Egitto. Non ci sono certezze, ma non mi stupirei che Bandar in persona si sia occupato del caso Morsi: secondo molte voci tutto passa da lui».
E’ un ritorno sulle scene alla grande per il principe che dopo la fine del suo mandato in Usa nel 2005 era caduto in disgrazia presso il re, pare a causa di alcune dichiarazioni in tv sul fatto che l’11 settembre sarebbe stato evitabile. Ma Bandar, definito da chi lo conosce «charmante, entusiasta, astuto e instancabile», è ritenuto soprattutto un lottatore. Figlio (uno dei 32) del potentissimo e ricchissimo ministro della Difesa ed erede al trono Sultan bin Saud, scomparso nel 2011, Bandar aveva scontato nell’infanzia l’origine «plebea» della madre, una concubina 16enne dalla pelle scura che lui stesso definì in un’intervista «un misto di Madre Teresa e Margaret Thatcher, pia e dalla volontà di ferro». Per 11 anni era stato ignorato dal padre, ma le sue qualità erano poi emerse. Ammesso al «primo livello» dell’immensa famiglia reale, aveva studiato in accademie militari in Gran Bretagna, diventando pilota di caccia. Un grave incidente in volo nel 1977 lo aveva spinto verso gli Usa e alla diplomazia, diventando l’ambasciatore più introdotto alla Casa Bianca nelle varie amministrazioni (Reagan, Bush padre, Clinton, Bush figlio) e non solo. I media americani che ne hanno seguito la lunga carriera citano incontri regolari e amichevoli con i capi della Cia e con i segretari di Stato, che spesso chiedevano la sua intermediazione presso altri potenti della terra, da Saddam Hussein ai leader cinesi. Perfino l’israeliano Ehud Barak lo avrebbe utilizzato per far giungere un suo messaggio a Washington.
Tutto questo nella vita precedente. In quella attuale, tornato a Riad, Bandar bin Sultan è come tutto in Arabia lontano dai riflettori, avvolto da una coltre di discrezione che sconfina a volte nell’omertà. Ma non sufficiente a tenere nascosto il suo ruolo e la sua determinazione nel voler convincere il mondo (per primi gli americani) che il suo nemico è anche il loro. Che Assad va rimosso. Difficile dire se ci riuscirà, di certo il principe Bandar ci sta provando.
Cecilia Zecchinelli