Leonardo Martinelli, Il Fatto 2 aprile 2013, 2 aprile 2013
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Anche in Francia la recessione incombe, la disoccupazione sale (praticamente la stessa che in Italia e con la medesima progressione negli ultimi tempi)
Anche in Francia la recessione incombe, la disoccupazione sale (praticamente la stessa che in Italia e con la medesima progressione negli ultimi tempi). E tutte le inchieste sulla fiducia mostrano che i nostri cugini d’Oltralpe guardano al futuro con molta preoccupazione. Eppure i francesi continuano a fare figli. In controtendenza rispetto alla maggior parte degli altri Paesi, la crisi economica non sta provocando una frenata alla natalità, che in Francia si mantiene a livelli altissimi rispetto agli standard europei. Il perché va ricercato soprattutto in uno Stato sociale assai generoso nei confronti delle famiglie. E, se proprio in questo periodo François Hollande sta pensando di ridurre gli assegni familiari, il taglio in realtà riguarderà solo le famiglie più abbienti. Secondo gli ultimi dati, resi noti dall’Ined, l’Istituto nazionale di studi demografici, l’anno scorso è stato archiviato in Francia praticamente con lo stesso numero di nascite del 2011 (792mila contro 793mila). Insomma, il tasso di fecondità (il numero medio di figli per donna) si mantiene a quota due per donna, che è il massimo in Europa, a parte in Irlanda, dove nel 2011 si era a 2,05. Ma, come indicato dalla Commissione europea nell’ultimo numero della sua Rivista trimestrale, pubblicato il 26 marzo, dove si fa il punto sulla questione, l’Irlanda, a partire dal 2008, l’anno della crisi finaziaria e l’inizio di tutti i problemi successivi, ha visto calare progressivamente il tasso di fecondità medio, mentre in Francia, nel frattempo, l’indice è leggermente aumentato. “E’ un fenomeno sorprendente – commenta Gilles Pison, ricercatore presso l’Ined – con l’incertezza suscitata dalla crisi e l’aumento della disoccupazione, ci si sarebbe potuti aspettare un’indice in calo, come in gran parte dei Paesi sviluppati. E invece niente”. Fra l’altro, secondo Pison, se il numero medio di figli per donna non si è finora ridotto, ci sono molte possibilità che possa resistere a livelli così alti anche da ora in poi. Ma diamo uno sguardo altrove. Negli Stati Uniti il parametro si trovava a quota 2,12 nel 2007. Ma, a causa anche della crisi, è precipitato a 1,89 nel 2011. La situazione è simile nell’Unione europea, dove il tasso globale era di poco inferiore a 1,6 figli per donna nel 2011. Lo stesso anno l’Italia si trovava a quota 1,39 (contro 1,42 nel 2008). E così anche in Grecia (1,43), Spagna (1,36), Portogallo (1,35), ma perfino in Germania (1,36), dove l’economia, peraltro, funziona meglio che altrove. E, ovunque, il trend è al ribasso. Il tasso di fecondità in Spagna era di 1,23 figli per donna nel 2000. Risalito a 1,46 nel 2008, si è poi ridotto al livello attuale. D’altra parte in Grecia il numero di aborti è cresciuto del 50% nel 2011 (300mila). Mentre nel Portogallo il numero di nascite del 2012, circa 90mila, è il record negativo degli ultimi 60 anni. Si dirà che la Francia è stata colpita negli ultimi anni dalla crisi economica in misura meno forte rispetto ai Paesi del Sud Europa. Ma, visto il calo della fecondità addirittura in Germania, è un’altra la ragione principale del fenomeno. Ossia quel 3,5% del Pil, il Prodotto interno lordo, che Parigi consacra alla politica per le famiglie, record assoluto degli Stati più avanzati del mondo, quelli dell’Ocse. Adesso il presidente Hollande, alle prese con un deficit pubblico troppo alto, sta per tagliare gli assegni familiari che nel Paese (a differenza degli altri contributi per le coppie con figli) sono assegnati indifferentemente a tutti, senza considerare il livello dei salari, e in proporzione rispetto a questi. Hollande ha annunciato per aprile un nuovo sistema di calcolo che alleggerirà quelli delle famiglie più abbienti, generando un risparmio di due miliardi di euro all’anno per le casse pubbliche. Ma si tratta della quota di popolazione più ricca, che, bene o male, se desidera dei figli, continuerà a farli. Non dovrebbero esserci riflessi diretti sul tasso nazionale.