Chiara Beria Di Argentine, La Stampa 29/6/2013, 29 giugno 2013
BENEDETTA, DUE FIGLI E IL THINK-TANK DI LETTA
Che cosa non sopporta il super controllato Enrico Letta? «La prolissità. Se bisogna dirgli una cosa meglio farlo in 3 che in 15 minuti», risponde Benedetta Rizzo, presidente di veDrò, il think-tank bipartisan ideato nel 2005 dal futuro premier e organizzato per 9 anni dalla sua più stretta collaboratrice.
Figlia primogenita di Aldo Rizzo, firma storica della Stampa, laureata in Scienze politiche Benedetta, giovane signora da bei capelli rossi, è da anni un personaggio chiave nel mondo del presidente del Consiglio. Giovane ricercatrice a metà Anni 90 Rizzo conosce al CeSpi (Centro studi problemi internazionali) Letta, un suo coetaneo collaboratore in Arel di Beniamino Andreatta, europeista convinto, non ancora deputato. Da allora, passo dopo passo, senza mai prendere una tessera di partito e voglie di protagonismi, Rizzo è stata fedelmente e assai utilmente al fianco di Letta.
Ritratto, in estrema sintesi, che Benedetta fa del suo amico presidente: «Enrico è persona molto, molto seria. E’ molto preparato. Ha un approccio laico ai problemi. Ha vissuto a Strasburgo, quindi conosce benissimo il francese, parla inglese e un po’ di spagnolo. E, come si è visto al G8», ride, «è pure più alto di Obama!». Almeno un difetto? «E’ milanista», ammette da tifosa juventina. Da pochi giorni Rizzo è consigliere del presidente del Consiglio per l’Agenda Digitale. «Dovrò coordinare il lavoro del comitato di 3 esperti (gli altri sono Francesco Sacco e Luca De Biase) che affianca Francesco Caio, Mr Agenda Digitale. L’obiettivo? Valorizzare competenze e progetti già avviati cercando di comunicare l’impatto enorme che Agenda digitale ha sul contenimento della spesa pubblica, la creazione di nuovi posti di lavoro e la qualità di vita dei cittadini».
Rizzo che ha lavorato a Milano come responsabile affari istituzionali di 2.Net, l’azienda guidata da Marco Citelli, braccio destro del padre italiano di Internet, Elserino Piol, stava progettando una nuova esperienza nel settore privato. «Ma Enrico dopo aver incontrato Caio mi ha chiesto di affiancarlo. L’Agenda digitale riguarda moltissimi ministeri, un mondo che conosco bene».
1998, 1° governo D’Alema, Letta a soli 32 anni diventa ministro per le politiche comunitarie. «Parte così l’avventura. Ricordo un pranzo in cui ragionammo su chi far entrare in squadra. Alcuni sono ancora con lui. Un solo nome? Stefano Grassi oggi suo consigliere per gli Affari europei».
La superorganizzatrice Rizzo che, nel frattempo, aveva avuto 2 figli, Edoardo e Lodovica con Francesco Boccia (lato bipartisan-familiare: ora lui è il presidente Pd della commissione Bilancio ed è sposato a Nunzia De Girolamo, neoministro Pdl dell’Agricoltura ndr) è con Letta al ministero dell’Industria e, quando, nel 2006, 2° governo Prodi, lui diventa sottosegretario alla presidenza del Consiglio lei a palazzo Chigi è capo della sua segreteria.
«Sono grata a Enrico per avermi sempre coinvolta nelle sue esperienze istituzionali ma, soprattutto, gli devo la bellissima esperienza di veDrò». Uno spazio, nell’Italia spaccata a metà, per ragionare sul futuro: è l’intuizione di Letta e di suoi amici prof, da Filippo Andreatta a Massimo Bergami. Motore e anima dell’appuntamento di fine agosto nella centrale Fies di Dro («Nostro luogo totem») è Benedetta. Nel 2005 partecipano 300 persone, 970 nel 2012. Di anno in anno, Rizzo costruisce rapporti e un database di 4500 nomi. Sono i «veDroidi», da Letta ad Alfano in giù, ora protagonisti della rivoluzione dei quarantenni nei Palazzi romani. Effetto Letta. Visto il boom di richieste Rizzo ha annunciato che, questo agosto, veDrò salterà.
Missione compiuta? «Solo una pausa. Non siamo una lobby né il luogo dove sono nate le larghe intese», ribatte Rizzo. «veDrò è un mix di persone -scienziati, artisti, imprenditori più che politici- che nel Dna ha la voglia di confrontarsi senza tic ideologici. Enrico? E’ affezionato a veDrò ma per lui è sempre stata una zona franca dove distrarsi. Detto questo ho sempre pensato che, con la sua grande capacità di cogliere l’essenza dei problemi, sarebbe stata la persona giusta per tempi così difficili».