Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  giugno 28 Venerdì calendario

TASSE AUMENTATE E PIÙ DEBITI I DANNI DELLA RICETTA DI ENRICO

Anticipare i pagamenti (Ires, Irap, acconto Irpef) per consentire al governo di posticipare l’aumento dell’Iva. Il giochino delle tre carte (e delle tre tasse) rischia di trasformare in beffa anche un provvedimento utile (decreto lavoro), proprio per le imprese che dovrebbero assumere. Il costo stimato del rinvio a ottobre dell’aumento Iva è di 1.113 milioni e si è pensato bene di finanziarlo, per questo scampolo di 2013, (per quasi l’80%) pompando a dismisura gli acconti fiscali. In alcuni casi prendendo addirittura a prestito da contribuenti e correntisti dall’1 al 10% sulle eventuali tasse del 2014.
Le associazioni di categoria ancora non hanno potuto valutare il testo (né l’articolato predisposto dai sapientoni di via XX Settembre), però hanno annusato la fregatura. E cominciano a rumoreggiare. Anticipare il pagamento delle imposte vuol dire sborsare prima (entro il 2 dicembre visto che il 30 novembre, scadenza vera, cade di sabato), ma soprattutto pagare di più. E visto che di contante imprese, artigiani e professionisti ne vedono pochi di questi tempi, bisognerà chiedere al sistema bancario prestiti maggiori per pagare di più. Pagare prima e di più di imposte e pagare di più di interessi sul credito (sempre che si riesca ad ottenere i soldi).
Insomma, tirando le somme si tratta di un prestito forzoso (e anticipato) allo Stato, con il paradosso che gli interessi restano a carico di aziende e contribuenti. Proprio un’idea geniale, partorita in un momento di recessione per il sistema economico, di crollo dell’attività e ideato beffa delle beffe proprio nell’anno in cui lo Stato ha cominciato lentamente a pagare i propri debiti (stimati in oltre 120 miliardi).
Le «perplessità sulle coperture» che stanno fiorendo anche in Parlamento, ributtano la palla nel campo politico. Il governo ha garantito la copertura al provvedimento lavoro, ora se l’Aula vorrà cambiare dovrà individuare e suggerire diversa “copertura finanziaria”.
Passare dal 99 al 100% di acconto Irpef e Irap, potrebbe sembrare poca cosa. In pratica si anticipa il saldo a novembre (invece che nella primavera 2014), in alcuni casi, come per l’Ires (che passa dal 100% al 101%) i contribuenti dovranno calcolare l’acconto con le nuove percentuali del 100% per poi detrarre l’importo versato a giugno o luglio dell’anno successivo come prima rata.
Piccole percentuali che però se spalmate sulla platea dei contribuenti si trasformano in milioni sonanti. Quanti? Non è dato sapere con precisione perché a Palazzo Chigi la Relazione tecnica definitiva è un fantasma che si aggira ancora alla Ragioneria. Ci si può basare solo sui dati statistici fiscali ufficiali (quelli del ministero dell’Economia), per tentare di simulare quanto l’anticipo delle imposte peserà su imprese, professionisti e singoli contribuenti. Stando alle statistiche fiscali del Mef le imprese soggette all’Ires (Imposta sul reddito delle società), sono oltre un milione (reddito medio dichiarato 234mila euro). L’aumento medio in questo caso dovuto proprio dall’anticipo del saldo dovrebbe essere di ben 250 euro.
Molto più numerosa la platea dei contribuenti soggetti all’Irap (l’Imposta regionale sulle attività produttive), che drena quattrini a commercianti, artigiani, professionisti. Stando sempre a via XX Settembre sono quasi 5 milioni i soggetti fiscali che pagano l’imposta. E se le proiezioni (come quella elaborata dal Centro studi della Cgia di Mestre) verranno confermate dai calcoli del Tesoro, ogni soggetto mediamente pagherà oltre 450 euro di anticipo oltre alle normali imposte.
E poi c’è l’acconto Irpef 2013. In questo caso la platea dei contribuenti chiamati a saldare prima del tempo è ancora più estesa (oltre 7 milioni). L’acconto Irpef riguarderà poco più di 7,2 milioni di contribuenti. Vale a dire piccoli imprenditori, lavoratori autonomi, chi ha un reddito da partecipazione in una società, oppure chi percepisce un affitto, o ancora quei lavoratori dipendenti (o pensionati) che incassano altri redditi (come una collaborazione occasionale). Stando sempre ai calcoli spannometrici basati sulle statistiche fiscali questi soggetti dovranno sborsare 23 euro in più.
E tanto perché il nostro sistema bancario è in grande salute, il decreto prevede anche un aumento dell’acconto che gli istituti di credito sono tenuti a versare sulle ritenute sugli interessi e i redditi da capitale. E così l’acconto per il periodo d’imposta 2013 passa dal 100 al 110 per cento. Come dire: si pagano più tasse dell’anno precedente ipotizzando che i conti andranno meglio, salvo poi compensare nel 2014. Un po’ ottimistico (e bizzarro) come ragionamento, soprattutto in un momento recessivo.