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 2013  giugno 28 Venerdì calendario

LA SPIA CHE FACEVA BALLARE IL FOX TROT AL GRANDE TIMONIERE

Agente del Comintern e forse pure dell’NKVD, nata in Missouri nel 1892, ex compagna di Richard Sorge, nome in codice Ramsay, la più grande spia del secolo, nonché «amica del popolo cinese» e grande giornalista: doveva toccare a lei intervistare Mao Zedong e gli altri capi politici e militari comunisti nelle grotte di Yenan, dove l’armata contadina aveva trovato scampo dopo la Lunga marcia (12.000 chilometri, 80.000 morti, un anno di cammino). Ma al suo posto andò Edgar Snow, americano come lei, però di gran lunga meno radicale e, al suo confronto, un novellino anche come giornalista. Ciò la fece andare su tutte le furie. Era il 1936, e le sembrò d’aver mancato lo scoop della vita.
A tradire Agnes Smedley – di cui esce in questi giorni una bella e toccante biografia, L’ultimo ballo nella citta proibità, di Bamboo Hirst, Piemme 2013, pp. 406, 18,50 euro – fu Sun Chingling, sua vecchia amica, nonché vedova di Sun Yat Sen (fondatore e primo presidente nel 1911 della Repubblica cinese, poi amico dei comunisti) e cognata di Chiang Kai-shek (signore della guerra e capo del Kuomintang antibolscevico). Sun Chingling e la leadership comunista apprezzavano Smedley, che s’era stabilita in Cina alla fine degli Anni Venti e che – attiva militante antimperialista fin dal primo dopoguerra, quando veniva regolarmente arrestata per il suo sostegno a tutte le cause radicali – aveva abbracciato anche la causa della rivoluzione cinese. Sun Chingling e i capi maoisti non mancavano di servirsi di lei, commissionandole articoli e libri, affidandole ruoli di propagandista. Chu Teh, il generale rosso che portò a Yenan, zigzagando tra mille insidie, i 20.000 superstiti dell’esercito popolare, era un suo grande amico (fu lei a scriverne l’autobiografia: Chu Teh, La lunga marcia, Editori riuniti 1974, uno dei grandi libri sulla Cina della guerra civile, insieme a Stella rossa sulla Cina 
di Edgar Snow, Einaudi 1965, e a Viaggio in una guerra di W. Hugh Auden e Christopher Isherwood, delphi 007). Smedley conobbe bene anche lo stesso Mao, che da lei imparò a ballare il fox trot, ma che per mantenere la pace in famiglia dovette rifiutarle la tessera del partito quando lei, mettendo il dito tra moglie e marito, intervenne in difesa della sua giovane interprete, che la seconda moglie di Mao aveva beccato in compagnia del marito. Più che il dito, in realtà, Agnes mise il pugno: stese la signora Mao, che le aveva allungato una sberla chiamandola «sgualdrina», con un diretto al mento, in puro stile rissa da saloon. Smedley piaceva un po’ a tutti i capi maoisti (meno alle loro signore, che si sentivano minacciate, adesso che la poligamia era finita, dalle sue prediche pro libero amore). Però non se ne fidavano.

Figlia del popolo. Comunista, benché lo negasse, aveva la tendenza a ignorare la linea generale. Probabile spia russa, secondo quando dichiarò il suo ex compagno Richard Sorge dopo l’arresto, non le piacevano i russi (che nel 1940 avrebbero liquidato il rivoluzionario indiano Viren Chatto, un altro suo ex compagno) ed era abituata a dire quel che pensava, per esempio che l’alleanza, imposta dal Padre dei Popoli in persona, tra Mao e Chiang, tra i comunisti e i nazionalisti cinesi, era il più avventato e iniquo dei “governissimi”.
Figlia del popolo, anzi Daughter Of The Earth, figlia della terra, come diceva il titolo della sua autobiografia, che nel 1929 le aveva dato la celebrità, Smedley non stava dalla parte dei poveri e degli oppressi per sentirsi “parte dell’apparato” e nemmeno per avvertire, come si diceva negli ambienti radical chic newyorchesi, «un meraviglioso senso di appartenenza a un grande ordine segreto». Costretta a lavorare fin da bambina, orfana di madre, con un’istruzione sommaria e un padre alcolizzato e violento, Smedley era una rivoluzionaria per istinto. Prima che il maccartismo, con l’inizio della Guerra Fredda, cancellasse anche il ricordo del suo contributo al giornalismo americano e rubricasse la sua memoria alla voce “spie russe”, dove il suo nome si legge ancora, ma ormai a malapena, semicancellato dal grande censore, il tempo che passa, Smedley fu una scrittrice, una giornalista famosa e, soprattutto, una grande donna. Una donna dura.
Non le piacevano gli stalinisti, ma non le piacevano nemmeno i trotzkisti, con i quali ruppe ogni rapporto negli anni della grande purga. Tolse il saluto anche a un’amica della prima ora, l’anarchica Emma Goldman, che aveva conosciuto a Manhattan nel primo dopoguerra e di cui aveva preso le difese quand’era stata arrestata a Mosca dalla Ceka (l’autobiografia della Goldman, Vivendo la mia vita, La Salamandra 1980-1985, 3 voll., è un classico della memorialistica radicale americana). «Sono una vera democratica americana», scrisse una volta, «del marchio democratico originale: chiedo che la democrazia non sia solo a parole ma anche nei fatti». Isherwood e Auden, incontrandola a Hankow, nell’Hubei, nel corso del loro Viaggio in una guerra, scrissero che era «impossibile non amarla e rispettarla, così decisa, aspra e appassionata; così spietatamente critica nei confronti di chiunque, compresa se stessa, mentre se ne sta seduta davanti al fuoco, rannicchiata, come se tutte le sofferenze e tutte le ingiustizie del mondo torturassero le sue ossa al pari di reumatismi». Morì a Londra, nel 1950, entrando in coma dopo un’operazione allo stomaco. J. Edgar Hoover e i cacciatori di streghe del Comitato che indagava sulle attività antiamericane volevano che tornasse in America per rispondere alle loro domande. Ma era tardi per le risposte, e tardi anche per le domande. Nel 1951 le sue ceneri furono traslate a Pechino, come lei aveva lasciato scritto nel suo testamento, e interrate sotto una lapide di marmo nel cimitero dei martiri della rivoluzione.

Gli amici. Edgar Snow, di cui rimase amica fino alla fine, benché nel 1936 le avesse rubato lo scoop della vita, la difese dall’Fbi: «Chiunque abbia conosciuto Agnes può capire la crudeltà e la stupidità delle accuse mosse contro di lei da chi la incolpa d’essere una spia contro il suo Paese e un agente del Comintern. Anche se simpatizzava per i comunisti cinesi, non s’era mai piegata al loro diktat». Sorge era più realista. «Le donne non sono adatte per il lavoro di spionaggio», scrisse. «Capiscono poco di politica e non sono una fonte attendibile. Agnes era diversa, come moglie non valeva granché, ma aveva una mente brillante e faceva bene il suo lavoro di giornalista: era come un uomo».