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 2013  giugno 28 Venerdì calendario

SU MARTE MA PER RESTARCI

Per ora assomiglia a un reality show, ma potrebbe essere l’inizio della prima migrazione dal pianeta Terra. Il progetto si chiama Mars One e intende fornire l’opportunità di viaggiare verso il Pianeta Rosso per stabilire la prima colonia umana al di fuori dei confini del nostro pianeta. Data prevista per l’insediamento: aprile 2023, tra dieci anni.
L’annuncio è ufficiale: "Mars One è felice di annunciare il lancio del suo programma di selezione". A chi vuole emigrare su Marte non è richiesto alcun requisito tecnico specifico: per sperare di essere scelti, sarà sufficiente essere dotati di buona salute fisica e mentale, parlare la lingua inglese e possedere intelligenza e creatività idonee per reagire alle situazioni ostili che si verranno a creare.
Il viaggio sul razzo Space X Falcon Heavy sarà lungo sette mesi (partenza quindi nel settembre del 2022) e di sola andata: l’idea infatti non è quella di imbarcare turisti spaziali, ma persone seriamente intenzionate a colonizzare Marte passandoci il resto della loro esistenza. Il primo lancio sarà seguito da un altro nel 2024, e così via ogni due anni, quattro persone per volta: con l’intenzione di accrescere il numero dei componenti della colonia per un totale di 20 persone entro il 2033. Una missione economicamente azzardata - gli organizzatori parlano di un investimento iniziale nell’operazione di 6 miliardi di dollari, ma secondo alcuni analisti è una valutazione troppo bassa - sostenuta dal fisico olandese e premio Nobel Gerard‘t Hooft, da scienziati, ingegneri, ex ricercatori della Nasa, imprenditori e aziende di tutto il mondo. Ma soprattutto, finanziata al 90 per cento dalla Interplanetary Media Group - che detiene il diritto esclusivo di vendere le immagini e i diritti pubblicitari - il cui azionista di maggioranza è la stessa Mars One Foundation, unica proprietaria dell’iniziativa.
«Sì, servono molti soldi», dice il direttore e fondatore del progetto, l’imprenditore olandese Bas Lansdorp, «ma immaginate cosa succederà quando il primo essere umano toccherà il suolo marziano: chiunque vorrà vederlo». Ecco perché Mars One sarà anche «il più grande spettacolo mediatico della storia», un Grande Fratello marziano, che seguirà gli astronauti ventiquattro ore su ventiquattro, dalle esercitazioni sulla Terra fino alla vita su Marte, per molti anni a seguire.
«Prima della partenza sottoporremo i futuri coloni a tutte le situazioni più stressanti», dice Lansdorp, aggiungendo che entro il 2015 Mars One vuole avere nel suo team 24 "marsonauti" dipendenti a tempo pieno, organizzati in sei squadre formate ciascuna da quattro persone. I rispettivi team affronteranno sette anni di dura formazione, che prevede, tra l’altro, la simulazione della vita su Marte all’interno di una base fittizia che sarà costruita negli Stati Uniti riproducendo le caratteristiche del Pianeta Rosso. Quanto alla comunicazione con il mondo esterno, «si avrà un ritardo di circa trenta minuti per simulare l’intervallo di tempo dovuto alla enorme distanza tra Terra e Marte».
A molti sembra una follia. Eppure più di 100 mila persone hanno già risposto alla richiesta di candidatura attraverso una tassa d’iscrizione - che varia dai 5 ai 75 dollari a seconda del paese di origine del richiedente - e l’invio di un questionario con relativo video di presentazione, che sarà il primo dei quattro step che andranno a costituire l’intera procedura di selezione. Alla fine di questo lungo iter, la parola spetterà agli abitanti della Terra: solo il voto del pubblico elargirà i primi quattro "fortunati" finalisti che partiranno per Marte. Da soli, appunto, fino all’arrivo di una nuova spedizione prevista per il 2025.
Ma perché una missione su Marte dovrebbe avere successo? Perché l’insediamento di una colonia umana dovrebbe offrire garanzie di sopravvivenza, dato che al momento il progetto assomoglia in tutto e per tutto a una roulette russa? Quale tecnologia garantirebbe un simile viaggio nello spazio? Si tratta di un suicidio assistito in diretta tivù? «Raggiungere Marte è cento volte più difficile che arrivare sulla Luna», dice ad esempio Michael Listner, presidente e direttore esecutivo dell’Intenational Space Safety Foundation: «E al momento non possediamo la tecnologia necessaria a garantire una missione umana sulla superficie di Marte». Al contrario, Lansdorp ribadisce: «Il piano operativo è realistico e interamente basato su tecnologie esistenti, anche per quanto riguarda la produzione di acqua, le mini coltivazioni in interno e l’autosufficienza alimentare».
Certo è che i rischi sono molto alti, a inziare dalle condizioni estreme, psichiche e fisiche, che dovranno affrontare i coloni durante i sette-otto mesi di viaggio. Per non parlare delle radiazioni «diverse da quelle rilevate sulla Terra», come ha affermato lo stesso "ambasciatore" della missione, Gerard’t Hooft, che espone i partecipanti a «rischi di cancro, deficit del sistema immunitario e possibile infertilità». Rischi a cui andranno incontro soprattutto durante il tragitto per raggiungere il pianeta, avvisa Veronica Bray del Laboratorio planetario e lunare dell’Università dell’Arizona, spiegando che il viaggio su Marte è stato concepito come di sola andata anche perché gli astronauti perderanno massa muscolare e ossea. Una volta atterrati, dovranno adattarsi a un campo gravitazionale molto più debole rispetto a quello terrestre e a un’atmosfera estremamente rarefatta, «praticamente un vuoto», con temperature che subiscono variazioni enormi. Per il corpo umano sarebbe perciò fatale riadeguarsi alle condizioni del pianeta Terra.
Ma perché colonizzare Marte e non la Luna, dove è possibile arrivare in soli tre giorni? Gli studi condotti sui pianeti del nostro sistema solare hanno dimostrato che il Pianeta Rosso è l’unico a possedere tutte le materie prime necessarie per sostenere l’idea di un possibile insediamento umano. Sulla Luna, al contrario, la mancanza di idrogeno, ossigeno e carbonio, il susseguirsi di due settimane di luce e due di buio totale, gli sbalzi elevatissimi della temperatura, rendono impossibile l’adattamento ambientale. Con l’aggravante che la luce del Sole non viene schermata e di conseguenza le radiazioni estremamente più elevate rispetto a Marte non consentirebbero (allo stato attuale della tecnologia) alcuna forma di vita.
A dispetto di tutto, la missione di portare l’uomo su Marte non rappresenta una novità. Fin dal suo primo mandato Barack Obama ha preannunciato che il progetto sarebbe stato attuabile entro il 2030, considerato come una priorità già da tempo per l’America tutta, il cui programma di esplorazione prevede di raggiungere tale obiettivo. Il presidente degli Stati Uniti ha da poco stanziato un budget di circa 18 miliardi di dollari da affidare alla Nasa nel 2014 per incrementare le ricerche e la pianificazione della missione su Marte, tra cui il tipo di propulsione da utilizzare per arrivare fino a lì e il numero di lanci necessari prima di un insediamento umano. Insomma, una corsa tra istituzioni e privati che per ora lascia intravvedere una buona dose di cautela nel primo caso, dovendo garantire ogni possibile step di sopravvivenza alle vite umane che saranno lanciate nello spazio. Ovviamente, però, il programma di Obama non è quello di creare una colonia senza ritorno, ma di visitare il pianeta Rosso con degli astronauti, come già fatto più quarant’anni fa per la Luna.
Una versione aggiornata della navicella Space X Dragon, già in uso per la Stazione Spaziale Internazionale - la Falcon Heavy - è stata invece già eletta a veicolo di transito per Mars One: verrà prodotta dalla Space Exploration Technologies Corporation con base a Hawthorne, in California.
Intanto Lansdorp e il suo team hanno capito come far soldi per finanziare la missione: pubblicità, in ogni fase del progetto. Le grandi aziende sono infatti disposte a pagare milioni di dollari o di euro per poter posizionare anche solo un piccolossimo logo della loro casa madre su uno degli indumenti dei "marsonauti" o sulle apparecchiature tecnologiche a disposizione durante le varie fasi. Un logo, posizionato sulle tute e sul lato della navicella che quindi verrà ripreso nel corso delle selezioni, delle simulazioni sulla Terra e naturalmente (se ci sarà davvero) durante l’atterraggio su Marte e negli anni successivi. Sempre in diretta tivù, comunque vada a finire questa avventura.