Ilaria Maria Sala, La Stampa 28/6/2013, 28 giugno 2013
Che cosa sta succedendo al contante in Cina? Dalla settimana scorsa, tanto gli sportelli bancari che molti bancomat hanno smesso di fornire contante, e perfino le operazioni di online banking di alcuni istituti di credito sono affette da una mancanza di cash finora senza spiegazione ufficiale
Che cosa sta succedendo al contante in Cina? Dalla settimana scorsa, tanto gli sportelli bancari che molti bancomat hanno smesso di fornire contante, e perfino le operazioni di online banking di alcuni istituti di credito sono affette da una mancanza di cash finora senza spiegazione ufficiale. E nessuno ha informazioni precise su fino a quando potrà durare quest’improvvisa assenza di contante. La prima banca a bloccare gli sportelli è stata la Icbc, la più grossa banca commerciale statale cinese, e poi, in alcuni giorni, la stessa Bank of China. Chan Weici, giovane impiegata di Shanghai, commenta che «neanche stamattina funzionavano… bisogna fare con le carte di credito», e sospira con rassegnazione. Da lontano si vede un bancomat che appare animato, ma avvicinandosi speranzosi si nota solo un corriere espresso e un’impiegata che firma un plico, e la porta resta chiusa davanti a chi sventola speranzoso la tessera. Però nessuno sembra farsi prendere dal panico. Le conversazioni intorno ai bancomat inutilizzabili sono pacate, e Zhou, un passante, dice solo che «si vede che stanno litigando», puntando un dito verso l’alto quando gli si chiede a chi si stia riferendo. Il governo e le banche commerciali arrivate ai ferri corti? Alcuni comunicati bancari hanno cercato di dire agli utenti che le difficoltà di questi giorni provengono da un upgrade informatico, ma nessuno dà credito a questa spiegazione. Quello che appare evidente è che il «credit crunch» che colpisce le banche cinesi è la tappa più seria che si sia avuta finora in quella che era stata una scaramuccia solo verbale: il governo centrale – e in particolare in nuovo premier Li Keqiang – da mesi dice alle banche di restringere il credito, senza risultati. Così, ecco che il credito si sarebbe improvvisamente bloccato, e la decisione di alcune banche commerciali di non erogare più nemmeno contante è il gesto supremo con cui esprimono tutto il loro disappunto nei confronti della Banca centrale. Che continua invece a richiedere che cessino i prestiti pericolosi e che i conti siano rimessi in ordine. Dopo giorni di silenzio, infatti, la Banca si è espressa lunedì scorso (giorno del maggior calo alla Borsa di Shanghai, che aveva perso il 5,3%) con un comunicato sul suo sito web: «Le banche commerciali devono prestare attenzione alla liquidità nei mercati e rafforzare le loro analisi e previsioni dei fattori che potrebbero avere un impatto sulla liquidità». E le banche hanno sospeso i crediti interbancari, e secondo un operatore della Icbc interrogato dalla rivista di economia e finanza Caixin, «abbiamo sospeso i prestiti, potremmo ricominciare a erogare crediti nel mese di luglio» per quanto Caixin dica anche che la Banca dell’Agricoltura ha ancora liquidità, e che l’obiettivo della Banca centrale sono le banche semi-ufficiali e i trust cinesi, che hanno contribuito alla bolla finanziaria. Dopo anni di falsi allarmi, il governo centrale vorrebbe ora affrontarla con metodi forti. Giovedì entrambi i listini cinesi hanno di nuovo chiuso in calo, portando Shanghai ai livelli più bassi dal 2009 (inizio della crisi finanziaria globale). Hu Shuli, in un editoriale su Caixin, ricorda che l’economia cinese ha ormai raggiunto il punto in cui ristrutturare è vitale, ma che la stretta sui crediti «deve essere accompagnata dariforme». Per chi come Chan o Zhou vorrebbe solo trovare con facilità il denaro a uno sportello bancomat, le riforme future tese a ridurre i rischi dell’economia cinese – la cui crescita rallenta, e che è piagata da inventari in eccedenza, da un enorme debito delle amministrazioni locali e dall’attuale bolla finanziaria – si stanno traducendo per ora in una situazione davvero inaspettata.