Pierangelo Sapegno, La Stampa 28/6/2013, 28 giugno 2013
Non poteva nascere che da queste parti, fra la ghirlandina e i pioppi della Bassa, un posto come questo, dove il latte costa un punto e l’olio d’oliva quattro invece di 9 euro, e dove puoi comprare la roba solo se ne hai bisogno e non hai i soldi
Non poteva nascere che da queste parti, fra la ghirlandina e i pioppi della Bassa, un posto come questo, dove il latte costa un punto e l’olio d’oliva quattro invece di 9 euro, e dove puoi comprare la roba solo se ne hai bisogno e non hai i soldi. Se vuoi, potrai pure lavorare, ma sempre gratis, come compri la roba, perché la solidarietà non ha l’odore dei soldi e non ha nemmeno il pudore di una sconfitta. Sta in fondo alla strada, sotto al cielo del terremoto, la piccola bandiera di Portobello che sventola per il primo supermercato senza denaro, questa palazzina ocra dietro al cancello. Sta dopo l’Ipercoop e un distributore di benzina con le pompe sigillate, via Acqui a Modena, prendendo l’uscita della Maserati, un monumento delle quattro ruote nella città del Drake, perché solo un posto così può mettere insieme questi mondi così lontani e così vicini, il trionfo del passato e la paura del futuro. Forse non è molto appariscente, anche se lo spazio è allegro e colorato, ma ha gli scaffali tutti pieni: 6 uova valgono un punto e mezzo, 250 grammi di caffè due punti, la marmellata Conad uno e mezzo, la brioche due. Niente baiocchi per comprare. I clienti li scelgono i servizi sociali e le organizzazioni di volontariato, ma non sono barboni e diseredati. Sono le vittime della crisi, i dispersi del terremoto, tutti i nuovi sacrifici sugli altari della sopravvivenza. Luigi Zironi, che è il responsabile di Portobello, cerca di spiegarlo mentre cammina fra i corridoi in allestimento. Si apre oggi. È per le famiglie, innanzitutto. E i primi clienti sono proprio «trenta gruppi familiari selezionati fra quelli in difficoltà per mobilità, cassa integrazione, licenziamento, o fra gli autonomi che hanno cessato l’attività con un calo di almeno il 30% del reddito». I punti non corrispondono al valore dei soldi, ma a quello del bisogno. Se la differenza sta nel prezzo, punti al posto dei soldi, e nel lavoro senza salario, potremmo anche chiamarlo il mercato applicato alla solidarietà. Ma forse non è giusto. Questa è zona di terremoto e di rivincite: se vuoi ripartire, non devi perdere le tue risorse. Zironi dice che si rivolge alla «zona grigia della società», quella che non ha ancora perso del tutto, e ha paura di dirlo, perché sa che può succedere e non sa come si fa. Funziona così, che ogni famiglia «ha un quantitativo di punti mensili caricati su una tessera. L’accesso a Portobello viene deciso dai servizi sociali del Comune di Modena in base a criteri precisi, il numero dei componenti della famiglia determina la quantità di punti». Durata: sei mesi, ma rinnovabili. I punti te li dà la tua situazione - come dire? - sfortunata. Nel mondo angelico della solidarietà sono convinti che non lavorare sia una umiliazione: per questo a tutti viene data la possibilità di rendersi utili. Ogni persona che accede a Portobello partecipa a un colloquio con il volontariato, per capire anche la sua voglia di partecipare, come può farlo e con quale professionalità. Angelo Morselli, presidente del Centro Servizi per il Volontariato, dice che l’unica cosa certa è che «non vogliamo fare utili. L’obiettivo è raggiungere cento famiglie nel giro di qualche mese e poi arrivare sino a quattrocento, 1500 persone». Ma la solidarietà - aggiunge Morselli - ha coinvolto tutti: Comune, enti, aziende private, cooperative, e singoli cittadini, tanta gente qualunque che ha fatto offerte e dato disponibilità. «Qui la comunità modenese aiuta se stessa». E questa palazzina con il cortile davanti e la bandiera di Portobello «è un luogo in cui si produce solidarietà». Dice Zironi che ci sono 130 volontari. E adesso aumenteranno perché molte delle famiglie che vengono aiutate decidono di collaborare. Come ha fatto l’ingegner Antonio P., elettricista in pensione: «Ho cominciato con qualche consiglio perché non avevo niente da fare. Poi è finita che ho dato anima e corpo. L’ho fatto tutto io questo». Mostra le luci: «Ho lavorato all’impianto elettrico per quattro mesi». O come Alessandra, che aveva perso il lavoro: «Mio marito faceva già volontariato. Gli ho detto: vengo con te, alla Protezione Civile. Poi mi hanno portata a una riunione di Portobello. Mi è piaciuto. Mi piace che si rivolga a questa nuova fascia di persone vittime della crisi economica, senza più lavoro e a rischio povertà. Beh, dico, è vero, questa oggi è la cosa più importante». Poi, questa è una terra speciale. Non tutta l’Italia è fatta così. Sono arrivati a pochi giorni dall’apertura che mancavano i biscotti,c’era tutto, la carne, le verdure, c’era il latte (un punto), il caffè (due punti), ma non c’erano i biscotti. Allora hanno chiesto soldi alla gente. È bastato dirlo a qualcuno. Adesso hanno biscotti per sei mesi. Beh, come dice Luigi, «i punti si fanno anche così».