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 2013  giugno 28 Venerdì calendario

L’ULTIMA SCOMMESSA DI LANZA: FAR VINCERE IL GIOCO D’AZZARDO

Il gioco d’azzardo provo­ca dipendenza? È una piaga so­ciale. Va contenuto? Va com­battuto? A un primo e somma­rio sguardo sembra di sì. Eppu­re ci sono voci che avanzano delle obiezioni. Una è quella di Cesare Lanza, giornalista e au­tore tv, nonché appassionato del gioco. Ed è questa sua pas­sione, unita all’idiosincrasia per ogni forma di proibizioni­smo, che lo hanno spinto a redi­gere un piccol­o trattatello in di­fesa di questa attività che, ricor­da, è antica come il mondo. Il vo­lumetto, appena uscito per i ti­pi de L’attimo fuggente editore si intitola Elogio del gioco d’azzardo . Lanza ha sentito l’urgenza di dire la sua sul­l’argomento partendo dai più alti valori li­berali. «Le rego­le vanno rispet­tate - spiega - , questo è ovvio, ma non bisogna demo­nizzare un’attività che è pur sempre tra le più antiche che l’uomo abbia mai pratica­to. Sono contro ogni forma di proibizionismo». D’altronde il gioco è anche istruttivo. «Tutta la vita è un susseguirsi di sfide ­spiega - . Chi gioca d’azzardo, senza eccessi, impara a saper vincere come a saper perdere. Insomma impara le regole pri­marie che regolano la nostra vi­ta ». Ma anche chi, come Enzo Ghinazzi (in arte Pupo), gli ec­cessi li ha più che sfiorati, difen­de il gioco come strumento istruttivo. «Sono dieci anni che non gioco più - ricorda Pupo ­ma solo quel continuo rimbal­zare dalle sconfitte alle vittorie, quel continuo dover ricomin­ciare da zero mi ha allenato a sufficienza per non soccombe­re. Mi ha dato la forza di reagire alle avversità». Lanza ricorda che la libertà individuale va sempre preservata, almeno fin quando l’attività del singolo non entra in contatto con la li­bertà di altri. E considerare chi beve un bicchiere di vino alla stregua di un alcolizzato è una brutalità che si ritrova pari pari nel modo di vedere gli appassio­nati dell’azzardo. E chiama a so­stegno della sua tesi un altro campione libertario e liberale. «È come la questione dei pac­chetti di sigarette- spiega Vitto­rio Sgarbi, che ieri ha partecipa­to alla presentazione del libro di Lanza- . Perché lo Stato sente la necessità di scriverci sopra che il fumo fa male, mentre allo stesso tempo incassa le accise sulla loro vendita? Io non fumo ma lo farei solo per quella stupi­da scritta». D’altronde, ricorda Lanza, che del gioco è anche un attento storico, la Chiesa e alcu­ni Papi hanno evitato di demo­nizzare il gioco. E propone l’esempio di Clemente XII che per primo liberalizzò il gioco d’azzardo con il fine di finanzia­re l’arte. «In ogni epoca e sotto ogni regime - puntualizza - le lotterie sono state sfruttate a do­vere per rimpinguare le casse statali». Da esemplare liberta­rio Lanza ha comunque chia­mato alla presentazione del suo nuovo libro anche le voci scettiche, se non oppositive, della parlamentare Paola Binet­ti ( Scelta civica) e dello psichia­tra Domenico Mazzullo. La pri­ma lamenta apertamente la schizofrenia dello Stato che da un lato, con il Ministero della Salute, si occupa della malattia sociale del gioco,dall’altro,con il Ministero delle Finanze, in­cassa grosse quote erariali gra­zie a questa attività. «Il nostro cervello- aggiunge Mazzullo- è programmato per provare pia­cere sia dal gioco d’azzardo che nell’assunzione di droghe. Co­me­psichiatra mi sento in dove­re quindi di avvertire del perico­lo insito nell’abuso del gioco e della droga». Molto, però, è sta­to fatto per correre ai ripari di questi potenziali pericoli. A ri­cordarlo è Massimo Passamon­ti, presidente di Sistema Gioco Italia (federazione che raggrup­pa tutte le aziende della filiera del gioco e dell’intrattenimen­to). «Ancora nel 2003 - spiega ­il gioco d’azzardo era illegale e quindi gestito dalla criminali­tà. E fatturava quasi 20 miliardi l’anno.Ora normative e regola­menti fanno del caso italiano un’eccellenza nel mondo che attira investitori. E i 17,5 miliar­di di spesa annua per il gioco non vanno demonizzati».