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 2013  giugno 28 Venerdì calendario

MORTE REALE DI UN AVATAR

Qualche giorno fa, l’operatore finanziario Andrea Boda si è dimesso dalla sua creazione virtuale, Bimbo Alieno, che si era conquistato una rispettabile fama di blogger economico, molto seguito dagli investitori, chiudendo il blog e l’account twitter @bimboalieno. Ha scritto un ultimo post «come Andrea Boda e non come Bimbo Alieno», e ha spiegato così la sua decisione: «Il relativo successo di questo sito, e dell’account twitter collegato, ha distratto le mie attenzioni dalla mia famiglia, dai miei due figli e dalla donna che amo, mia moglie». E ancora: «Non voglio che questo accada ancora, desidero tornare a essere una persona che si informa perché ne ha bisogno, non che lo fa per esprimere opinioni competenti a una platea per il brivido di sentirsi uno stimabile pensatore». Così Bimbo Alieno è scomparso e Andrea Boda è tornato a essere un signore di 38 anni, responsabile della filiale Private Banking di Banca Passadore, padre e marito. I consigli agli investitori ricomincerà a darli di persona e non più via blog o via Twitter. La rete – che è sì virtuale, ma anche parecchio reale – ha reagito con molta commozione al pensiero del blogger che ritornava uomo, e con speculare cordoglio si è dispiaciuta commemorando la scomparsa di Bimbo Alieno. In realtà Boda continuerà a esistere su Twitter in qualità di Andrea Boda, appunto, con i commenti per i suoi 11.000 followers, circostanza che mitiga il suicidio assistito di Bimbo Alieno. «Pochi tweet – dice – rispetto ai 50 al giorno di Bimbo Alieno». Ma l’aspetto più interessante del dibattito internettistico che è nato dalla vicenda è la rivendicazione di una separazione netta tra il tempo e l’identità reale e il tempo e l’identità virtuale. Lo stesso Boda spiega che tra lui e il suo alter ego si era creato un conflitto: «Al successo di Bimbo Alieno, al consenso del web, alla stima dei followers, corrispondeva progressivamente sempre meno la fama di cui Andrea Boda godeva nel suo mondo famigliare. Bimbo Alieno non poteva dimenticare di rispondere a un follower che gli chiedesse un giudizio su un report sul mercato dell’oro. E così Andrea, alla lunga, finiva per dimenticare un appuntamento dal dentista per i ragazzi». Differenze tra i due? «L’avatar era più paraculo, autoindulgente, fatto per piacere e schiavo dell’esigenza di fare quello che ci si aspettava da lui. Sul web anche a causa delle dimensioni del tuo network, compreso quello potenziale, c’è sempre il rischio che la tua vita reale diventi un parametro insufficiente. Nella vita reale quanti amici puoi curare? Dieci? Su Twitter non c’è limite».
ROMANZI DELL’IDENTITÀ
La rete è uno straordinario generatore di romanzi dell’identità, in cui proprio la separazione rispetto a tutto quello che è fuori, genera di noi stessi altre storie, altre vite, altra misurazione dell’influenza, del successo, del fascino. Nei giorni scorsi è rispuntata su Twitter la traccia di una storia molto suggestiva che è l’esatto contrario di quella di Boda. La vita non vera di Martina Alice De Carli. Un paio di anni fa questo nome – che piacerebbe a Maurizio Crozza – è stato per qualche mese al centro di un piccolo giallo web, svelato da Marco Esposito in una inchiesta per il giornale online Week. Sinossi: nel marzo del 2011 un articolo comparso su L’Avantionline firmato da Martina Alice De Carli – una bella e giovane militante politica di centrosinistra molto attiva su Facebook e piena di rapporti, relazioni & informazioni – suscita interesse e dibattito tra i giovani democratici romani. Qualcuno però comincia a insinuare che MADC non sia una persona vera, non sia reale. Nessuno l’ha mai incontrata. Esposito scopre che la De Carli non esiste. Scopre con l’aiuto di una funzione di Google immagini, che le foto del profilo Facebook appartenevano a una ignara ragazza islandese, e che erano inventati anche alcuni profili di amici di MADC. Ma soprattutto svela un affascinante meccanismo di psicologia collettiva: chi non ha mai incontrato la ragazza dà per scontato però che amici comuni la abbiano incontrata, la conoscono fisicamente, e qualcuno abbia anche flirtato con lei. In realtà MADC fu un bellissimo caso di fake – secondo alcuni collettivo – nato probabilmente per gioco come un tentativo di costruzione di un’identità altra, una avatar bionda, bella, intelligente, spiritosa, con un certo glam telematico che piano piano diventa una cosa nuova, più interessante del previsto (e dei suoi creatori reali): l’interlocutrice seducente di maschi adulti politicamente impegnati.
IL PRECURSORE
Bisogna anche riconoscere come nel frullatore citazionistico che è la contemporaneità, molte cose sono già successe. Nel 1958 Max Aub scrisse la biografia immaginaria di un pittore, Jusep Torres Campalans, che non era mai esistito e che trasse in inganno la critica d’arte. La finta biografia era anche corredata da un catalogo delle opere. Stupendo e anticipatore caso di fake.