Marco Bellinazzo, Il Sole 24 Ore 26/6/2013, 26 giugno 2013
BUFERA FISCALE SUL CALCIO
L’inchiesta della Procura di Napoli sul "Calcio malato" (copyright degli inquirenti partenopei) nasce nell’ottobre del 2012 nel capoluogo campano, ma dopo nove mesi di indagini potrebbe travolgere tutto il football tricolore e avere ripercussioni anche in Sudamerica, dove da un paio di anni la magistratura locale agisce per contrastare i fenomeni illeciti e le truffe fiscali legati al calciomercato. Settore in cui la presenza di procuratori, faccendieri e rappresentanti di varia natura ed estrazione rischia di inquinare l’intero sistema.
Ma andiamo con ordine. Ieri mattina le Fiamme Gialle hanno visitato gli uffici di una quarantina di club (18 di serie A tra cui Milan, Inter, Roma, Fiorentina, Juventus, Parma, Lazio e Napoli) e di "alcune società straniere" per acquisire contratti e bilanci necessari a verificare «l’estensione di alcuni meccanismi di aggiramento delle regole di tassazione dei contratti, prescelti per sottrarre al fisco ingenti quantità di denaro in relazione a ciascuna operazione di trasferimento di tesserati della Figc».
Al momento risultano indagati una dozzina di procuratori, i più noti dei quali sono Alejandro Mazzoni e Alessandro Moggi (che si è detto «tranquillo»). Nell’ottobre 2012 i finanzieri, su mandato del pool di magistrati di Napoli coordinati del procuratore aggiunto Giovanni Melillo, avevano prelevato i primi atti dell’inchiesta dalle sedi del Società sportiva calcio Napoli, Figc e Lega. L’innesco dell’inchiesta erano state alcune denunce anonime e gli elementi raccolti incidentalmente dagli inquirenti che indagavano su una querela presentata (e poi ritirata) nei confronti di Lavezzi a seguito di una lite per un tamponamento. Lo scorso 9 aprile invece sono state eseguite perquisizioni nelle abitazioni di Mazzoni (agente di Lavezzi) e Moggi che hanno portato alla scoperta di documentazione giudicata dagli inquirenti "molto interessante" e che ha fatto, in pratica, da innesco alle ispezioni di ieri.
Se è vero, infatti, che l’ipotesi per cui procede è quella di «associazione a delinquere finalizzata all’evasione fiscale mediante sistematica fatturazione di operazioni negoziali inesistenti», e che la documentazione acquisita mira a ricostruire i rapporti professionali fra le società di calcio e i calciatori cui, direttamente o indirettamente, si riferiscono le attività di Mazzoni e Moggi», è altrettanto vero, come spiega la Procura napoletana, che è «in via di accertamento il trattamento fiscale applicato ai rapporti di lavoro di numerosi calciatori, sia con riferimento ai compensi qualificati come "fringe benefit", sia in relazione ai profili di fiscalità internazionale».
I controlli riguardano soprattutto il periodo che va dal 2011 a oggi e interessano oltre 50 atleti (tra questi Lavezzi, Nocerino, Immobile e Sculli). In particolare, gli accertamenti della Guardia di Finanza sono concentrati: sulle «modalità di trasferimento dei calciatori e la sottostante attività di intermediazione da parte dei relativi agenti; sull’esame dei contratti, delle operazioni di compravendita e di rinnovo del rapporto di prestazioni sportive a livello nazionale e internazionale e eventuali diritti di opzione; sulla gestione del patrimonio aziendale e le modalità di trasferimento in bilancio dei giocatori professionali; sulle modalità di utilizzo dei diritti pluriennali riguardanti le prestazioni oggetto di rivalutazione (per abbellire i bilanci e aumentare artificialmente gli ammortamenti); sulle eventuali transazioni intercorse tra le diverse società calcistiche con finalità "spalma-debiti"; sull’attività di scouting; sulla gestione dei diritti di immagine e dei diritti televisivi; e, infine, sul trattamento tributario delle operazioni di compravendita dei calciatori ed eventuali fenomeni di "estero-vestizione". Ridotta all’osso l’ipotesi investigativa è che siano stati movimentati flussi di denaro per attività professionali spesso fittizie o comunque sproporzionati rispetto alle stesse. In definitiva, il sospetto delle Fiamme Gialle è che siano stati gonfiati i costi e gli oneri connessi agli ingaggi degli atleti per celare importi notevoli al Fisco italiano (deprimendo la base imponibile) e dirottare all’estero queste risorse. Per questo si dovranno incrociare, per esempio, le somme che risultano dai contratti depositati in Lega con quelli rinvenuti presso le società e gli agenti, e si dovranno seguire le tracce telematiche dei versamenti (che devono viaggiare su canali dedicati) per appurare che siano giunti interamente a destinazione (specie verso il Sudamerica) e non si siano "persi", preferibilmente nelle casse di qualche società di consulenza stabilita in un paradiso fiscale.
I club naturalmente respingono ogni responsabilità. In serata, per tutti, è intervenuta con una nota la Lega di serie A: «Le società sportive hanno offerto la massima collaborazione e la Lega di Serie A non ha ragione di dubitare della correttezza dei comportamenti delle proprie associate».
IL NODO DELLE PLUSVALENZE –
Associazione a delinquere, evasione internazionale, fatture false e riciclaggio. I reati su cui indaga la Procura di Napoli e che hanno portato alla clamorosa iniziativa di ieri con la richiesta di esibire contratti e bilanci a oltre 41 società sono piuttosto gravi. Da un lato, si dovrà appurare se nella compravendita di calciatori, soprattutto dal Sudamerica, siano stati adoperati per i pagamenti canali tracciabili, come prescritto, e dall’altro lato, se l’entità di emolumenti e percentuali attribuiti dai club a calciatori e agenti abbiano dato vita a possibili episodi di evasione fiscale e contributiva.
Sempre più spesso le società hanno a libro paga gli agenti per servizi (legali, di comunicazione, eccetera) resi ai propri tesserati. L’amministrazione italiana però ritiene che su questi compensi si realizzi una frode all’Erario, in quanto non sarebbero costi supplementari posti a carico dell’azienda calcistica, bensì una forma di extra-retribuzione "mascherata" per il calciatore sulla quale la società dovrebbe operare la ritenuta Irpef. È evidente che il club che di solito garantisce all’atleta un ingaggio al netto delle imposte, subisce in questo modo il doppio svantaggio di non poter dedurre il costo e di dover pagare l’imposta ad aliquota piena.
In effetti, nonostante il contributo da oltre un miliardo di euro che il Calcio italiano Spa garantisce al Fisco ogni anno (tra cui oltre 550 milioni di ritenute Irpef e oltre 200 di Iva), sono ancora molti i punti di frizione con l’agenzia delle Entrate che pure da un paio d’anni svolge un ruolo di consulente di Figc e Lega proprio ai fini della verifica del comportamento fiscale delle società. È stato anche aperto un tavolo di confronto tra i tre soggetti nell’ambito del quale sono state raggiunte su alcune questioni delle possibili soluzioni interpretative.
Superata (ma non del tutto come si legge nell’ordinanza di Napoli) l’epoca del decreto "spalma-debiti" (che nel 2003 consentì alle squadre di diluire in 10 bilanci, poi ridotti a cinque, ammortamenti per un ammontare di 1,1 miliardi), un’intesa tra amministrazione fiscale e istituzioni calcistiche è stata trovata in materia di tassazione dei "diritti di compartecipazione" (articolo 102-bis delle norme organizzative della Figc). Nell’ambito del calciomercato non di rado il club che cede un giocatore di prospettiva ottiene il diritto a percepire una percentuale dell’eventuale maggior "valore" raggiunto da quest’ultimo dopo un anno. Su queste somme, come indicato anche dalla stessa Figc, non venivano pagate Iva e Irap.
Ora l’agenzia delle Entrate ha riconosciuto che trattandosi di una sorta di contratti derivati, in altre parole di operazioni di natura finanziaria, le compartecipazioni non sono soggette al pagamento dell’Iva. Sono tuttavia rilevanti ai fini Irap, per cui chi realizza un guadagno deve liquidare l’imposta e la controparte che realizza una minusvalenza può detrarla.
Tra le questioni più scottanti su cui team e Fisco, invece, restano divisi c’è quella delle plusvalenze da calciomercato (su cui si di recente si è anche pronunciato il Consiglio di Stato "suggerendo" l’applicabilità dell’Irap). Su questo fronte le società si sentono doppiamente tassate in quanto sul principale asset di cui dispongono, gli atleti, non possono dedurre l’Irap relativa agli ingaggi, e devono versare l’imposta se conseguono una plusvalenza in caso di cessione. In Gran Bretagna, al contrario, le plusvalenze da calciomercato, se reinvestite, sono detassate (mentre l’ammortamento è ammesso nei limiti di quanto non reinvestito).
Un’altra vertenza che potrebbe in futuro essere chiusa al tavolo Fisco-Lega-Figc riguarda gli ammortamenti (che i club potranno fare in quote non costanti in funzione degli anni del contratto purché adottino criteri omogenei per tutto il parco giocatori).
Sul nodo dei compensi dei procuratori a libro paga dei club (in particolare, in occasione di acquisti/rinnovi contrattuali) si starebbe, infine, valutando la possibilità di una revisione del regolamento agenti in vigore finalizzata a permettere anche in Italia, come già avviene nel resto d’Europa, la cosiddetta "doppia rappresentanza", vale a dire la possibilità che il procuratore curi contemporaneamente gli interessi dell’atleta e della società che lo acquista. In questo modo sarebbe più semplice riconoscere l’"inerenza" del costo sostenuto dal club (che potrà dedurlo) ed evitare che venga riqualificato dal Fisco come un "benefit" occulto del calciatore.