Ugo Tramballi, Il Sole 24 Ore 25/6/2013, 25 giugno 2013
STAFFETTA IN QATAR, ABDICA L’EMIRO
Fare qualcosa di diverso è sempre stata la sua scelta di vita. Abdicare a 61 anni a favore di un figlio di 33, per un monarca del Golfo è più di un gesto originale: è una rivoluzione. Una specie di Primavera araba compiuta dall’uomo che con il denaro, le armi e la diplomazia, più di ogni altro le ha sostenute.
L’emiro Hamad bin Khalifa al-Thani ha convocato nel suo palazzo sulla corniche di Doha la parte della sua numerosa famiglia che conta e che governa il Qatar. Senza emozione, dicono i testimoni, ha annunciato che passerà la guida del Paese a una nuova generazione. L’atto dovrebbe essere formalizzato oggi, davanti al Diwan e al Governo.
Le cose non sono andate così facilmente. La decisione è stata il frutto di una lunga riflessione che l’emiro non ha fatto da solo. Ne ha parlato con Sheikha Moza, la seconda delle tre mogli, la più influente, la più determinata a condividere con il marito il cammino per trasformare in 18 anni il Qatar da una penisola di piccoli pescatori di perle nel più grande esportatore mondiale di gas naturale liquido ( 77 milioni di tonnellate l’anno scorso). Sheikha Mozah è la prima first lady del Golfo, fra monarchie nelle quali le donne sono invisibili.
L’emiro ne ha parlato con il fidato cugino Hamad bin Jassim, l’uomo più potente del Qatar dopo il monarca. È stato il ministro degli Esteri, è il primo ministro, è a capo del fondo sovrano, il Qia, e del suo braccio finanziario, Qatar Holding con un portafogli superiore ai 100 miliardi di dollari e investimenti da una trentina solo nel 2013.
Ne ha parlato anche con Tamim, 33 anni, il principe ereditario, ormai da anni educato dal padre al potere e a trattare nel grande suk politico del Medio Oriente. Tamim è già vice comandante delle forze armate, gestisce dossier diplomatici, è il presidente del comitato olimpico (un passaggio obbligato per i futuri monarchi del Golfo) e responsabile dell’organizzazione e degli investimenti (circa 120 miliardi di dollari) dei mondiali di calcio del 2022.
Tamim non è il primogenito. È il primo dei figli maschi che Hamad al-Thani ha avuto da Sheikha Mozah, la "favorita" se il termine non fosse obsoleto e fuori luogo per una personalità così spiccata e moderna. Forse la salute ha avuto un ruolo nella decisione dell’emiro: da anni soffre di diabete. Ma la ragione più importante è la volontà di cambiare prima che sia il tempo a imporlo; dimostrare che il mondo arabo non è esclusivamente governato da gerontocrazie o dittatori dimessi solo da rivoluzioni o morti naturali. Con coerenza Hamad al-Thani ha fatto con se stesso quello che ha sempre invocato per il Medio Oriente.
Modernità e tradizioni sembrano entrare in conflitto nel cammino di Hamad bin Khalifa. Nel 1995 organizza e realizza un golpe contro il padre che non voleva modernizzare l’emirato e che soprattutto intendeva sostituirlo con un altro figlio nella successione al trono. Da allora Khalifa vive in esilio a Roma. Prima, da giovane comandante aveva riformato le forze armate e scelto gli Stati Uniti come alleato primario; poi, da ministro dell’Energia aveva iniziato la produzione di gas naturale liquido, il veicolo della ricchezza e della modernizzazione del Qatar. La famiglia al-Thani è wahabita ma pratica una forma molto aperta e tollerante dell’Islam estremo saudita. Nella politica regionale Hamad al-Thani ha sempre giocato in modo agile: le sue politiche non erano mai dettate da un dogma o da rigide alleanze. In Qatar c’è la più grande base militare americana del Medio Oriente e il primo ufficio diplomatico dei talebani; l’emiro ha rotto gli strettissimi rapporti che aveva con Bashar Assad ma intrattiene relazioni amichevoli con l’Iran; finanzia Hamas e al tempo stesso tratta con Israele.
Proprio per la duttilità dei comportamenti e delle politiche dell’emirato, l’abdicazione di Hamad al-Tani e le dimissioni del cugino dalla carica di primo ministro sono un terremoto apparente. Si faranno da parte rispetto alla scena che d’ora in poi sarà nelle mani del giovane Tamim. Ma solo di un passo. Ad Hamad bib Jassim resta il controllo del fondo sovrano, la cassaforte che deve assicurare il futuro del Qatar. All’emiro la saggezza di una guida discreta fino alla maturazione di Tamim. Chi ha strappato il potere al padre sa meglio di chiunque altro quando è il momento di ritirarsi del tutto.