Giampiero Mughini, Libero 25/6/2013, 25 giugno 2013
RIZZI, L’UOMO CHE IL 68 LO FECE NEL LETTO (ANCHE) DELLA BARDOT
Un giorno di fine giugno del 1968, a notte inoltrata, Brigitte Bardot entrò in una discoteca di Saint-Tropez e siccome di uomini belli e svettanti se ne intendeva molto, come avrebbe potuto non notare quel marmoreo italiano ventiquattrenne da cui la giovinezza e la vitalità maschile eruttavano come da un vulcano? Gigi Rizzi il suo nome, la danza a piedi nudi e il gioco delle carte le sue risorse migliori, le bellissime donne da avvolgere e spupazzare la sua meta e il suo lavoro 24 ore su 24. Fosse stato per lei e per il tipino femminilmente vorace che era, Brigitte gli avrebbe messo le mani addosso all’istante. Si limitò a fargli arrivare in mano un bigliettino in cui lo invitava a fare sci d’acqua, all’indomani mattina, innanzi alla sua villa celeberrima. In un suo libro in cui si vanta, e non gli si può dar torto, di essere stato attore protagonista di un “altro Sessantotto” che non quello degli studenti che rumoreggiavano contro il capitalismo, Rizzi racconta che quella notte non andò a dormire. E con tutto questo alla mattina dopo sciò benissimo e tutto il resto che immaginate. Esattamente una domenica di fine giugno, alla sera tarda del 23 giugno, ed esattamente in una villa dalle parti di Saint-Tropez, il cuore di Rizzi si è arrestato per sempre. Lui che aveva vissuto a gran velocità, è morto velocemente.
Aveva 69 anni ed era tornato a vivere in Liguria dopo avere girato mezzo mondo. Se ne va con lui un pezzo del sogno che è stato di tutti, quel tempo in cui era sembrato non ci fosse un limite allo strapotere della bellezza di uomini e donne che incastravano le loro notti e le loro danze. Brigitte se l’era tenuto in casa e lo aveva apprezzato per la durata di tre mesi. Dopo di che gli fece trovare la valigia fuori dalla porta. Lei era una creatura di cui il poeta e autore di teatro Roberto Lerici scrisse che mangiava quando aveva fame e beveva quando aveva sete. Tre mesi furono sufficienti per esaurire il suo appetto di un «italien» seppure talmente bello. Pochi mesi prima le erano bastate poche settimane per consumare il suo appetito di un uomo all’opposto di Rizzi, di un poeta e cantautore ebreo di cui avresti detto a prima vista che era bruttarello e invece era un mostro di fascino, il francese Serge Gainsbourg. Da Gainsbourg a Rizzi, da un polo all’altro dell’universo maschile, Brigitte gustava, consumava, gettava via.
A SAINT-TROPEZ
Figlio di un imprenditore ligure, il Rizzi del giugno 1968 non aveva esattamente un’arte e una parte che non fosse quella di dedicarsi anima e corpo alle rappresentanti eccelse dell’universo femminile. L’ho detto che il suo era un lavoro 24 ore su 24, giorno e notte, e ci voleva anche un po’ di «roba» per tenere quel ritmo e quelle prestazioni. Straripante di simpatia e di una comunicativa maschile persino sfacciata da quanto puntava diretto al cuore delle belle, il suo era un professionismo accurato quanto alla conquista delle girls, alla perizia nella scelta dello champagne e dei vini i più acconci alla situazione, ai segreti del tavolo da gioco. A Saint-Tropez lui e un gruppo di playboy italiani che le foto del tempo ci tramandano addobbati con quella loro divisa da battaglia, la camicia ben sbottonata a mostrare orgogliosi il pendolo che sbatte sul torso, avevano un loro tavolo perennemente riservato nel locale più famoso della cittadina francese, il Byblos. Rizzi, Beppe Piroddi (più tardi marito di Corinne Cléry, morto qualche anno fa), lo statuario Franco Rapetti, Gianfranco Piacentini. (Quanto al tavolo da gioco mi ha raccontato che una notte vinse 100mila dollari a Ted Kennedy, il quale non glieli pagò mai). «Les italiens», come venivano chiamati, avevano la nomea di inarrivabili quanto a conquiste femminili. Se incontravano una ragazza subito le offrivano di che vestirsi da capo a piedi, ciò che le «material girls» non disdegnano affatto. A detta di Elsa Martinelli, che di Rizzi è stata molto amica, i playboy francesi non arrivavano alle caviglie degli «italiens» in fatto di eleganza e generosità. Figli anche loro dei Sessanta, s’erano dati come idolo né Mao né Herbert Marcuse e bensì il leggendario playboy sudamericano Porfirio Rubirosa. I valori fondamentali del gruppo erano riassunti in una specie di scala Mercalli che faceva riferimento alle potenzialità e all’entità dell’organo maschile. «Animella, basanotto, mezzalama, duro da militare, duro da culo, duro da ergastolano, duro da dio». Loro tutti naturalmente pensavano di averlo duro da dio.
TERRE E BESTIAME
Più tardi il vento in poppa di cui avevano goduto questi «altri» Sessantottini scemò di intensità. Piroddi e Rizzi avevano inaugurato a Roma nel 1969 un locale atto alle celebrità e ai loro spassi notturni, quel Number One che stava alle spalle di via Veneto. Nei cui bagni trovarono, nel 1972, un bel po’ di droga tanto che lo chiusero. Nei secondi anni Settanta Rizzi se ne andò in Argentina a occuparsi di terre e bestiame, e finché non è tornato in Italia alcuni anni fa. L’ho avuto di fronte in parecchi set televisivi. Per ragioni di invidia maschile avrei dovuto odiarlo da schiattarne, e invece era molto simpatico. Dello spaccamontagne dei Sessanta era rimasto poco. Al contrario, lo trovavo un po’ timido quando gli indirizzavo una battuta.