Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  giugno 21 Venerdì calendario

SULLE STRADE DI PIERO


Basterebbero le due Madonne di Piero della Francesca, quella che, con fierezza, offre allo sguardo il suo ventre in attesa e l’ altra con i suoi fedeli sotto un manto che assomiglia a una cupola, a giustificare un viaggio in Valtiberina. Il bello è che, oltre a queste due icone impassibili e monumentali, qui c’ è ancora moltissimo da scoprire, ammirare, ritrovare. La rassegna Capolavori tra Toscana e Umbria. Da Piero della Francesca e La Battaglia di Anghiari, aperta dal 16 giugno al 3 novembre con una serie di appuntamenti volti a valorizzare il territorio conduce in diverse sedi espositive, tutte ricche di opere di pittura che vanno dal 1200 alla seconda metà del Novecento. Infatti, proprio in questi luoghi è nato Alberto Burri che nella sua Città di Castello, ha voluto lasciare un patrimonio di opere allestite in due splendide sedi.
L’ iniziativa fa parte del Progetto di valorizzazione del patrimonio culturale Piccoli Grandi Musei, è promossa dall’ Ente Cassa di Risparmio di Firenze, Regione Toscana e Regione Umbra ed è giunta alla nona edizione. La sua particolarità è quella di realizzare interventi permanenti che sono volti ad arricchire nel corso del tempo e non soltanto durante la durata della mostra, le strutture museali, le chiese, i luoghi coinvolti.
Anima di tutta l’ operazione è proprio Piero della Francesca che è nato a Sansepolcro intorno al 1415 e qui ha lasciato un capolavoro giovanile come il Polittico della Misericordia dove santi, un angelo annunciante e una Vergine annunciata circondano una Crocifissione e una Madonna della Misericordia che mostrano come già Piero abbia guardato e fatto sua la rivoluzione spaziale di Masaccio, depurandole però da qualsiasi tono tragico. Maria è una colonna, quasi una figura geometrica, ha un’ espressione imperturbabile, un’ aria solenne, un aspetto regale. Eppure, nonostante le sue grandi dimensioni, non puoi sentirla distaccata o lontana dalle piccole figure in ginocchio che stanno pregando intorno a lei: apre il suo manto in un gesto di accoglienza, dando origine a una perfetta forma circolare che pare davvero quella di una cupola rinascimentale.
Dopo 8 anni di studi e di restauri il polittico di Sansepolcro è stato riassemblato secondo una nuova composizione e, in questa occasione, il Museo Civico che lo conserva è stato dotato di un touch screen che permette di visualizzarei dettagli secondo un’ innovativa tecnologia in 3D e documenta la storia dell’ opera e del recente intervento che gli ha restituito l’ antica bellezza. Nello stesso luogo è possibile ammirare la bellissima Resurrezione che mostra un Cristo magnetico e volumetrico, che risorge mentre l’ alba sta sconfiggendo la notte, quasi come si trattasse del sogno dei due soldati addormentati in primo piano.
Tutto è volume in Piero della Francesca, come se la pittura stessa fosse sottomessa a un sicuro dominio razionale del mondo. È l’ intelletto a dettare leggi e non certamente l’ emotività, come accade in Masaccio o in Botticelli.
Non lontano da qui, a Monterchi, ecco un’ altra Grande Madre, la Madonna del parto, per la quale è stato realizzato un nuovo allestimento. Anche qui c’ è una stoffa che si apre, è quella delle tende del padiglione sotto cui c’ è la Vergine. Ha uno sguardo lontano, come se prefigurasse il destino del figlio, tiene una mano su un fianco e l’ altra sulla pancia in un gesto comune a tutte le donne in attesa. Sembra una contadina ma anche "la figlia del re" come ricordava Roberto Longhi. La forza espressiva di Piero è proprio quella di tenere continuamente annodato il filo del vero e quello della sacralità, come sottolinea Antonio Paolucci nel testo redatto per questa occasione. Per secoli ha attirato processioni di donne arrivate fin qui a chiedere la grazia di una gravidanza, o la protezione per i loro parti. Guardate bene la curva del drappo spalancato dai due angeli perfettamente speculari (tanto da essere stati realizzati da uno stesso cartone preparatorio rovesciato): lo ritroverete a Città di Castello, negli Ex Seccatoi del Tabacco dove Burri, prima di morire nel 1995, ha voluto allestire la sua gigantesca e scura ’ cattedrale gotica’ per conservare i suoi cicli pittorici. Ne Il viaggio, una sorta di riepilogo di tutti i suoi temi e i suoi materiali composto da 9 dipinti, l’ apertura, la prima tappa di questo rito maestoso, è proprio un grande ferro dove Burri evoca la parte superiore dell’ opera di Piero, pittore che amava moltissimo.
La sede della Collezione Burri di Palazzo Albizzini raccoglie le sue opere dal 1948 in poi in un’ impaginazione voluta dall’ artista. Non stupisce che il destino lo abbia portato a comporre uno dei suoi due musei nel palazzo dove vivevano i committenti di uno dei capolavori giovanili di Raffaello, Lo sposalizio della Vergine. Delle quattro opere dipinte dal maestro del Cinquecento in questa zona, la Pinacoteca di Città di Castello conserva lo Stendardo della Santissima Trinità . Qui sono raccolti anche fondi oro del 1200, capolavori del Ghirlandaio, una Flagellazione di Signorelli. In questo museo diffuso che è la Val Tiberina si incontra anche la bizzarra stravaganza di Rosso Fiorentino e la scultura di Donatello e di Jacopo della Quercia. E durante tutta la durata della rassegna, curata da Barbara Tosti, sarà possibile vedere la celebre Tavola Doria che riproduce un particolare della scomparsa Battaglia di Anghiari di Leonardo. Sottratta al patrimonio italiano in modo illegale, è tornata a casa grazie al recupero condotto dalla magistratura e dai Carabinieri del Comando Tutela del Patrimonio Culturale e a un accordo redatto con il giapponese Museo Fuji, il suo ultimo proprietario. Dopo un’ accurata messa in sicurezza da un punto di vista conservativo grazie all’ intervento dell’ Opificio delle Pietre Dure di Firenze, la tavola si potrà guardare con attenzione proprio ad Anghiari.