Marco Belpoliti, La Stampa 24/6/2013, 24 giugno 2013
VIENI AL MIO COMPLEANNO?
La scuola è finita, si archiviano le carte dei figli. Mentre faccio ordine, da un raccoglitore spuntano gli inviti alle feste di compleanno delle mie figlie. La più piccola li vuole assolutamente conservare; fanno parte della sua identità, alla pari dei disegni che ha realizzato durante l’anno in classe. Si tratta di una piccola collezione: racconta la storia dell’evoluzione di un rito di socializzazione, uno dei primi.
La cerimonia del compleanno segna sin da bambini le amicizie, le frequentazioni, le comunanze e le antipatie. Scartabello un po’. Ci sono inviti con la grafica prestampata di McDonald, altri scritti a mano per feste in locali affittati dalla parrocchia, inviti scaricati dal web; il formato è diverso: si va dal riquadro dimensioni biglietto da visita, in cartoncino, o carta sottile, ai fogli A4. Ci sono inviti di poche righe o di una pagina, con indicazioni, suggerimenti e persino brevi racconti, inviti-mappa in bianco e nero e inviti colorati stile fumetto; vi compaiono personaggi dei cartoni animati e dei film, dai Barbapapa a Holly Hobby, dai Pokemon a Harry Potter e alle Winks. Quasi tutti i pupazzi televisivi sono utilizzati per realizzare l’invito stampato con il computer o riprodotto con la fotocopiatrice. Ciascuno ci mette del suo, così che, pur somigliandosi, sono uno diverso dall’altro. La logica del compleanno, non deducibile a priori dall’invito cartaceo, è quella di scegliere in modo libero chi invitare e chi no, chi includere e chi escludere tra i compagni di classe. Spesso si festeggia due volte: una prima a scuola, per tutti, simpatici e antipatici, e una volta in modo esclusivo solo a invito.
Uno storico francese, Jean-Claude Schmitt, ha scritto una piccola storia del compleanno, «L’invenzione del compleanno» (Laterza). Nel passato le persone erano ben poco preoccupate della propria età, e apparivano più interessate al giorno della loro morte che non a quello della nascita, per altro non sempre conosciuto con esattezza. Nell’età moderna è avvenuto il ribaltamento. Uno dei primi a ricordarsene è un borghese di Augusta, Matthäus Schwartz, nel XVI secolo. Tuttavia il vero inventore della festa sarebbe Goethe: 53 candeline sulla torta del suo compleanno, 28 agosto 1802. Il poeta tedesco ha creato, seppur passivamente, il rito: la festa fu organizzata da altri e la torta regalata. Da allora non se ne può fare a meno: figli, mogli, mariti, amici, nipoti, ecc. guai a dimenticarsene. Il Signor Io va festeggiato almeno una volta all’anno.