Giovanni Caprara, Corriere della Sera 24/6/2013, 24 giugno 2013
QUANTO DURERÀ? DIPENDE DALLA FAGLIA CHE SI È GENERATA
«È una scossa significativa quella delle 17.01 di ieri che raggiunto i 4.4 gradi della scala Richter, ma rientra statisticamente nella sequenza che segue un sisma del livello altrettanto rilevante come quello di venerdì con il suo massimo di 5.2 gradi». Così Claudio Chiarabba, direttore dipartimento terremoti dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv), spiega il sussulto che di nuovo ha preoccupato varie regioni del settentrione. Il luogo d’origine è sempre lo stesso nelle Alpi Apuane ad una profondità intorno ai cinque chilometri. «Non si può stabilire in quanto tempo il fenomeno si possa esaurire — aggiunge — e possono essere necessari giorni o settimane a seconda della faglia che si è generata. Ed è impossibile sapere se il processo sia in grado di attivarne altri. A volte accade che nel loro manifestarsi le scosse della sequenza abbiamo dei picchi più elevati rispetto al livello medio più basso: le repliche non sono sempre uguali. Lo abbiamo visto anche in altri terremoti, come al Pollino; prima i valori scendono e poi in qualche caso riprendono. Ma, ripeto, rientra nella descrizione tradizionale di un evento di questo genere». Due ore prima della scossa con 4.4 se ne era verificata un’altra lievemente inferiore ma non trascurabile perché era stata di 3.8 della Scala Richter. Da quanto si è potuto capire finora l’area della frattura interessata nel sottosuolo può essere intorno ad un chilometro quadrato e quindi ben inferiore a quella, ad esempio, che ha scatenato il terremoto dell’Aquila la cui estensione era intorno ai venti chilometri quadrati. La zona si amplia quando la magnitudo supera il sesto grado della Scala Richter. Proprio per raccogliere indizi più precisi sono state installate nella zona dell’epicentro di Fivizzano altre stazioni mobili che vanno ad aggiungersi a quelle esistenti nell’area e capaci di tenere sotto controllo con dettaglio più elevato i tremori della terra raccogliendo elementi utili su quanto sta accadendo in profondità. Nell’intera Penisola sono attive in continuazione oltre duecento stazioni le quali registrano la diffusione delle onde generate dal sisma. Grazie a questa rete i geofisici dell’Ingv hanno potuto conoscere meglio in questi anni la struttura tettonica delle varie regioni. Ma purtroppo siamo ancora lontani dal poter stabilire con gli strumenti a disposizione le condizioni ultime che portano alle scatenarsi di un terremoto. Si sa che lo scontro fra le diverse placche accumula di continuo energia la quale, ad un certo punto, si libera generando il sisma. La ricerca si sta impegnando anche in un programma di perforazioni (come quello in atto in California) per individuare indizi ma le difficoltà restano rilevanti.