Sergio Rizzo, Corriere della Sera 25/6/2013, 25 giugno 2013
Cominciamo da quello che non c’è, nella direttiva sui criteri per le nomine pubbliche firmata ieri dal ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni
Cominciamo da quello che non c’è, nella direttiva sui criteri per le nomine pubbliche firmata ieri dal ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni. Non c’è un limite ai mandati degli amministratori, che avrebbe messo fuori causa un nutrito gruppo di habitué delle imprese di Stato: Scelta civica aveva proposto il numero massimo di tre, ma per quanto fosse un numero perfetto, in Senato gli hanno fatto «marameo!». Non c’è nemmeno un tetto anagrafico, nonostante perfino ai vituperati tempi dei boiardi di Stato l’Iri osservasse il divieto di affidare incarichi operativi oltre i settant’anni. Neppure c’è la pillola avvelenata per sbarrare la strada ai politici trombati, per cui i montiani hanno dovuto incassare un secondo «marameo!». Il passaggio a livello è invece abbassato per i politici attualmente in carica, come per coloro che possano incorrere in conflitti d’interessi ricoprendo magari cariche in società concorrenti. Si può dire che questo provvedimento, atteso dalla fine di maggio, quando il Tesoro decise di rinviare per la seconda volta le nomine della Finmeccanica, ripercorra per filo e per segno le indicazioni contenute nella mozione approvata in Senato mercoledì scorso con il sì di democratici, pidiellini, leghisti e grillini e la dissociazione dei montiani, scottati dalla bocciatura del tetto ai mandati, invisa al Pdl, e della clausola anti-trombati. Come avevano chiesto i senatori, nella direttiva c’è anche una specie di comitato nomine pubbliche incaricato di mettere il bollino sulle designazioni, le quali dovranno comunque attenersi a precise prescrizioni di competenza, professionalità e onorabilità, con l’aiuto dei cacciatori di teste Spencer Stuart Italia e Korn Ferry International. Il comitato, che viene definito «di garanzia», è presieduto dall’ex presidente della Consulta, Cesare Mirabelli, e ne fanno parte l’ex direttore generale di Bankitalia, Vincenzo Desario, e l’ex direttore generale della Cassa depositi e prestiti, Maria Teresa Salvemini: tutti nominati ieri contestualmente alla direttiva. Non manca, poi, un giro di vite sui compensi che dovranno tener conto «delle performance aziendali» nonché «delle condizioni economiche generali del Paese». Prevedendo pure, e qui è la vera novità, «una correlazione fra il compenso complessivo degli amministratori con deleghe e quello mediano aziendale». Si tratta di un meccanismo previsto dal «Dodd-Frank act» di Barak Obama, con pochi esempi finora in Italia. Viene utilizzato ad esempio per le remunerazioni dei manager della Cassa di risparmio di Ravenna presieduta dal presidente dell’Abi Antonio Patuelli. Praticamente, si potrebbe tradurre in un colpo letale alle stock option . Sulla carta letteralmente micidiali, infine, le cause di ineleggibilità legate a fatti giudiziari: non soltanto la sentenza di condanna ancorché non definitiva, ma anche il semplice rinvio a giudizio per reati patrimoniali, finanziari o contro la pubblica amministrazione. Come pure il patteggiamento, per cui è prevista analogamente alle altra fattispecie d’ineleggibilità la «decadenza automatica per giusta causa». D’obbligo ricordare che l’amministratore delegato dell’Eni Paolo Scaroni, in scadenza fra un anno, ha patteggiato nel 1997 fa una pena a 16 mesi. Segue elenco delle nomine prossime venture. Il gran ballo si apre il 3 luglio con la Sogin, poi Finmeccanica, Invitalia, Eur spa, Anas, Ferrovie... Sergio Rizzo