Viviana Mazza, Corriere della Sera 25/6/2013, 25 giugno 2013
Ha trentatré anni, è stato cadetto dell’accademia di Sandhurst in Inghilterra (la stessa dei principi William e Harry), ha avuto quattro figli dalle due mogli (non è chiaro ancora quale lo accompagnerà negli incontri ufficiali)
Ha trentatré anni, è stato cadetto dell’accademia di Sandhurst in Inghilterra (la stessa dei principi William e Harry), ha avuto quattro figli dalle due mogli (non è chiaro ancora quale lo accompagnerà negli incontri ufficiali). Da oggi lo sceicco Tamim bin Hamad Al Thani è il nuovo emiro del Qatar, la minuscola monarchia del Golfo ricchissima di gas naturale che si è imposta come impero economico, mediatico, diplomatico. Sarà anche il più giovane leader della regione. L’annuncio ufficiale è giunto ieri, quando suo padre, lo sceicco Hamad Bin Khalifa Al Thani ha annunciato l’intenzione di abdicare. Oggi parlerà alla nazione. Il passaggio di consegne era atteso. Lo sceicco Tamim, quarto figlio maschio dell’emiro e secondogenito della moglie prediletta Mozah, è stato nominato erede al trono nel 2003 e ha progressivamente assunto compiti chiave, dal campo sportivo a quello militare. Presiede il comitato olimpico del Qatar e controlla il dossier dei Mondiali 2022 che si terranno a Doha, e ha coronato la sua passione per il calcio con l’acquisto del Paris Saint-Germain. E’ comandante in campo congiunto delle forze armate e si dice che abbia assunto un ruolo centrale nel fornire aiuti militari ai ribelli in Siria, e in precedenza in Libia, nonché nel riparare i rapporti tesi con l’Arabia Saudita.Nelle ultime settimane, le voci sul cambiamento imminente ai vertici si erano moltiplicate: sia gli alleati americani che i vicini iraniani erano stati avvertiti. C’è chi attribuisce la decisione di abdicare alla salute cagionevole dell’emiro sessantunenne (dopo due trapianti di reni), che da tempo preannunciava una transizione alla «nuova generazione». Una scelta controtendenza, in una regione dove i leader restano spesso al potere a vita, se non vengono costretti a fare altrimenti (lo stesso sceicco del Qatar prese il potere nel 1995 rovesciando il padre, che a sua volta aveva deposto il cugino). L’ascesa del quarto figlio Tamim sarebbe stata favorita dalla madre Mozah, che ha evitato che i primi due maschi (avuti dalla prima moglie dell’emiro) diventassero eredi («Uno amava troppo i party, l’altro pregava troppo», ha confidato un ex ambasciatore a Doha allo studioso Simon Henderson del Washington Institute), mentre il terzo ha rinunciato ai diritti di successione per ragioni mai chiarite. Alcuni siti occidentali hanno recentemente ipotizzato una possibile rivalità tra Tamim e il primo ministro (e ministro degli Esteri) Hamad bin Jassim al-Thani, 53 anni, cugino dell’emiro che lo appoggia dal 1995 ed è il «frontman» del Qatar (noto tra i diplomatici come «HBJ»). Secondo fonti di Doha, oggi dovrebbe ritirarsi dalla politica anche lui, lo farebbe di propria volontà, ma non è ancora chiaro se resterà alla guida del fondo sovrano Qatar Investment Authority che gestisce gli investimenti della famiglia reale. Il nuovo emiro erediterà anche un «impero» che si estende in Occidente: l’ex protettorato britannico possiede oggi più beni a Londra della Regina Elisabetta (inclusi i grandi magazzini Harrods, il grattacielo Shard di Renzo Piano, parte di Canary Wharf e della Borsa) e poi terreni e alberghi in Costa Smeralda, la maglia del Barcellona, Valentino, quote di Porsche e Volkswagen, aiuti ai Paesi in crisi economica e alle banlieues francesi, una collezione d’arte che include Cézanne, Rothko, Warhol.... Cosa cambierà nelle politiche del Paese? Ci sono voci, riportate dal britannico The Telegraph ma smentite da altre fonti, su una vicinanza particolare di Tamim alla Fratellanza Musulmana che potrebbe portare a posizioni più conservatrici rispetto al padre. Ma gli osservatori più informati non si aspettano mutamenti significativi. Cabli diplomatici rivelati da Wikileaks hanno illuminato alcune delle idee del nuovo emiro: nel 2007, ad esempio, avrebbe sostenuto che, ai fini della pace con i palestinesi, «l’intera regione dovrebbe negoziare con Israele, che uno sia d’accordo o meno con lo Stato ebraico»; avrebbe anche sottolineato il ruolo di mediazione che Doha può giocare con l’Iran, con cui ha mantenuto aperti i canali diplomatici nonostante posizioni opposte nel conflitto siriano. Una ipotesi, suggerita da Michael Stephens, del Royal United Services Institute di Doha, è comunque che nei prossimi anni il Qatar si orienti un po’ di più sulle questioni interne che sulla sua ambiziosa politica estera. I critici osservano che i tre miliardi di dollari (stimati del Financial Times ) ai ribelli siriani e i finanziamenti all’Egitto non hanno portato ai risultati sperati e i qatarioti chiedono attenzione ai problemi locali. Si avvicina inoltre la data dei Mondiali del 2022 e Doha ha investito 200 miliardi di dollari in infrastrutture. Restano anche le tante contraddizioni: il piccolo Paese che ha rivoluzionato i media con Al Jazeera e sostenuto le «Primavere arabe», più aperto con le donne e meno corrotto di altri vicini, è anche una monarchia assoluta che bandisce i partiti politici e che ha rimandato fino a quest’anno le prime elezioni legislative. Tamim eredita anche questo.