Fausto Biloslavo, il Giornale 22/6/2013, 22 giugno 2013
«VIVIAMO NELLA PAURA, HANNO FALLITO ANCHE LE ONG»
Imprenditrice sociale di successo, 31 anni, già con l’Onu in Afghanistan è tornata a Kabul per fondare la scuola dei cantastorie, un progetto originale premiato da Rolex. L’italiana Selene Biffi non è un’illusa visionaria, ma una testimone impietosa della tragedia afghana.
Barbara De Anna, ferita gravemente in un attacco suicida a Kabul il 24 maggio, non ce l’ha fatta. Ieri è morta. La conosceva?
«L’ho conosciuta proprio nella capitale afghana frequentando gli incontri degli espatriati. Di lei ricorderò il carattere solare, la voglia di vivere e il suo essere sempre a disposizione degli altri. L’ultima volta che ho visto Barbara era un lunedì all’ambasciata italiana. Venerdì hanno scatenato l’attacco che le è costato la vita. Io ero partita per l’Italia qualche giorno prima».
Come vivono i civili occidentali a Kabul?
«Siamo nel pieno dell’offensiva di primavera talebana che è iniziata il 27 aprile. I livelli di allarme sono molto alti ed i movimenti limitati. Anche nella nostra scuola ci capita spesso di sentire i boati delle esplosioni. Inutile nasconderci che la situazione è difficile. Ci troviamo in un momento storico particolare: l’offensiva degli insorti in corso, le trattative con i talebani in Qatar, il ritiro delle truppe internazionali alla fine del prossimo anno. Il livello di sicurezza è scarso. Appare evidente il limite di un passaggio di consegne dalla Nato alle forze governative afghane, che è stato tanto sbandierato ma non ha mai trovato delle basi solide su cui poggiare».
La minaccia dei talebani nella capitale è palpabile?
«Assolutamente sì. La situazione è cambiata rispetto a 3- 4 anni fa, la prima volta che sono arrivata a Kabul. Adesso attaccano il venerdì, giorno di preghiera, in pieno pomeriggio. Sta diventando tutto molto più fluido ed imprevedibile».
Ha paura?
«A Kabul la paura è il compagno che ti cammina accanto tutti i giorni. Il più fedele per assurdo, che non ti abbandona mai, soprattutto se sei donna e da sola. Però la paura non è solo un fardello, ti sprona ad andare avanti».
Qual è il timore peggiore?
«I rapimenti di occidentali sono meno frequenti rispetto al passato, anche se i sequestri di afghani che collaborano con le truppe occidentali aumentano. Le minacce principali sono le auto bombe e gli attacchi suicidi di tipo complesso, come quello in cui è rimasta vittima Barbara».
In Afghanistan hanno fallito pure le Ong?
«Ricordo il capitolo di un libro che si intitola
La fregatura dell’Afghanistan , dove si spiega che solo a Kabul erano registrate 2.500 Ong. Basta pagare una tassa di mille dollari, avere un indirizzo e una linea telefonica e vieni considerato un’organizzazione umanitaria non governativa. Us aid, l’agenzia di aiuti allo sviluppo americana, ha denunciato che l’80% dei fondi riversati in Afghanistan (18 miliardi dal 2001 al 2008) ritornano in Occidente e ben poco rimane nel paese. Non c’è molta trasparenza negli aiuti umanitari. La volontà di verificare l’impatto vero e proprio dei progetti sul terreno e di far vedere come i soldi vengono spesi è scarsa. L’Afghanistan negli ultimi anni è diventato l’esempio del fallimento dell’aiuto umanitario. Non solo: la guerra da queste parti sta diventando logorante per tutti ed un po’ in secondo piano rispetto ai nuovi conflitti come quello siriano. Il carrozzone umanitario si sta già spostando, in vista del ritiro delle truppe del 2014, verso altre crisi».