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 2013  giugno 22 Sabato calendario

MEDIOBANCA ESCE DA RCS E TELECOM

La «Mediobanca 2.0» di Al­berto Nagel ieri si è presentata agli investitori. Il modello da se­guire sarà esclusivamente ban­cario, i «salotti buoni» sono il passato. La Borsa non ha salutato favorevolmente la conversio­ne e il titolo è crollato (-9,42% a 4,04 euro), ma, come ha ricorda­to l’ad, negli ultimi due mesi Mediobanca ha «sovraperfor­mato» (+26% fino a giovedì) ri­spetto al proprio settore egli investitori hanno colto l’occasio­ne per prendere beneficio. Ve­diamo ora nel dettaglio la «rivo­luzione» di Nagel.
Gli obiettivi
Medioban­ca conta d­i rag­giungere alla fi­ne dell’eserci­zio 2015-2016 ricavi per 2,1 miliardi con una crescita media annua del 10%: di que­sti un miliardo dovrebbe per­venire dall’in­v estment banking e 1,1 miliardi dal re­tail (Compass e CheBanca!).
Il Core Tier 1 dovrebbe restare su livelli eleva­ti all’11-12% e il rapporto costi/ricavi dell’attività bancaria atte­starsi al 35-40% con un monte dividendi al 40% degli utili. La base di partenza sarà tutta in sa­lita: l’esercizio 2012-2013, che si chiude a fine giugno, sarà in negativo per 200 milioni a cau­sa di 400 milioni di svalutazioni su tutte le quote azionarie (da Rcs a Telecom a Pirelli, esclusa Generali). La decisione antici­pa la svolta epocale: le partecipazioni saranno vendute nel­l’arco del piano (dunque non si soffriranno minusvalenze). Su un’eventuale cedola deciderà il board.
Patti addio
Mediobanca «non ha fatto au­menti di capitale» negli anni della crisi «e non ne ha biso­gno», ha sottolineato Nagel. L’espansione dell’istituto sarà perseguita con altri mezzi, ossia­ con la riduzione dell’esposi­zione all’azionario per 2 miliar­di, mossa che consente di libe­rare capitale. Di questi, 400 mi­li­oni provengono dalle svaluta­zioni e oltre 1,5 miliardi dalle cessioni di quote. Le vendite im­plicano l’uscita «alla prima fine­stra utile» da tutti i patti di sindacato nei quali Piazzetta Cuccia ha congelato gli asset. A partire dall’11,6% di Telco, la control­la­nte di Telecom il cui patto sca­de a settembre. Il mantra è chia­ro: «Mediobanca non può e non deve essere un azionista di lungo termine», ha detto Nagel, pur non celando l’insofferenza su alcuni aspetti relativi al fatto che «i vantaggi dello spin-off della rete non sono ovvi» e che «non vi è stata una proposta di Hutchison» per un 10% del­l’operatore tlc. Idem per Pirelli e per gli altri accordi parasocia­li (Italmobiliare e Gemina).
Generali e Rcs
Degli 1,5 miliardi di introiti da cessione, 600-700 milioni proverranno dalla vendita del 3 ,2 % di Generali. Piazzetta Cuc­cia ha scelto di ridurre al 10% la quota nel Leone (pur non essen­dovi obbligata dalle norme di Basilea 3) per investire nel banking. «Non deve essere per forza una vendita sul mercato», ha spiegato Nagel sottolinean­do che bisogna «trovare un part­ner che ne sostenga lo svilup­po, ad esempio un fondo sovra­no asiatico». Discorso diverso per Rcs. «Prima si rivede il patto e meglio è, anche prima di set­tembre », ha detto l’ad confer­mando l’apertura a Diego Del­la Valle: «Ben venga il suo con­tributo, ma prima della fine del­l’aumento non ci sono margini per cambiare il piano».
Il core business
«Dopo la Turchia valutiamo l’ingresso del nostro corporate banking anche in Cina e Messi­co», ha annunciato il dg France­sco Saverio Vinci. Le risorse per l’espansione proverranno dal­le dismissioni. Sono previste an­ch­e piccole acquisizioni nell’al­ternative asset management, ma non ci saranno scambi con Piazza Cordusio. «Pioneer è troppo grande, non starebbe bene in portafoglio, mentre non penso che Unicredit voglia privarsi dell’investment banking», ha chiosato Nagel.