Rita Di Giovacchino, il Fatto Quotidiano 22/6/013, 24 giugno 2013
TRENT’ANNI FA SCOMPARVE LA ORLANDI: "E’ MORTA"
Trent’anni fa, il 22 giugno 1983, spariva Emanuela Orlandi, figlia quindicenne di un messo pontificio il cui compito era curare gli inviti di Papa Woytjla. Trent’anni di indagini, fantomatiche piste, depistaggi, mezze verità. Il Papa polacco è morto, il muro di Berlino è caduto, Ali Acga è tornato in Turchia ed è finita così la speranza di barattare la libertà del terrorista con la ragazzina inghiottita dal nulla. La scomparsa è un buco nero attorno al quale ruotano “verità scomode”. Quali speranze ci sono che la “ragazza con la fascetta”, che avrebbe oggi 45 anni, torni a casa? Nessuna, secondo il procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo: “Emanuela è morta, ma noi pensiamo che il caso sia sul punto di essere risolto anche se i depistaggi hanno tentato di oscurare la verità”, ha detto durante la presentazione del suo libro, Roma mafiosa, che descrive una malavita in cui ancora operano gli eredi della Banda della Magliana, tanto vicina a centri di potere da gestire il sequestro di una ragazzina colpevole di essere cittadina vaticana per conto di ambienti vaticani.
SONO TRE ANNI che la procura di Roma ha imboccato questa pista, l’inchiesta avrebbe dovuto chiudersi in questi giorni, allo scadere dei 30 anni, ma Capaldo e il pm Simona Maisto hanno chiesto ancora 90 giorni per ultimare alcune perizie. Una è quella sull’ossario scoperto nella cripta della Chiesa di Sant’Apollinare, vicino piazza Navona, da dove Emanuela è stata vista uscire per l’ultima volta. La stessa chiesa dove fino a maggio scorso è stato sepolto Enrico De Pedis, l’ultimo capo della Banda della Magliana. Un’altra perizia riguarda il flauto consegnato da Marco Fassoni Accetti, ora indagato per sequestro di persona, essendosi il fotografo autoaccusato di essere il telefonista del caso Orlandi. Non si spera più di trovare tracce di Dna, ormai corrose dal tempo, ma i periti dovranno accertare se sia lo stesso usato da Emanuela. Secondo Fassoni Accetti, sia lei che Mirella Gregori, scomparsa un mese prima, sarebbero ancora vive.
Ma Capaldo non gli crede, la certezza che Emanuela sia morta si fonda sulla testimonianza di Sabrina Minardi, all’epoca amante di De Pedis, che avrebbe assistito all’eliminazione dei suoi resti gettati in una betoniera nei pressi di Torvaianica. Anche la donna è indagata insieme a tre uomini dello stretto entourage di De Pedis. Ma il nome che ha destato maggior sorpresa è quello di monsignor Pietro Vergari, ex rettore della basilica di Sant’Apollinare, ritenuto personaggio di raccordo tra il Vaticano e la malavita romana. Obiettivo del sequestro: il ricatto nei confronti di Papa Woytila che avrebbe utilizzato i soldi dei boss per finanziare Solidarnosc.
L’affermazione di Capaldo ha fatto sobbalzare Pietro Orlandi, fratello di Emanuela: “Come si può affermare una cosa del genere senza prove. O se le prove ci sono non bisognava forse informare prima la famiglia?”. Anche Papa Francesco, nell’incontro alla Chiesa di Sant’Anna, vi ha detto che “Emanuela è in cielo”. “Èvero, ma riteniamo che il Pontefice abbia espresso una sua convinzione personale e ce l’ha sussurrata sottovoce insieme a parole di conforto. Ho scritto al suo segretario chiedendo di incontrarlo nuovamente”.
Ma ha chiesto anche che Papa Francesco apra la famosa inchiesta interna alla Santa Sede che in 30 anni tutti hanno rifiutato. “Ci speriamo”. Oggi alle 19 e 30 un corteo partirà dalla Chiesa di Sant’Apollinare fino a San Pietro. Dice ancora Pietro: “Faremo lo stesso percorso che Emanuela avrebbe fatto quella sera per riportarla a casa”.