Stefano Feltri, il Fatto Quotidiano 22/6/2013, 22 giugno 2013
“NOMINE DI STATO MAI PIU’ MANAGER PAGATI COSI’ TANTO"
Le parole del viceministro dell’Economia Stefano Fassina non piaceranno agli amministratori delegati di Eni, Enel, Terna, Finmeccanica: “Nelle assemblee delle società partecipate dal ministero dell’Economia, il ministero proporrà in assemblea di tenere la retribuzione dei manager sotto un certo rapporto con quella mediana dei lavoratori”.
Oggi molti manager delle partecipate guadagnano 2-3 milioni di euro. Troppo?
Con la mozione Tomaselli, che è la base per la direttiva del governo sulle nomine nelle partecipate, il Parlamento ha introdotto una regola di equità. Non ci saranno più bonus e stipendi scandalosi. E questo vale anche per le quotate. Il ministero del Tesoro lo proporrà all’assemblea, poi si deciderà, assieme agli altri soci.
È sbagliato dare alti stipendi a chi crea valore per l’azionista, anche se pubblico?
Retribuzioni dell’ordine di grandezza che abbiamo visto in questi anni vanno ricondotte a una sostenibilità etica. La creazione di valore non può comunque giustificare squilibri eccessivi. La disuguaglianza nella distribuzione del reddito è la prima causa della crisi in cui viviamo.
Torniamo alla mozione Tomaselli, appena approvata in Senato, e ai nuovi criteri per le nomine pubbliche. Cosa farà il comitato dei garanti?
Tre personalità molto indipendenti verificheranno l’applicazione della direttiva.
Cosa cambierà di concreto con la direttiva del governo?
Non potrà più capitare che chi ricopre un incarico elettivo venga nominato in una società controllata dallo Stato. Il presidente della Provincia di Varese in carica non potrà più essere nominato nel consiglio di amministrazione di Finmeccanica.
Allude al leghista Dario Galli. Si dovrà dimettere?
La direttiva non è retroattiva. Comunque non ho niente contro Galli, ma gli eletti non potranno più avere nomine nelle partecipate.
Compaiono anche requisiti di onorabilità. L’ad dell’Eni Paolo Scaroni ai tempi di Mani Pulite ha patteggiato in un processo per tangenti e ora è accusato di corruzione internazionale. Con la direttiva in vigore si dovrebbe dimettere?
Ci deve essere un rinvio a giudizio. In quel caso la decadenza è possibile.
Dalla mozione è sparito il riferimento al numero massimo di mandati nella stessa azienda per un manager. Perché?
Avrebbe determinato un indebolimento degli amministratori nell’anno a ridosso della scadenza. L’impegno al rinnovamento rimane.
Su nove membri del cda della Cassa depositi e prestiti cinque sono del Tesoro, nominati dall’ex ministro Grilli. È vero che volete revocarli per azzerare il consiglio?
È una necessità. Se rimanesse l’attuale composizione rischieremmo di vedere riclassificato il perimetro della Cassa nella Pubblica amministrazione, con le conseguenze che sappiamo sul debito pubblico.
Anche del presidente Franco Bassanini e dell’ad Giovanni Gorno Tempini?
Il presidente e l’ad hanno già ottenuto i rinnovi.
Chi ha l’ultima parola sulle nomine? Saccomanni che è un ministro tecnico, i partiti o Enrico Letta?
L’iniziativa spetta al ministro dell’Economia. Ma sono nomine politiche, il ministro si consulta con il premier e il vicepremier. Le procedure avranno una trasparenza mai vista prima. Troverete sul web le scadenze dei cda, i curricula di coloro che vengono scelti. E tutti potranno giudicare se sono adeguati.
Il grande mediatore Luigi Bisignani è molto attivo in questo periodo. Ha ancora influenza sulle nomine?
Non ne ho idea.