Daniele Cirioli, ItaliaOggi 22/6/2013, 22 giugno 2013
IN PENSIONE 4 ANNI PRIMA
Sì all’anticipo della pensione, se lo vuole l’azienda o lo studio professionale da cui si dipende. Ma a tre condizioni: che l’anticipo sia al massimo di quattro anni; che sia frutto di un accordo sindacale; e che il datore di lavoro (non necessariamente impresa) si faccia carico dell’onere di pagamento della «retribuzione-pensione», inclusi contributi figurativi, durante il periodo dell’anticipo. A stabilirlo è il ministero del lavoro nella circolare n. 24/2013, in cui detta le istruzioni alla novità prevista dalla riforma Fornero. I lavoratori a cui mancano al massimo quattro anni per il diritto alla pensione, potranno incrociare prima le braccia intascando, in attesa di ricevere la pensione vera e propria, una rendita d’importo pari alla stessa pensione, ma a carico dell’ex datore di lavoro. Interessati i lavoratori le cui pensioni devono essere liquidate dall’Inps, incluse le gestioni Enpals e Inpdap (a eccezione dei dipendenti pubblici), gli enti privati e privatizzati (Inpgi ecc.).
Tre fattispecie - La novità della legge 92/2012 è una misura per facilitare l’uscita anticipata dei lavoratori vicini al raggiungimento dei requisiti di pensionamento. A questa prima ipotesi se ne sono aggiunte altre due col dl 179/2012. In tutto tre possibili procedure e, in ogni caso, si fa riferimento a datori di lavoro (imprese e non imprese) «che impieghino mediamente più di 15 dipendenti», media calcolata sul semestre precedente la data di avvio della procedura con la stipula dell’accordo.
Accordo sindacale aziendale - La prima ipotesi riguarda il caso in cui, in presenza di eccedenze di personale, il datore di lavoro stipuli un accordo aziendale con i sindacati più rappresentativi a livello aziendale (in genere con la Rsa o Rsu). L’accordo è a formazione progressiva, nel senso che si compone di un accordo tra le parti che lo sottoscrivono (datore di lavoro e sindacati) e che si perfeziona con l’adesione del lavoratore, personale e successiva, per cui la cessazione del rapporto di lavoro sarà per risoluzione consensuale (per la quale, si evidenzia, non si paga il nuovo «ticket di licenziamento»).
Accordo sindacale di mobilità - La seconda ipotesi è incardinata nell’ambito della procedura di licenziamento collettivo-legge 223/91. L’accordo, anziché prevedere solo l’accesso alla mobilità, disciplinerà anche la nuova ipotesi di anticipo di pensionamento per i lavoratori più prossimi alla maturazione dei requisiti di pensione, senza diritto all’indennità di mobilità. Per espressa previsione anche in questo caso il datore di lavoro non verserà il ticket di licenziamento.
Accordo per i dirigenti - L’ultima ipotesi è uguale alla prima con la differenza che interessa esclusivamente il personale con qualifica di dirigente. L’individuazione di una fattispecie ad hoc, spiega il ministero, deriva dal fatto che in questo caso l’accordo deve essere stipulato dal sindacato «stipulante il ccnl della categoria», a prescindere dalla rappresentatività della stessa presso il datore di lavoro coinvolto. Anche in tal caso pertanto l’accordo è a formazione progressiva, perfezionandosi con l’adesione del dirigente.
Condizioni - In ogni ipotesi la procedura prevede che, per incentivare l’esodo dei lavoratori più anziani, il datore di lavoro si impegni a corrispondere una prestazione pari alla pensione che spetterebbe in base alle regole vigenti al momento dell’adesione all’accordo di esodo e all’Inps la contribuzione fino al raggiungimento dei requisiti effettivi di pensione. Questi ultimi possono riguardare tutte le pensioni purché perfezionati entro quattro anni dall’esodo.