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 2013  giugno 22 Sabato calendario

Ho letto in una biografia di Charles De Gaulle che egli riuscì a fare ottenere alla Francia nel dopoguerra un seggio permanente al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite quale potenza vincitrice

Ho letto in una biografia di Charles De Gaulle che egli riuscì a fare ottenere alla Francia nel dopoguerra un seggio permanente al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite quale potenza vincitrice. Non risulta però che la Francia si sia distinta per meriti sul campo: anzi, al pari dell’Italia, ebbe bisogno delle forze anglo-americane per liberare il suolo dagli eserciti nazisti che occupavano più di metà del territorio. Perché, allora, il Generale riuscì a mascherare le debolezze francesi e a suggellare un trionfo che non gli spettava? Rosarina Ruperto filippoapostoliti@tiscali.it Cara Signora, I l problema del ruolo che la Francia avrebbe avuto nella politica internazionale dopo la fine della seconda guerra mondiale è strettamente legato alle trattative, fra il 1944 e il 1945, per la creazione dell’Onu. L’idea era cara a Franklin D. Roosevelt, collaboratore del presidente Woodrow Wilson durante la Grande guerra e profondamente convinto che il mondo avesse bisogno di una nuova Società delle Nazioni, più forte di quella creata dai Trattati di Versailles. Non fu difficile convincere Churchill, ma molto più complicato ottenere l’approvazione di Stalin. Il nodo da sciogliere era quello delle procedure di voto da adottare per il funzionamento del Consiglio di Sicurezza. Roosevelt e Churchill erano pronti ad accettare che le risoluzioni venissero approvate con una maggioranza qualificata, ma Stalin pretese, per l’Unione Sovietica, il diritto di veto. Quali altri Paesi avrebbero goduto di quel diritto? Roosevelt volle che di questo gruppo, in seno al Consiglio di Sicurezza, facesse parte, accanto ai tre maggiori vincitori, anche la Cina, ma era contrario alla partecipazione della Francia. Non provava alcuna simpatia per il generale De Gaulle e dava per scontato il declino del suo Paese come potenza mondiale. Fu questo, incidentalmente, il motivo per cui il leader della Francia libera, con suo grande dispetto, non fu invitato alla conferenza di Yalta. Ma Churchill aveva altre preoccupazioni. Sapeva che la guerra aveva straordinariamente rafforzato la posizione dell’Urss in Europa e che i vincitori occidentali avrebbero dovuto fare i conti, dopo la fine del conflitto, con un dirimpettaio militarmente e ideologicamente pericoloso. Per impedire che anche l’Impero britannico scivolasse lungo il pendio del declino, insistette perché anche alla Francia venisse assicurata una posizione conforme alla sua importanza storica e geografica. Associata al club dei «grandi» avrebbe aiutato la Gran Bretagna a riequilibrare in Europa e nel mondo la bilancia del potere. Aggiungo che fra Churchill e De Gaulle vi era maggiore affinità di quanta ve ne fosse tra De Gaulle e Roosevelt. Un lettore, Luigi Morelli, mi ha chiesto quanto contino, nelle relazioni fra i leader mondiali, le simpatie e le antipatie. Ecco un caso in cui hanno avuto una certa importanza.